Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5318 del 02/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/03/2017, (ud. 20/12/2016, dep.02/03/2017),  n. 5318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19644/2015 proposto da:

S.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MARIA BARBARA TOSATTI 77, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRO CRESTI, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO

CASSARO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO – Istituto Comprensivo ALTA VAL DI SOLE

C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo

studio dell’avvocato FABIO LORENZONI, rappresentata e difesa dagli

avvocati NICOLO’ PEDRAZZOLI, LUCIA BOBBIO, giusta procura speciale

in calce alla comparsa di costituzione e risposta, depositata il

21/09/2015;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 17/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 03/04/2015 R.G.N. 68/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato CESIRA TERESINA SCANU per delega verbale Avvocat

MAURIZIO CASSARO;

udito l’Avvocato MICHELE FERRANTE per delega Avvocato LUCIA BOBBIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Trento, con la sentenza n. 17 del 2015, depositata il 3 aprile 2015, pronunciando sull’impugnazione proposta da S.M. nei confronti della Provincia autonoma di Trento e dell’Istituto comprensivo Alta Val di Sole, avverso la sentenza n. 125 del 2014 emessa tra le parti dal Tribunale di Trento il 2 luglio 2014, dichiarava inammissibile l’appello, in quanto privo dei requisiti di cui all’art. 434 c.p.c., comma 1, come mod. dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, in ragione della totale assenza nell’atto di specifiche ed adeguate motivazioni a supporto della richiesta di modifica della decisone di primo grado.

2. S.M., assunto con contratto a tempo determinato dal 17 febbraio 2012 al 31 agosto 2013, in qualità di supplente annuale, per il posto relativo alla classe di concorso A033-Educazione tecnica, aveva impugnato dinanzi al Tribunale la sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso irrogatogli con nota del 5 marzo 2013 dal dirigente della Provincia di Trento.

3. Il Tribunale aveva rigettato la domanda.

4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre lo S. con un motivo di impugnazione.

5. La Provincia autonoma di Trento ha depositato comparsa di costituzione e risposta, e memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

6. Entrambe le parti, come rappresentate, hanno partecipato

all’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va rilevata la nullità della comparsa di costituzione e risposta della Provincia in quanto la stessa non è stata notificata al ricorrente. A ciò consegue la nullità della memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica.

2. Sempre in via preliminare, atteso che il ricorrente ha concluso l’esposizione dei Motivi con la formulazione di quesito di diritto, va rilevato che nella specie, ratione temporis, non trova applicazione l’art. 366-bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione

3. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 434, comma 1, cpc, in relazione all’art. 111 Cost., in cui è incorso il Giudice di appello.

Il ricorrente richiama Cass. n. 2143 del 2015, e afferma che, nel rispetto dei principi enunciati da detta pronuncia, dopo avere ricostruito l’exucursus del giudizio di primo grado aveva individuato il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame a capi specifici della sentenza impugnata ed a passaggi argomentativi che la sostenevano, e formulando nel contempo, sotto il profilo qualitativo, ragioni e motivi di dissenso rispetto alla motivazione e decisione della sentenza di primo grado.

Esso ricorrente aveva delimitato l’impugnazione con riguardo a specifici capi della sentenza indicandoli con brevi titoli (termine di avvio e conclusione del procedimento disciplinare; circa la violazione del termine ex art. 4, comma 7 – allegato G del CCPL docenti; circa l’eccepita nullità per genericità della contestazione e degli addebiti).

3.1. Deduce il ricorrente che nel ricorso in appello era stato posto in luce come il Tribunale avesse errato nel non valutare la tempestività, la fondatezza e la conducenza delle eccezioni avanzate in tema di procedimento disciplinare e quindi: a proposito della tardività di avvio e conclusioni dell’azione disciplinare, secondo quanto previsto dal richiamato art. 4 dell’allegato G del CCPL docenti; a proposito della violazione del termine ex art. 4, comma 7, allegato G del CCPL docenti, per la irrogazione della sanzione (quest’ultima addirittura riconosciuta come tempestiva, pur in assenza di comunicazione al lavoratore); a proposito della eccepita nullità del procedimento disciplinare e della sanzione irrogata, per genericità della contestazione e degli addebiti, a fronte invece di una esaustiva ricostruzione dei fatti e di una corretta analisi finalizzata ad evidenziare come piuttosto il procedimento disciplinare e la gravissima sanzione del licenziamento fossero stati utilizzati quali surrogati della risoluzione del rapporto di lavoro, al fine di allontanare quanto prima dal posto di lavoro (e cioè a far data dalla sospensione) il non gradito lavoratore, fatto oggetto di una superanalisi, ingiustificata ed inammissibile, e non legata a circostanziate fattispecie di contestazione, ma a valutazioni sulle tecniche didattiche e sui suoi comportamenti relazionali.

L’appello era ammissibile e procedibile e avrebbe dovuto essere accolto per la lesione dei propri diritti e della propria personalità.

4. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

4.1. Occorre rilevare che il ricorrente, nel motivo dell’odierno ricorso per cassazione, specifica la censura proposta avverso la sentenza di appello, affermando che con l’atto di appello aveva evidenziato che il Tribunale non aveva valutato tempestività, fondatezza e conducenza delle eccezioni che esso aveva avanzato in quella sede, e le specifica, come sopra riportato al punto 3.1.

Tuttavia, analoga specificazione non è effettuata con riguardo alle critiche che esso appellante avrebbe formulato rispetto alle statuizioni della sentenza di primo grado, limitandosi il ricorrente nel motivo del presente ricorso per cassazione ad affermazioni generiche, deducendo la presenza nell’atto di appello di un “percorso logico e motivato e per la critica obiettiva della sentenza” (…) “in coerenza con la dimostrata ed ingiustificata lesione dei diritti del docente”, la formulazione “sotto il profilo qualitativo, ragioni e motivi di dissenso rispetto al percorso motivazionale e decisionale adottato dal primo giudice”.

4.1. L’esame degli atti di causa, fermo restando che il giudizio di appello ha natura di “revisio prioris instantiae” e non di “novum iudicium”, e che la cognizione del giudice rimane circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi, sicchè l’inammissibilità del gravame derivante da tale violazione non è sanabile per effetto dell’attività difensiva spiegata nel corso del giudizio, conferma la correttezza della statuizione della Corte d’Appello, non ravvisandosi i requisiti di cui all’art. 434 c.p.c., secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità.

Questa Corte ha affermato (Cass. n. 17712 del 2016) che i requisiti di contenuto della “motivazione” dell’appello, richiesti dall’art. 434 c.p.c. (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, conv. dalla L. n. 134 del 2012), pongono a carico dell’appellante un preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice.

Con la pronuncia richiamata dal ricorrente (Cass., n. 2143 del 2015) si è affermato il seguente principio: l’art. 434 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. c) bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’art. 342 c.p.c., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il “quantum appellatum”, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonchè ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata.

La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione di detti principi attraverso una disamina specifica del contenuto del ricorso di appello, evidenziandosi un corretto procedimento interpretativo logico giuridico che ha dato conto, in modo dettagliato, delle carenze che determinavano l’inammissibilità dell’appello in mancanza di comprensibili e argomentate ragioni per le quali, in sostituzione delle motivazioni del Tribunale, avrebbero dovute essere accolte le conclusioni dell’appellante.

Il ricorrente, peraltro, non espone nella prospettazione del motivo di ricorso per cassazione specifiche critiche ulteriori rispetto a quelle vagliate dalla Corte d’Appello, e da quest’ultima ritenute correttamente non integranti i requisiti di cui all’art. 434 c.p.c., che esso appellante avrebbe formulato rispetto alle statuizioni della sentenza di primo grado (ulteriori al dolersi del mancato rilievo dato dal Tribunale alle deduzioni dinanzi allo stesso proposte di cui sopra al punto 3.1.); nè contesta il contenuto di quelle riportate e vagliate nella sentenza di appello, limitandosi, nel presente ricorso per cassazione, ad affermazioni generiche, deducendo la presenza nell’atto di appello di un “percorso logico e motivato e per la critica obiettiva della sentenza” (…) “in coerenza con la dimostrata ed ingiustificata lesione dei diritti del docente”, la formulazione “sotto il profilo qualitativo, ragioni e motivi di dissenso rispetto al percorso motivazionale e decisionale adottato dal primo giudice”.

5.11 ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenuto conto della sola difesa orale svolta in udienza dalla Provincia autonoma di Trento.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro millecinquecento per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15 per cento sui compensi e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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