Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5326 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/02/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 27/02/2020), n.5326

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MAZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12399-2019 proposto da:

M.H., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati DANIELA VIGLIOTTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 4210/2018 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 19/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/1/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto in data 19 marzo 2019 il Tribunale di Milano respingeva il ricorso proposto dal cittadino pakistano M.H. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento del diritto allo status di rifugiato, alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e s.s. o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

il Tribunale, fra l’altro: i) osservava che la prescrizione di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, aveva valore strettamente tecnico/processuale e non si riferiva nè alla presenza personale delle parti, nè all’audizione delle parti; ii) ricordava che il migrante era comparso all’udienza del 14 giugno 2018, dove aveva avuto modo di rendere dichiarazioni; iii) riteneva che il racconto offerto dal migrante (il quale aveva dichiarato di essere fuggito dal paese di origine per sfuggire al pericolo di essere ucciso dai parenti, a causa delle sue frequentazioni con amici sciiti) non fosse credibile;

2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso M.H. prospettando due motivi di doglianza;

l’amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso denuncia” ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, in combinato disposto con gli artt. 46, par. 3, della Direttiva 32/2013, art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1 e 2, e art. 117 Cost., comma 1: il Tribunale di Milano avrebbe rigettato il ricorso senza fissare l’udienza di comparizione personale delle parti finalizzata a rendere l’interrogatorio libero, pur in mancanza della videoregistrazione del colloquio svoltosi avanti alla commissione, e in questo modo avrebbe precluso al ricorrente di comparire personalmente e rendere l’interrogatorio libero nel corso del quale fornire i chiarimenti necessari;

3.2 il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e del giusto processo: il Tribunale avrebbe rigettato il ricorso senza fissare l’udienza di comparizione personale delle parti finalizzata a rendere l’interrogatorio libero, pur in mancanza della videoregistrazione del colloquio svoltosi avanti alla commissione, e in questo modo sarebbe arrivato a escludere la credibilità del ricorrente sulla base di circostanze di fatto che avrebbero potuto costituire oggetto di approfondimento in sede di interrogatorio libero;

4. i motivi, da esaminarsi congiuntamente perchè entrambi imperniati sul mancato svolgimento di un’udienza di comparizione ove il ricorrente potesse comparire e rendere i chiarimenti utili a valutare la sua domanda di protezione, sono inammissibili;

le critiche infatti si appuntano sui principi illustrati dal Tribunale (alla nota 1 presente in calce a pag. 2 del decreto impugnato) in merito al significato da attribuire al disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, dovendosi intendere secondo il collegio di merito la locuzione “fissa l’udienza di comparizione delle parti” in senso “strettamente tecnico/ processuale” e non come allusiva di un dovere per il giudice di disporre una convocazione personale delle parti e tanto meno l’audizione del richiedente asilo;

lo stesso ricorso tuttavia ammette (a pag. 4) che nel caso di specie il migrante non solo era comparso personalmente in udienza (in data 14 giugno 2018), ma aveva anche avuto occasione di confermare le dichiarazioni rese davanti alla Commissione territoriale, spiegando nel contempo di essere nato nell’anno 1996 ma di non saper precisare in quale mese;

l’assunto trova conferma all’interno del decreto impugnato, in cui si attesta che M.H. era comparso, con l’assistenza di un interprete, all’udienza del 14 giugno 2018, dove aveva dichiarato di ricordare e confermare le dichiarazioni rese alla commissione, “non avendo altro da aggiungere” (malgrado la non credibilità del suo racconto fosse già stata rilevata dalla Commissione territoriale);

inoltre, stando al decreto impugnato, il ricorrente, a domanda dell’ufficio, aveva confermato di conoscere l’anno ma non il mese in cui era nato;

i principi fissati a piè pagina in nota costituiscono dunque una precisazione superflua e irrilevante ai fini del decidere, ove si consideri che al richiedente asilo, presente in udienza, è stato dato modo di rendere le dichiarazioni che riteneva più opportune;

per di più il migrante è stato sollecitato dallo stesso ufficio a fornire spiegazioni sulla sua data di nascita, vale a dire proprio sulla circostanza la cui mancata precisa indicazione è stata ritenuta dimostrativa “di una franca non credibilità”;

ne consegue l’inammissibilità dei motivi presentati, essendo gli stessi volti a criticare un’argomentazione della decisione impugnata svolta ad abundantiam e pertanto non costituente la ratio decidendi della medesima; la parte infatti non ha interesse a censurare un’argomentazione della statuizione impugnata di una simile natura, poichè la stessa non ha spiegato alcuna influenza sul dispositivo della decisione ed è risultata improduttiva di effetti giuridici di sorta (Cass. 8755/2018, Cass. 23635/2010);

5. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 27 febbraio 2020

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