Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5317 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. I, 26/02/2021, (ud. 26/10/2020, dep. 26/02/2021), n.5317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1260/2016 proposto da:

Alitalia Servizi s.p.a., in Amministrazione Straordinaria, in persona

dei commissari straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata

in Roma, via Gian Giacomo Porro n. 15, presso lo studio

dell’avvocato Santosuosso Daniele Umberto, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Antonio

Chinotto n. 1, presso lo studio dell’avvocato Minucci Stefano, che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 03/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/10/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- D.S.L. ha chiesto di essere ammesso in prededuzione al passivo fallimentare della s.p.a. (OMISSIS), per credito derivante dall’indennità supplementare spettantegli ai sensi dell’Accordo intersindacale del 27 aprile 1995.

Il giudice delegato ha respinto la richiesta, sul presupposto che il richiedente non avesse dedotto, nel ricorso introduttivo, di essere rimasto privo del posto di lavoro, come per contro ritenuto necessario; ha pure aggiunto che, comunque, la detta indennità non rientrava nell’ambito dei crediti coperti dalla prededuzione.

2.- D.S.L. ha impugnato l’esclusione avanti al Tribunale di Roma. Che ha accolto l’opposizione con decreto depositato in data 3 dicembre 2015.

3.- In proposito il Tribunale ha rilevato che, “affinchè il dirigente di azienda possa beneficiare dell’indennità supplementare al trattamento di fine rapporto prevista dall’Accordo intersindacale, è necessario che la soppressione del posto di lavoro sia la naturale e diretta conseguenza dovuta alla crisi aziendale. Non è invece prevista la prova dello stato di disoccupazione del dirigente”.

In relazione alla collocazione del credito da indennità, poi, il decreto ha riconosciuto quella costituita dalla prededuzione, rilevando che, nel momento in cui “Alitalia si è determinata a proseguire il rapporto di lavoro, ritenendolo evidentemente necessario ai fini della continuazione dell’attività di impresa, tale decisione ha avuto quale implicita, ma necessaria conseguenza l’applicazione del regime economico e normativo che caratterizza quel rapporto di lavoro”.

4.- Avverso questa decisione la s.p.a. Alitalia in a.s. ricorre per

cassazione, articolando tre motivi.

Resiste con controricorso D.S.L..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.- Il primo motivo denunzia la violazione degli artt. 1362,1363 c.c. e segg. e dell’art. 12 preleggi, in relazione all’Accordo sindacale interconfederale del 27 aprile 1995.

Secondo il ricorrente, la sussistenza dello stato di disoccupazione è requisito imprescindibile perchè il dirigente possa potere beneficiare dell’indennità supplementare. Si aggiunge che il giudice delegato aveva escluso la richiesta avanzata in prededuzione, “non risultando dedotto nel ricorso introduttivo che la parte istante sia rimasta priva del posto di lavoro”.

Il secondo motivo assume violazione dell’art. 2697 c.c.: poichè lo stato di disoccupazione è elemento costitutivo del diritto a percepire l’indennità, l’onere della prova non può, al riguardo, che gravare sul richiedente.

6.- Il primo e il secondo motivo non possono essere accolti.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione di un atto negoziale – quale, nella specie, un contratto collettivi nazionale di lavoro – è accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ex artt. 1362 c.c. e segg. (cfr., tra le altre, Cass., n. 14355/2016; Cass., n. 10554/2010).

Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente, pur avendo genericamente rubricato il motivo nella violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., non ha nemmeno precisato quali eventuali criteri legali di interpretazione avrebbe violato la pronuncia impugnata, nè per quali ragioni ciò sarebbe, in potersi, accaduto. Sì che, nei fatti, il motivo si scioglie per intero in una diversa lettura del tenore normativo dell’Accolto collettivo.

D’altra parte, la giurisprudenza di questa Corte volte ha ripetutamente affermato che lo stato di disoccupazione non elemento costitutivo del diritto all’indennità supplementare, sì che non si pone, in proposito, un problema di ripartizione dell’onere della prova (cfr. da ultimo, anche per i riferimenti, Cass., 20 gennaio 2021, n. 986).

7.- Col terzo motivo, il ricorrente contesta, sotto il profilo della violazione di legge del D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 20 e 52 e L. Fall., art. 111, la collocazione in prededuzione del credito da indennità supplementare, che è stata stabilita dal Tribunale romana.

Si tratta di credito di natura indennitaria – così si assume -, che “trae origine dalla risoluzione del rapporto di lavoro” e che, quindi, “non può essere annoverata tra i provvedimenti finalizzati alla continuazione dell’attività” di impresa.

8.- Secondo un consolidatissimo orientamento della giurisprudenza di questa Corte, “l’indennità supplementare, prevista dall’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale allegati al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione L. Fall., ex art. 111, per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura” (cfr., tra le tante, Cass., 19 novembre 2018, n. 29735; Cass., 22 dicembre 2020, n. 29323; Cass., 7 novembre 2019, n. 28740).

Alla base di tale orientamento sta la constatazione di ordine generale che, per il caso di prosecuzione dell’attività lavorativa dopo l’apertura della procedura concorsuale, “il sistema normativo è chiaramente orientato nel senso che i rapporti di lavoro continuano con l’azienda in quanto tale” (cfr., di recente, Cass., 12 luglio 2019, n. 18779).

Posto questo nesso, si rileva inoltre che la continuazione (pur provvisoria) dell’attività di impresa sul piano funzionale esige, se non propriamente implica, anche la prosecuzione dei rapporti di lavoro già in essere in relazione a tale attività. Tali rapporti non possono, allora, essere considerati che nei termini in cui si svolgevano prima dell’apertura della procedura: quale fonte unica, cioè, delle varie voci di credito che ne derivano, “secondo l’unitario regime economico e normativo ad esso applicabile” (cfr., in particolare la già citata pronuncia di Cass., n. 2018/29735).

9.- Il ricorso va dunque respinto.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfetarie e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato parti a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

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