Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5317 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 04/03/2011), n.5317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26722/2009 proposto da:

L.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MIRABELLO 14, presso lo studio dell’avvocato ANTICO GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dagli avvocati FRAGOMENI Alfonso, FORLIANO

RAFFAELA, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 206/2009 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

14.7.09, depositato il 03/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CECCHERINI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona della Dott.ssa

IMMACOLATA ZENO.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata la seguente relazione:

Con l’impugnato decreto in data 3 agosto 2009, la Corte d’appello di Trieste ha dichiarato inammissibile la domanda presentata il 29 gennaio 2009 dal signor L.D., di condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo davanti al TAR della Basilicata, iniziato con ricorso 31 gennaio 1996, e terminato con decreto 22 settembre 2008, che ha dichiarato la perenzione del processo a norma del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 40 e R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 45. La corte territoriale, accertato che il ricorrente non aveva depositato, nel giudizio presupposto, l’istanza di prelievo contemplata dalla L. n. 642 del 1907, art. 51, ha fatto applicazione del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, (conv. in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008).

Per la cassazione del decreto, non notificato, il L. ricorre con atto notificato il 16 novembre 2009, per un unico motivo.

Con il ricorso, denunciando la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1, 2, e 3 e dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, si deduce che nella fattispecie l’avviso di cui alla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 9, comma 2, sarebbe stato notificato al ricorrente il 6 luglio 2007, sicchè alla data di entrata in vigore del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2 (conv. in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008) il processo amministrativo era già perento: la norma contenuta nella disposizione da ultimo citata, pertanto, non poteva trovare applicazione a fattispecie verificatesi prima della sua entrata in vigore.

Il Ministero ha depositato controricorso.

Il ricorso può essere deciso in Camera di consiglio, se saranno condivise le considerazioni che seguono.

La circostanza di fatto che l’avviso previsto dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 9, comma 2, sarebbe stato notificato al ricorrente il 6 luglio 2007, e che pertanto la perenzione del processo amministrativo, ancorchè dichiarata il 22 settembre 2008, si sarebbe verificata prima dell’entrata in vigore il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2 (conv. in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008) non risulta sottoposta al giudice di merito, nè si allega che lo sarebbe stata, e non può essere accertata per la prima volta in questa sede di legittimità. Si tratta pertanto di una questione di diritto nuova.

Si propone pertanto che il ricorso sia essere dichiarato inammissibile in Camera di consiglio a norma dell’art. 375 c.p.c., n. 1.

2. – La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite.

3. Il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

4. – Il collegio ha esaminato il ricorso, la relazione e la memoria presentata dalla parte ricorrente.

5. Con riguardo alla relazione depositata, la corte considera che, tenuto conto della sua consolidata giurisprudenza circa l’irretroattività della disposizione contenuta nel D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, conv. in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008 (Cass. 10 ottobre 2008 n. 24901; 28 novembre 2008 n. 28428), la questione di fatto, posta dal ricorso, concerne l’ammissibilità della domanda di equa riparazione esclusivamente per la frazione di durata del processo presupposto successiva all’entrata in vigore del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (conv. in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008). Ciò non impedisce di riconoscere la manifesta fondatezza della censura di violazione delle norme di legge indicate, con riguardo all’irragionevole durata del processo presupposto per il periodo anteriore.

6. Nei limiti appena indicati, il ricorso deve essere accolto per manifesta fondatezza, e il decreto impugnato deve essere cassato.

7. La causa, inoltre, può essere decisa anche nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori indagini di fatto, e considerando la durata complessiva del processo dal suo inizio (31 gennaio 1996) sino alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008 (25 giugno 2008), dalla quale devono detrarsi tre anni di ragionevole durata. L’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo presupposto deve essere liquidata in Euro 7.750,00, con gli interessi legali dalla domanda. Sono inoltre a carico dell’amministrazione soccombente le spese dell’intero giudizio, liquidate come in dispositivo.

PQM

La corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’amministrazione al pagamento, a titolo di equa riparazione, della somma di Euro 7.750,00, con gli interessi dalla domanda, oltre alle spese processuali liquidate, per il giudizio davanti alla Corte d’appello, in Euro 1.150,00, di cui Euro 500,00 per onorari e Euro 600,00 per diritti; e per il giudizio di legittimità in Euro 900,00, oltre a Euro 100,00 per esporsi; oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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