Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5326 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5326 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 27751-2010 proposto da:
RIZZO MARIA C.F. RZZMRA52E41A089E,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso
lo studio dell’avvocato STRANO LUIGI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
FICHERA GIACOMO, MANGIONE FRANCESCO, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

3785

contro

ASSESSORATO REGIONALE AL LAVORO
PROVINCIALE DEL LAVORO DI AGRIGENTO;

ISPETTORATO

Data pubblicazione: 07/03/2014

- intimatO avverso la sentenza n. 721/2010 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 19/05/2010 R.G.N.
1347/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ANTONELLA PAGETTA;
udito l’Avvocato STRANO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine
accoglimento per quanto di ragione.

udienza del 19/12/2013 dal Consigliere Dott.

Fatto e diritto
Maria Rizzo, in proprio e quale amministratore unico della Pitagora s.r.1., proponeva
opposizione avverso l’avviso di mora relativo alla complessiva somma di € 429.021,11
richiesta a titolo di sanzioni amministrative irrogate con due ordinanze ingiunzione
emesse dall’Ispettorato Provinciale del lavoro di Agrigento in data 4.7.1997. Le sanzioni
erano scaturite dalla violazione dell’obbligo di assunzione di soggetti, asseritamente

mancata registrazione degli stessi nei libri paga e matricola della società. Di tali violazione
la Rizzo era chiamata a rispondere, ai sensi dell’art. 6 L. n. 689 del 1981, in veste di
coobbligata ex lege per essere stata all’epoca amministratore unico della società.
Il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione della Rizzo ad opporsi in nome e per
conto della società, in quanto cessata dalla carica di amministratore unico della stessa;
respingeva nel merito la opposizione proposta in proprio dalla ricorrente. La decisione
era confermata dalla Corte di appello di Palermo. La Corte territoriale, dato atto del
passaggio in giudicato della statuizione che aveva dichiarato il difetto di legittimazione
della Rizzo ad agire in nome e per conto della società Pitagora, rilevava che non era stata
investita da censura la condivisibile affermazione del primo giudice secondo la quale la
mancata riassunzione del giudizio, in esito a cassazione della sentenza del Tribunale di
Agrigento che aveva pronunziato sull’opposizione avverso le ordinanze ingiunzione,
aveva determinato la reviviscenza delle dette ordinanze. Rilevava quindi che le eccezioni
relative alla notifica delle ordinanze ingiunzione, riproposte nel presente giudizio dalla
Rizzo, erano state già dedotte davanti alla Corte di cassazione la quale con la sentenza
n. 4947 del 2004, che aveva cassato la decisione del Tribunale di Agrigento, aveva
statuito sul punto con efficacia di giudicato, affermando che, non vertendosi in tema di
tempestività dell’opposizione, la Rizzo, nel momento in cui aveva proposto ricorso in
opposizione avverso le dette ordinanze ingiunzione svolgendo censure di merito, aveva
sanato ogni eventuale vizio di notifica delle stesse. Il giudice di appello riteneva quindi
infondata nel merito la eccezione relativa alla nullità della notifica dell’avviso di mora in
quanto effettuata a mani della Rizzo presso la residenza di questa. Rilevava, ancora, la
inammissibilità della eccezione di prescrizione quinquennale in quanto tardiva e
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dipendenti della società Pitagora, per il tramite dell’Ufficio di collocamento e dalla

comunque infondata nel merito. In ordine poi alla sentenza n. 54 del 2004 della Corte di
appello di Palermo con la quale era stato esclusa la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato tra la Pitagora Scuola Privata s.r.l. e gli insegnanti che prestavano la propria
attività in detta scuola— e in conseguenza revocato il decreto ingiuntivo n. 688 del 1996
con il quale era intimato il pagamento all’INPS della complessiva somma di €
1.060.034.623 a titolo di contributi, oltre somme aggiuntive ed accessori e. osservava il

effetto e quindi non era vincolante nei confronti dell’Ispettorato del lavoro rimasto
estraneo a quel processo e titolare di un diritto autonomo rispetto al rapporto in ordine
al quale era intervenuto il giudicato.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo Maria
Rizzo . L’Assessorato Regionale del Lavoro — Ispettorato provinciale del lavoro è
rimasto intimato.
Con l’unico articolato motivo parte ricorrente deduce omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio
rappresentato dalla natura del rapporto di lavoro esistente tra la società Pitagora e il
relativo personale docente; difformità della decisione impugnata alla giurisprudenza della
Corte di cassazione; violazione del principio del giusto processo ex art. 111 Cost.;
omesso rilievo d’ufficio del giudicato esterno .rappresentato dalla sentenza n. 54 del
2004 della Corte di appello di Palermo. Premette che le ordinanze alla base dell’avviso di
mora scaturiscono da un accertamento dell’Ispettorato del lavoro che, sul presupposto
della natura subordinata del rapporto intercorso tra la società Pitagora, gestore di una
scuola privata, ed il relativo personale docente – rapporto formalmente qualificato come
di associazione in partecipazione-, aveva sanzionato la società e essa Rizzo, quale
coobbligata ex lege, per non avere assunto i docenti per il tramite dell’Ufficio del
collocamento e per mancata registrazione degli stessi nei libri paga e matricola.
Premette ancora che la Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 54 del 2004, in
riforma della decisione di primo grado che aveva respinto l’opposizione della società
avverso il decreto ingiuntivo con il quale alla società Pitagora era intimato il pagamento
di somme a titolo di contributi previdenziali e somme aggiuntive, aveva ritenuto non
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giudice di secondo grado che l’accertamento contenuto in tale decisione non aveva

provata la natura subordinata dei rapporti tra i docenti e la società, in base alla quale
erano stati richiesti i contributi oggetto di ingiunzione. Censura quindi la decisione per
non avere tenuto conto dell’effetto preclusivo del giudicato scaturito dalla sentenza n.
54 del 2004, effetto destinato ad operare anche nei confronti di soggetto quale
l’Ispettorato del lavoro rimasto estraneo a quel giudizio e, comunque, per non avere
attribuito a detta sentenza la diversa efficacia di prova documentale in ordine alla

all’avviso di mora.
Il ricorso è inammissibile per una pluralità di profili.
In primo luogo esso difetta di autosufficienza. Invero parte ricorrente non specifica con
riferimento alla fase di merito in quale atto ed in che termini erano state formulate la
eccezione relativa alla efficacia di giudicato dell’accertamento operato dalla Corte di
appello di Palermo con la sentenza n. 54 del 2004 e la eccezione relativa alla efficacia
probatoria indiretta della detta sentenza nel presente giudizio. Tali indicazioni erano
necessarie onde consentire al Collegio di verificare la astratta rilevanza delle deduzioni
svolte, sotto il profilo della effettiva corrispondenza dell’accertamento operato dalla
sentenza di appello n. 54 del 2004 con i periodi ed il personale al quale si riferivano le
violazioni sanzionate con le ordinanze ingiunzione alla base dell’avviso di mora
impugnato nel presente giudizio.
In secondo luogo parte ricorrente omette, in violazione del disposto dell’art. 366 n. 6
cod. proc. civ., di indicare la sede processuale in cui i documenti invocati e cioè le
ordinanze a base dell’avviso di mora e la sentenza della Corte di appello di Palermo n.
54 del 2004 erano stati prodotti nelle fasi di merito. In tema di indicazione specifica
degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, richiesta a pena
d’inammissibilità dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le sezioni unite di questa Corte,
dopo aver affermato che detta norma è finalizzata alla precisa delimitazione del thema
decidendum, attraverso la preclusione, per il giudice di legittimità, di porre a fondamento
– della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti
specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in proposito il
mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che
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situazione giuridica oggetto dell’accertamento giudiziale promosso con l’opposizione

precede la formulazione dei motivi ( Cass. ss.uu. n. 23019 del 2007 ), hanno
ulteriormente chiarito che il rispetto delle citata disposizione del codice di rito esige che
sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur
eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche
allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369,
comma 2, n. 4 (cfr. ss.uu. n. 28547 del 2008); con l’ulteriore precisazione che, qualora il

della sua allegazione può esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo,
ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento è rinvenibile ( Cass.
ss.uu. n. 7161 del 2010 e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale,
ss.uu. n. 22726 del 2011 ). Parte ricorrente, inoltre, nell’invocare la assenza di
subordinazione dei rapporti ai quali in relazione ai quali sono state irrogate le sanzioni
amministrative di cui alle ordinanze ingiunzione presupposto dell’avviso di mora, non
considera che eventuali deduzioni a riguardo dovevano essere formulate nell’ambito del
giudizio di opposizione alle dette ordinanze ingiunzione. Come ricostruito nella
decisione impugnata, la sentenza del Tribunale di Agrigento che in accoglimento della
opposizione aveva dichiarato la nullità delle dette ordinanze ingiunzione era stata cassata
da questa Corte con rinvio al Tribunale di Caltanissetta e il giudizio non era stato
riassunto. Con riguardo agli effetti della mancata riassunzione, la sentenza qui
impugnata ha dato atto dell’assenza di censure alla condivisibile affermazione del giudice
di primo grado secondo il quale la mancata riassunzione del giudizio aveva determinato
la reviviscenza delle due ordinanze ingiunzione. In ordine a questo specifico profilo
nulla osserva l’odierna ricorrente né per dedurre di avere, al contrario di quanto ritenuto
dal giudice di appello, censurato l’affermazione del primo giudice, né per dedurne
l’intrinseca erroneità in ordine alla ritenuta reviviscenza delle ordinanze ingiunzione.
Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso in difetto di un motivo idoneo a
validamente censurare la decisione impugnata . Nulla spese non avendo la parte intimata
svolto attività difensiva

P.Q.M.
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documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo diparte, l’onere

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Roma, 19 dicembre 2013

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