Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5319 del 07/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 5319 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 19361-2010 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MATTEO BOIARDO 17, presso lo studio dell’avvocato
MANCINI ERNESTO, che la rappresenta e difende, giusta
2013

delega in atti;
– ricorrente –

3241

contro

RAPARELLI ENZO C.F. RPRNZE66TO1H501W;
– intimato –

Data pubblicazione: 07/03/2014

Nonché da:
RAPARELLI ENZO C.F. RPRNZE66TO1H501W, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 7, presso lo studio
dell’avvocato D’ONOFRIO SARA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SOLFANELLI ANDREA,

– controri corrente e ricorrente incidentale contro

RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MATTEO BOIARDO 17, presso lo studio dell’avvocato
MANCINI ERNESTO, che la rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2556/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/07/2009 R.G.N.
9321/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/11/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato MANCINI GUIDO per delega MANCINI
ERNESTO;
udito l’Avvocato SOLFANELLI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il

giusta delega in atti;

rigetto

del

ricorso

principale,

assorbito

l’incidentale condizionato.

FATTO
Il Tribunale di Roma, pronunciando sulla domanda proposta da Raparelli
Enzo nei confronti della RAI — Radiotelevisione Italiana s.p.a., dichiarava la
nullità del termine apposto ai contratti di lavoro subordinato stipulati dal
ricorrente con detta società tra il 4.12.1995 ed il 2003 (con la qualifica di
operatore di ripresa) ed accertava la sussistenza di un unico rapporto di
lavoro a tempo indeterminato ed il diritto del lavoratore ad riammesso in

servizio con le stesse mansioni e qualifica possedute nel corso dei rapporti
intercorsi con condanna della società al pagamento delle retribuzioni
maturate dal 7 giugno 2004, oltre accessori.
Tale decisione era parzialmente riformata dalla Corte di appello di Roma,
con sentenza del 29 luglio 2009, che, in accoglimento dell’appello
incidentale proposto dal Raparelli, dichiarava il diritto di quest’ultimo ad
essere riammesso in servizio con la qualifica di operatore di ripresa di 3°
livello classe retributiva 3, con conferma nel resto.
Osservava la Corte che non ricorreva una ipotesi di scioglimento del
contratto per mutuo consenso e che l’affermazione del primo giudice
secondo cui l’apposizione del termine ai primi tre contratti era avvenuta ai
sensi dell’art. 1 della L. n. 230/1962 come modificata dalla L. n. 266/77 non
era stata oggetto di alcuna censura e, dunque, era passata in giudicato.
Rilevava, quindi, che la società non aveva provato la ricorrenza delle
condizioni, stabilite dalla normativa richiamata, che giustificavano
l’apposizione del termine ( specificità di un determinato programma, per la
quale si era resa necessaria una specifica professionalità). Precisava che
la affermata illegittimità del termine apposto al primo contratto di lavoro era
sufficiente a ritenere la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato sin dalla prima assunzione. Evidenziava, inoltre, che
non ricorreva una ipotesi di scioglimento del rapporto per mutuo consenso
e che, non vi era stata omessa pronuncia da parte del Tribunale in ordine
alla richiesta della Rai di disporre la compensazione dei crediti
eventualmente ritenuti spettanti al lavoratore con i compensi erogati in
applicazione della disciplina contrattuale sui contratti a termine in quanto
siffatta domanda non era stata formulata nelle forme di cui all’art. 416
c.p.c.. Infine, rilevava la fondatezza dell’appello incidentale dal momento
che il CCNL Rai del 1990 invocato dal Raparelli a sostegno del diritto
all’inquadramento nel 3° livello 3° classe retributiva escludeva che il
passaggio dal 4° al 3° livello fosse legato a fatti e circostanze diverse dal
1

semplice passaggio del tempo di permanenza nel livello più basso e che,
alla data della sentenza di primo grado, il predetto aveva superato il
termine previsto dalla contrattazione collettiva per il detto passaggio.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la RAI affidato a cinque
motivi.
Resiste con controricorso il Raparelli e propone ricorso incidentale
condizionato cui resiste la Rai con controricorso.

La Rai ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
DIRITTO
Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la
medesima sentenza ( art. 335 c.p.c.).
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 1372 c.c. nonché vizio di motivazione per avere la
Corte di merito erroneamente rigettato la eccezione di risoluzione per
mutuo consenso non avendo considerato la accettazione della risoluzione
anticipata del rapporto da parte del Raparelli in relazione al 1°, al 2°, al 3°,
al 4°, al 6°, al 12° ed al 16° contratto e neppure il notevole intervallo
temporale intercorso tra il 1° ed il 2° contratto.
Il motivo è infondato.
Quanto all’argomento a sostegno della deduzione di risoluzione
consensuale del rapporto fondato sull’inerzia prolungata del lavoratore
anche tra un contratto e l’altro, vanno richiamati i principi ripetutamente
affermati da questa Corte, secondo cui: a) in via di principio è ipotizzabile
una risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti (cfr., ad es.,
Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, 7 maggio 2009 n. 10526); b) l’onere di
provare circostanze significative al riguardo grava sul datore di lavoro che
deduce la risoluzione per mutuo consenso (cfr. ad es. Cass. 2 dicembre
2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403); c) la relativa valutazione da
parte del giudice costituisce giudizio di merito; d) la mera inerzia del
lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine non
è sufficiente a far ritenere intervenuta la risoluzione per mutuo
consenso. Tutto ciò premesso e richiamato, deve ritenersi corretta la
valutazione dei giudici di merito che hanno ritenuto insussistente la dedotta
risoluzione del rapporto con giudizio ispirato a valutazioni di merito e di
tipicità sociale, cui la ricorrente contrappone proprie diverse valutazioni,
sempre di merito, che non possono trovare ingresso in questa sede di
legittimità. Ed infatti nella impugnata sentenza è stato sottolineato come,

2

nel caso in esame, la RAI si è limitata ad invocare il mero decorso del
tempo tra un contratto e l’altro senza neppure allegare la sussistenza di
ulteriori circostanze significative destinate a conferire alla inerzia del
Raparelli il preteso significato negoziale di manifestazione risolutiva del
rapporto soggiungendo che la prolungata collaborazione lavorativa svolta
per anni ad intervalli più o meno regolari tale da ingenerare nel lavoratore
una aspettativa di assunzione escludeva la possibilità di attribuire al

silenzio serbato per alcuni periodi il valore di acquiescenza per disinteresse
alla prosecuzione del rapporto.
Quanto alla interpretazione data dalla Corte di merito al contenuto delle
clausole dei contratti indicati dalla società e delle comunicazioni finali
sottoscritte dal Raparelli si rileva che la Corte territoriale, relativamente al
fatto che nei contratti a termine in parola l’assunzione era stata effettuata
fino al termine della produzione televisiva ivi indicata e comunque non oltre
un certa data espressamente specificata, ha pertanto valutato,
coerentemente con tale contenuto dei contratti, che la successiva
comunicazione da parte della RAI al dipendente della cessazione del
rapporto per essere terminata la specifica produzione, prima della data
indicata come non superabile, configura la mera partecipazione, in funzione
ricognitiva, della cessazione del rapporto col verificarsi dell’evento
considerato nel contratto e non un atto negoziale di risoluzione anticipata
del rapporto a termine o un licenziamento.
La Corte d’appello ha, infatti, correttamente ritenuto che le sottoscrizioni
da parte del Raparelli delle comunicazioni relative alla risoluzione
anticipata di alcuni contratti non abbiano il significato di una adesione alla
risoluzione anticipata, ma di una mera presa d’atto del verificarsi dell’evento
previsto nel contratto come termine del rapporto.
Questa interpretazione degli atti indicati, sostenuta da congrua, logica
motivazione, è contestata solo genericamente dalla società, che
sostanzialmente ne propone una diversa “lettura”, così chiedendo, in
sostanza, a questa Corte di legittimità un inammissibile giudizio di merito di
terza istanza.
Con il secondo motivo si deduce la violazione della L. n. 230 del 1962,
art. 1, comma 2, lett. e) anche in relazione all’art. 12 preleggi, comma 1,
relativamente alla dichiarazione di nullità del termine apposto ai primi tre
contratti di lavoro intercorsi tra le parti.

3

Si assume che la Corte di merito, aderendo ai principi affermati in materia
da questa Corte aveva ritenuto che nel settore radiotelevisivo l’assunzione
a termine per risultare legittima necessitasse di due condizioni: una di
carattere soggettivo, inerente l’apporto lavorativo funzionalmente
necessario e l’altra di carattere oggettivo finalizzata a soddisfare esigenze
temporanee aventi proprie peculiari caratteristiche.
Viene proposta una critica all’orientamento di legittimità seguito dal giudice

del gravame sostenendosi, in estrema sintesi, che dalla lettura dell’art. 1
comma 2° lett. e) non era richiesto il requisito soggettivo e quanto alla
specificità del programma era sufficiente che lo stesso fosse “individuato,
nominato, determinato” e, riguardo alla temporaneità, essa non poteva
identificarsi con la non appartenenza del programma ad un “genus”
rientrante nella normale attività produttiva dell’azienda e, dunque, la
possibilità di assumere a tempo determinato poteva essere esclusa solo
per quelle trasmissioni inserite stabilmente nella programmazione ed
aventi una fisionomia immutabile nel tempo ( ad es. i telegiornali).
Il motivo è infondato.
In proposito, si ricorda che, a norma della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1,
comma 2, lett. e), nel testo modificato dalla L. 23 maggio 1977, n. 266,
vigente all’epoca dei fatti, era consentita l’apposizione di un termine alla
durata del contratto di lavoro “nelle assunzioni di personale riferite a
specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”.
Questa Corte ha ripetutamente affermato, con orientamento assolutamente
prevalente (cfr., per tutte, Cass. sentt. nn. 24049/08, 16690/08, 8385/06 e
1291/06), che ai fini della legittimità dell’apposizione del termine con la
causale indicata è necessario che ricorrano i requisiti: a) della temporaneità
della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo
spettacolo, che non devono essere necessariamente straordinari od
occasionali ma di durata limitata dell’arco di tempo della programmazione
complessiva e quindi destinati ad esaurirsi (per cui non consentono
l’utilizzazione di un lavoratore praticamente a tempo indeterminato); b) della
specificità del programma, che deve essere quantomeno unico (anche
articolato in più puntate o ripetuto nel tempo) e presentare una sua
connotazione particolare; c) della connessione reciproca tra specificità
dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (il cd.
vincolo di necessità diretta), per cui il primo concorra a formare la
specificità del secondo o sia reso necessario da quest’ultima specificità.
4

In altri termini, anche un programma specifico e temporaneo non
legittima di per sè una assunzione a termine per prestazioni
generiche (comunque reperibili attingendo all’organico stabile dell’impresa),
ma solo quando alla specificità dello spettacolo concorre necessariamente
il peculiare apporto professionale, tecnico o artistico degli autori che lo
realizzano, gli attori che lo interpretano, etc.., il quale non è facilmente
fungibile col contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato
dell’impresa.

A quest’ultimo proposito, la situazione descritta è riferibile anche al
personale diverso da quello tecnico o artistico portatore di un contributo
creativo rispetto alla realizzazione del programma, ma unicamente dotato
di una professionalità specialistica normalmente non necessaria
nell’assetto complessivo dell’attività dell’impresa (ad es. l’operatore
subacqueo, o l’interprete di una lingua poco usata).
L’interpretazione della norma di legge adottata dalla giurisprudenza di
questa Corte appare corrispondere appieno al ragionevole equilibrio tra
esigenze di garanzia di stabilità del rapporto di lavoro ed esigenze, anche
culturali, della produzione di spettacoli e programmi radiotelevisivi
perseguito dal legislatore dell’epoca, alla luce delle condizioni economiche
e sociali esistenti.
Tale interpretazione resiste alla rivisitazione tentata dalla difesa della
società ricorrente e va qui ribadita, anche in ossequio alla funzione
nomofilattica della Corte ed in assenza di sufficienti motivi per rimetterla in
discussione alla luce delle pur apprezzabili argomentazioni del ricorso.
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 23,
comma 1° L. 28 febbraio 1987 n. 56, dell’art. “contratti a tempo
determinato” di cui all’Accordo Associazione sindacale Intersind e Rai/SLCCGIL, FIS-CISL e UILSIC-UIL del 5.4.97 e dell’articolo “rapporto di lavoro a
tempo determinato” di cui al CCNL Rai dell’8.6.2000 anche in relazione
all’art. 12 , primo comma preleggi e violazione e falsa applicazione degli
artt. 1362 e ss. c.p.c. laddove la Corte, dopo aver ritenuto la illegittimità del
termine apposto ai primi tre contratti aveva valutato anche la illegittimità dei
contratti successivi, questi ultimi regolamentati dalla disciplina collettiva
introdotta, in attuazione della delega conferita al legislatore alle parti sociali
con l’art. 23 L. n. 56/87.
Il motivo è inammissibile.
5

La parte della motivazione della impugnata sentenza censurata con il
mezzo è del tutto ultronea, in quanto, una volta ritenuta la illegittimità
dell’apposizione del termine al primo contratto, si era instaurato un rapporto
di lavoro a tempo indeterminato così rimanendo assorbite tutte le altre
contestazioni in merito alla legittimità dei contratti successivi.
Con il quarto motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli
artt. 416 comma 2° e 418 comma 1° anche in relazione all’art. 1421 c.c. in

quanto la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto domanda
riconvenzionale e non eccezione riconvenzionale la richiesta avanzata
dalla società ricorrente di operare la compensazione delle retribuzioni
dovute al lavoratore con le somme allo stesso corrisposte dalla essa Rai a
titolo di indennità contrattuale del 35% ai sensi dei chiarimenti a verbale di
cui all’art. 1 del CCNL e, comunque, in virtù di istituti propri dei contratti a
termine.
Il motivo è fondato.
Vale ricordare che mentre con la domanda riconvenzionale il convenuto,
traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, oppone una
controdomanda e chiede un provvedimento positivo, sfavorevole all’attore,
che va oltre il mero rigetto della domanda attrice, mediante l’eccezione
riconvenzionale egli, pur deducendo fatti modificativi, estintivi o impeditivi,
che potrebbero costituire oggetto di un’autonoma domanda in un giudizio
separato, si limita a chiedere la reiezione della pretesa avversaria,
totalmente o anche solo parzialmente, al fine di beneficiare di una
condanna più ridotta (Cass. n. 4233 del 16/03/2012 ; Cass. n. 9044 del
15/04/2010; Cass. n. 16314 del 24/07/2007; Cass n. 3767 del 23/02/2005).
Nel rito del lavoro, inoltre, la riconvenzionale è soggetta alle prescrizioni
contenute negli artt. 416 e 418 cod. proc. civ., nel senso della sua
necessaria inclusione nella memoria di costituzione tempestivamente
depositata e accompagnata dalla richiesta di fissazione di una nuova
udienza di discussione ( Cass. n. 9965 del 21.7.2001).
Nel caso in esame la richiesta della RAI di disporre la compensazione dei
crediti eventualmente ritenuti spettanti al ricorrente con i compensi
retributivi erogati in applicazione della disciplina contrattuale sui contratti a
termine essendo intesa contenere l’ammontare della condanna integra, alla
luce del principio sopra riportato, una eccezione riconvenzionale che, in
quanto tale, non doveva essere formulata nelle forme di cui all’art. 416

6

c.p.c., come erroneamente affermato dalla Corte di,g( appello. Pertanto,
essa andava esaminata e decisa nel merito.
Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.
1362 e ss. c.c. e/o della declaratoria dell’operatore di ripresa di cui
all’allegato B, CCNL Rai del 9.5.1990 nonché vizio di motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione al livello di
inquadramento raggiunto.

Il motivo è improcedibile.
Come è stato precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, “l’art. 369,
secondo comma, n. 4 c.p.c., nella parte in cui onera il ricorrente (principale
od incidentale), a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti
od accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, va
interpretato nel senso che, ove si impugni, con ricorso immediato per
cassazione ai sensi dell’art. 420 bis, secondo comma, c.p.c., la sentenza
che abbia deciso in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia,
la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto od accordo
collettivo nazionale, ovvero denunci, con ricorso ordinario, la violazione o
falsa applicazione di norme dei contratti ed accordi collettivi nazionali di
lavoro ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. (nel testo sostituito
dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006), il deposito suddetto deve avere ad
oggetto non solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive invocate
nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto od accordo collettivo di livello
nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla
funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione nell’esercizio del
sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di
livello nazionale.” (v. Cass. S.U. 23-9-2010 n.20075, v. anche da ultimo
Cass. 15-10-2010 n. 21358).
Peraltro il detto onere è soddisfatto, “sulla base del principio di
strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti
contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo
nel quale essi siano contenuti, ferma in ogni caso l’esigenza della specifica
indicazione dei dati necessari al reperimento degli stessi” (v. Cass. S.U. 311-2011 n.22726).
Orbene, nella fattispecie non risulta indicato in ricorso il deposito del CCL
RAI del 9.5.1990 – integrale – e tanto meno risulta indicata la collocazione
nei “fascicoli dei pregressi gradi di giudizio”.
7

Osserva, infine, il Collegio che con la memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c. la società ricorrente, invoca, in via subordinata, l’applicazione dello
0
ius superveniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5 , 6° e 7° della legge
4 novembre 2010 n. 183.
Orbene, a prescindere da ogni altra considerazione, va premesso, in via
di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel
giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con

efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto
che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni
oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di
legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr.
Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre
ad essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua
propria (v. fra le altre Cass. del 5.2.2013 n. 2613; Cass. 4-1-2011 n. 80).
Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato viene dedotta
violazione e falsa applicazione degli artt. 23 L. 28 febbraio 1987 n. 56,
2069, 2071 c.c. e 11 d.Lgs. 6 settembre 2011 n. 368 in caso di
accoglimento del motivo del ricorso principale ( il terzo) concernente i
contratti individuali stipulati ai sensi del CCL 8 giugno 2000.
Il mezzo va dichiarato assorbito dalla ritenuta inammissibilità del terzo
motivo del ricorso principale.
Alla luce di quanto esposto, il ricorso principale va accolto limitatamente al
quarto motivo con rigetto degli altri con il conseguente assorbimento del
ricorso incidentale condizionato.
L’impugnata sentenza va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto
con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che
provvederà anche in merito alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il quarto motivo del ricorso principale e
rigetta gli altri, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla
Corte di appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013

8

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA