Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5329 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5329 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 28373-2008 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
2013
3814

avvocatiGIUSEPPE FABIANI, PATRIZIA TADRIS, EMANUELE DE
ROSE, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

MADEO DOMENICO;

Data pubblicazione: 07/03/2014

-

intimato

avverso la sentenza n. 2067/2007 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 04/12/2007 r.g.n.
118/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TRICOMI;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA per delega DE ROSE
EMANUELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
accoglimento del primo motivo, assorbimento del
secondo.-

udienza del 20/12/2013 dal Consigliere Dott. IRENE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 2067/07, pronunciando
sull’appello proposto da Madeo Domenico nei confronti dell’INPS avverso la sentenza
del Tribunale di Rossano del 10 maggio 2005, in riforma della medesima condannava
l’INPS a corrispondere al ricorrente l’adeguamento dell’indennità di disoccupazione
agricola per gli anni 1992 e 1993 ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n.
288 del 1994, oltre accessori di legge, compensava le spese di giudizio in ragione di due
terzi.
2. Il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la domanda del Madeo,
finalizzata al pagamento della rivalutazione monetaria dell’indennità di disoccupazione
agricola percepita nella misura giornaliera di lire 800 in relazione agli anni dal 1987 al
1993, perché non preceduta dalla presentazione in via amministrativa della richiesta di
pagamento compilata a norma dell’art. 44 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito
dalla legge n. 326 del 2003.
2.1. La Corte d’Appello
riteneva che la domanda presentata in via
amministrativa, seppure carente dell’indicazione del codice fiscale, era idonea ad
integrare il presupposto dell’azione giudiziaria di cui all’art. 44, comma 4, del dl n. 269
del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003.
Nel merito affermava che il ricorrente aveva provato in primo grado, mediante
copia del titolo di pagamento, di avere ricevuto il trattamento speciale di disoccupazione
nell’anno 1992 e nel primo semestre 199, ritenendo così provata la percezione
dell’indennità di disoccupazione agricola.1
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre l’INPS
prospettando due motivi di ricorso, assistiti dal quesito di diritto.
4. L’intimato non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in
relazione all’art. 360, n. 5, cpc.
Assume il ricorrente che il convincimento del giudice di appello si fonda su
un’inesatta cognizione del documento “menzionato a pag. 3 della sentenza impugnata e
versato in atti di controparte (cfr. fascicolo di primo grado), cui attribuisce un valore
non evincibile dal tenore testuale.
Il ricorrente trascrive il testo del documento e rileva come dallo stesso, per
l’anno 1992, si rilevi la corresponsione del trattamento speciale di disoccupazione
agricola nella misura di 90 giorni, del trattamento ordinario nella misura di 4 giorni e la
corresponsione di 74 giornate indennizzate da altre gestioni, mentre per il primo
semestre 1993 si evinca solo la liquidazione dell’assegno per il nucleo familiare, nulla
risultando circa la corresponsione dell’indennità di disoccupazione ordinaria nella
misura di £. 800 giornaliere. Pertanto la motivazione si paleserebbe insufficiente.
1.2. 11 motivo di ricorso è inammissibile perché del tutto carente del requisito di
cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, non essendosi fornita alcuna indicazione specifica, siccome
esige tale norma, del documento su cui si fonderebbe il ricorso.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., S.U., n. 28547 del
2008) il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per essere assolto, postula che sia specificato
in quale sede processuale il documento, pur individuato dal ricorso (come nella specie),
risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che
specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo è
rintracciabile. La causa di inammissibilità prevista dal nuovo art. 366 c.p.c., n. 6, è
direttamente ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere
in una indicazione contenutistica dello stesso. Tale specifica indicazione, quando
3

Il Consigliere estensore

riguardi un documento, in quanto quest’ultimo sia un atto prodotto in giudizio, postula
che si individui dove è stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in funzione di
quanto dispone l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, prevedente un ulteriore requisito di
procedibilità del ricorso, che esso sia prodotto in sede di legittimità.
In proposito, come osservato dalle Sezioni Unite, nella citata sentenza, sono da
fare i seguenti distinguo:
a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso
ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, la produzione può avvenire per il tramite
della produzione di tale fascicolo, ferma restando la necessità di indicare nel ricorso la
sede in cui esso ivi è rinvenibile e di indicare che il fascicolo è prodotto, occorrendo tali
indicazioni perché il requisito della indicazione specifica sia assolto;
b) se, come nel caso di specie, il documento risulti prodotto nelle fasi di merito
dalla controparte, è necessario che il ricorrente indichi che il documento è prodotto nel
fascicolo del giudizio di merito della controparte e che – cautelativamente e comunque
stante l’autonoma previsione dell’art. 369, n. 4 citato, che riferisce l’onere di produzione
direttamente al ricorrente, per il caso che quella controparte possa non costituirsi in sede
di legittimità o possa costituirsi senza produrre il fascicolo o possa produrlo senza il
documento – produca in copia il documento stesso (appunto ai sensi dell’art. 369 c.p.c.,
comma 2, n. 4, ed indichi tale modalità di produzione nel ricorso).
Il ricorrente, invece, si è limitato a riprodurre il contenuto del documento,
incorrendo nella suddetta inammissibilità del motivo di ricorso.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione
dell’art. 11, comma 23, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in relazione all’art. 360,
n. 3, cpc.
L’eventuale percezione dell’indennità di disoccupazione agricola relativa
all’anno 1993 risulterebbe, comunque, indebita perché non conforme a quanto previsto
dall’art. 11, comma 23, della legge n. 537 del 1993, secondo cui tale indennità non è
dovuta a decorrere dal 10 gennaio 1993 per le giornate eccedenti le novanta di
trattamento speciale, e dunque non poteva essere percepita la rivalutazione monetaria.
2.1. Il motivo, è inammissibili per mancanza di un valido quesito, atteso che la
ricorrente non enuncia nel quesito quale sia l’errata regola iuris applicata dal giudice di
merito e quale sia quella corretta, di cui chiedono l’applicazione al caso concreto,
limitandosi a dedurre genericamente la mancanza del presupposto di fatto (percezione
dell’indennità ordinaria di disoccupazione agricola) funzionale all’attribuzione della
rivalutazione monetaria, chiedendo, quindi, una statuizione di merito e non una
statuizione sul principio di diritto da applicare al caso concreto.
3. Il ricorso, pertanto deve essere rigettato.
4. Nulla spese in mancanza di attività difensiva dell’intimato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2013

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