Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5318 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 03/03/2020), n.5918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9446-2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN

TOMMASO D’AQUINO, 83, presso lo studio dell’avvocato FILOMENA

MOSSUCCA, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE PAGLIUCA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 382/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositato il 07/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’01/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. COSENTINO

ANTONELLO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. D.A. ha impugnato per cassazione il decreto della corte d’appello di Potenza che ha rigettato la domanda di equa riparazione da lui proposta in relazione all’irragionevole durata di un giudizio definito dal tribunale di Potenza, in grado di appello, con sentenza depositata il 18 novembre 2015.

La corte lucana ha escluso il diritto all’equa riparazione del signor D., ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. g), introdotto, con decorrenza dal 1 gennaio 2016, dalla legge di stabilità 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208), art. 1, comma 777, alla cui stregua il pregiudizio da irragionevole durata del processo si presume insussistente, salvo prova contraria, nel caso di “irrisorietà della pretesa o del valore della causa, valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte”.

Nell’impugnato decreto si argomenta, infatti, che “l’importo liquidato in primo grado del giudice di pace di Bella, nella misura di Euro 150,00” sarebbe modesto, così da rientrare sicuramente “nella fattispecie presuntiva di esclusione del danno richiamata nel decreto impugnato”; nè a diversa conclusione, argomenta la corte di appello, potrebbe giungersi tenendo conto anche degli interessi sul capitale e delle spese legali, le quali – si sottolinea a pag. 3, rigo 7, dell’impugnato decreto – “non attengono alla pretesa sostanziale ed alla posta in gioco dedotta nel processo presupposto”.

Il ricorso per cassazione si articola in tre motivi, i primi due riferiti al vizio di violazione di legge – in relazione, il primo, alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. g), e, il secondo, al medesimo articolo, commi 2 bis e 2 quater – e, il terzo, riferito al vizio di omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso.

La causa è stata discussa nell’adunanza dell’1/10/19, per la quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Con i tre motivi, che per la loro intima connessione possono essere trattati congiuntamente, il ricorrente sostanzialmente lamenta che la corte d’appello non abbia colto l’effettiva portata della “posta in gioco” del giudizio presupposto.

La doglianza è fondata.

Dalla narrativa dei fatti di causa svolta di ricorso e non contestata nel controricorso della difesa erariale emerge che:

– il giudizio presupposto venne (apparentemente) instaurato davanti al giudice di pace di Bella da D.A. nei confronti della società Enel Distribuzione s.p.a., per il risarcimento dei danni causati da un’interruzione del servizio di distribuzione dell’energia elettrica;

– il giudice di pace, in accoglimento della domanda, condannò Enel Distribuzione a pagare all’attore l’importo di Euro 150, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento danni, nonchè le spese di lite, liquidate in Euro 6.760;

– Enel Distribuzione appellò la sentenza del giudice di pace davanti al tribunale di Potenza e, nel corso del giudizio di secondo grado, il procuratore dell’appellato morì;

– Enel Distribuzione s.p.a. riassunse il giudizio di appello con atto notificato personalmente al D., il quale, costituendosi nel giudizio riassunto, dichiarò di non aver mai avuto contezza dell’esistenza del giudizio e impugnò con querela di falso la sottoscrizione, a lui apparentemente riconducibile, del mandato ad litem rilasciato a margine dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado;

– con la sentenza di appello n. 1144/2015 il tribunale di Potenza dichiarò la falsità della sottoscrizione del mandato ad litem apparentemente rilasciato dal D. sull’atto introduttivo del giudizio di primo grado e l’inesistenza della appellata sentenza del giudice di pace;

Tali i fatti, pacifici, l’impugnata decisione della corte d’appello di Potenza risulta erronea, laddove, pur dando atto “del carattere apocrifo della sottoscrizione apposta in calce al mandato conferito al difensore” (pag. 3, terzo capoverso, del decreto), pretende di ricondurre alla categoria della “irrisorietà della pretesa o del valore della causa” una controversia che ha oggetto non il risarcimento di un modesto danno da interruzione del servizio di distribuzione dell’energia elettrica, bensì l’accertamento della falsità della procura ad litem utilizzata dal falsus procurator per l’instaurazione di un giudizio civile in nome dello pseudo rappresentato. Deve infatti precisarsi che il valore della controversia avente ad oggetto l’accertamento negativo dell’assunzione della qualità di parte in un giudizio civile prescinde dall’oggetto di quest’ultimo e non può in nessun caso considerarsi irrisorio, in considerazione della qualità e quantità degli effetti, patrimoniali ed extrapatrimoniali, che astrattamente possono collegarsi alla assunzione (nella specie inconsapevole) della qualità di parte processuale.

Le considerazioni svolte nel contro ricorso in ordine al momento nel quale è insorto il diritto del sig. D. all’equa riparazione da irragionevole durata del giudizio concernono questioni che non sono state trattate nel decreto impugnato e, pertanto, devono giudicarsi estranee al presente giudizio di legittimità, dovendo semmai essere esaminate in sede di rinvio.

L’impugnato decreto va quindi cassato, con rinvio alla corte d’appello di Potenza in altra composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla corte di appello di Potenza, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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