Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5322 del 02/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 02/03/2017, (ud. 21/12/2016, dep.02/03/2017),  n. 5322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – rel. Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 605/2015 proposto da:

T.R., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELLA DI CESARE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

STRADA DEI PARCHI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 281,

presso lo Studio Legale e Tributario ASSOCIATO QUORUM, rappresentata

e difesa dall’avvocato ANDREA PATRIZI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 82/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/03/2014 R.G.N. 479/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere e Presidente Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato ROMANO CERQUETTI per delega verbale Avvocato

GABRIELLA DI CESARE;

udito l’Avvocato ANDREA MARZIALE per delega verbale ANDREA PATRIZI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 156/12 il Tribunale di Teramo, annullato il licenziamento disciplinare intimato il 23.10.07 da Strada dei Parchi S.p.A. nei confronti di T.R., condannava la società a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, con tutte le conseguenze, anche economiche, di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18.

Il licenziamento disciplinare era stato intimato per avere il lavoratore, ausiliario della viabilità, cagionato un sinistro stradale nel traforo del (OMISSIS), che stava percorrendo per ragioni di servizio, sinistro nel quale aveva trovato la morte un automobilista. Al dipendente erano state altresì contestate plurime violazioni dei suoi doveri, doveri consistenti nel controllo, pronto intervento e assistenza all’utenza al fine di garantire un tracciato stradale sgombro da insidie e una circolazione stradale sicura.

Con sentenza depositata il 6.3.14 la Corte d’appello di L’Aquila, in totale riforma della pronuncia di prime cure, rigettava la domanda di Renato Tiberii, che oggi ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi a due motivi.

Strada dei Parchi S.p.A. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria oltre il termine di cui all’art. 378 c.p.c..

Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve dichiararsi l’inammissibilità della memoria fatta pervenire dal ricorrente solo in data 19.12.16, vale a dire oltre il termine di cui all’art. 378 c.p.c..

1.1. Con il primo motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonchè violazione e falsa applicazione della normativa sulle procedure operative di sicurezza, di segnalazione e di informazione: si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto – in maniera decontestualizzata e non conforme al materiale istruttorio acquisito – che il ricorrente stesse percorrendo a velocità sostenuta il tratto di strada su cui si era verificato il sinistro mortale, di non aver prestato la dovuta attenzione al mezzo fermo sulla destra in galleria, di aver posto in essere una manovra rischiosa, di non aver informato correttamente la Sala Operativa e la Polizia Stradale, di aver omesso l’invio d’una relazione dettagliata, di non essersi arrestato in prossimità del luogo dell’incidente per consentire l’ispezione e l’eventuale assistenza al cliente, bensì di aver provocato il sinistro.

1.2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione delle L. n. 604 del 1966, L. n. 300 del 1970, L. n. 108 del 1990 e del D.Lgs. n. 179 del 2009, nonchè omessa motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ravvisato nei fatti attribuiti al ricorrente una grave negazione del vincolo fiduciario proprio del rapporto di lavoro, senza prendere in esame gli elementi di fatto emersi in concreto e la pregnanza dell’elemento soggettivo della condotta (intenzionalità o mera colpa), così venendo meno all’obbligo di valutare la proporzionalità fra l’addebito e la sanzione disciplinare, per di più senza considerare che le violazioni che sarebbero state commesse da T.R. erano smentite da quanto accertato in sede penale dal C.T. del P.M. e che, comunque, la società non aveva assolto al proprio onere probatorio circa la sussistenza d’una giusta causa di recesso.

2.1. Il primo motivo è inammissibile perchè non solo non formula le proprie censure con motivi distinti e con separata individuazione del relativo canale di accesso fra quelli tassativamente elencati dall’art. 360 c.p.c., ma affastella insieme e disordinatamente doglianze relative al governo delle risultanze istruttorie e pretese violazioni di norme di diritto neppure analiticamente indicate (e già ciò importa inammissibilità del mezzo medesimo: cfr., ex aliis, Cass. n. 635/15; Cass. n. 828/07).

In realtà l’intero ricorso suggerisce una generale rivisitazione del materiale istruttorio (documentale e testimoniale) affinchè se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.

In altre parole, il ricorso si dilunga nell’opporre al motivato apprezzamento della Corte territoriale proprie difformi valutazioni delle prove, ma tale modus operandi non rispetta le prescrizioni contenute nella sentenza 7.4.14 n. 8053 (e nelle successive pronunce conformi) delle S.U. di questa S.C. e non è idoneo a segnalare un vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo, nel caso di specie applicabile ratione temporis, novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134) nè, a maggior ragione, ai sensi degli altri casi tassativamente elencati dall’art. 360 c.p.c..

2.2. Analoghe considerazioni valgano in relazione al secondo motivo, anch’esso inteso a sollecitare un’inammissibile rivisitazione delle risultanze di causa.

Quanto alla proporzionalità fra illecito disciplinare e relativa sanzione, è appena il caso di ricordare che, per costante giurisprudenza, il giudice ha il dovere di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive disciplinari al disposto dell’art. 2106 c.c., in forza del quale gli illeciti disciplinari vanno sanzionati “secondo la gravità dell’infrazione”; solo dopo che tale verifica consenta di escludere la nullità delle clausole del contratto collettivo, il giudice deve apprezzare in concreto (e non semplicemente in astratto) la gravità degli addebiti sotto il profilo oggettivo e soggettivo.

Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta a tale insegnamento, motivatamente valutando la gravità dell’infrazione sotto il profilo oggettivo e soggettivo (viste le plurime e reiterate violazioni delle disposizioni di sicurezza sia a monte che a valle del sinistro), compito – questo – precipuo del giudice di merito e non di quello di legittimità.

3.1. In conclusione, il ricorso è da dichiararsi inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo

2017

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