Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5314 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. I, 25/02/2021, (ud. 08/02/2021, dep. 25/02/2021), n.5314

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16959/2018 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato

Carlo Pinna Parpaglia, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Cagliari Sezione specializzata in

materia di immigrazione, protezione internazionale e libera

circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, depositato il

16/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/02/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.R., cittadino del (OMISSIS), ricorre con due motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Cagliari ha rigettato l’opposizione dal primo proposta avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che ne aveva disatteso la domanda di protezione internazionale sub specie di quella sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo (p. 3 ricorso) il ricorrente fa valere violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e di norme processuali ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), per non avere il Tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante dall’applicazione della tortura o altra forma di pena o trattamento inumano e della violenza generalizzata ex art. 14 lett. c) D.Lgs. cit., avendo i giudici di merito mancato nell’onere della cooperazione istruttoria cit. D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione c/o falsa applicazione di norme di diritto e di norme processuali ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in relazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5, comma 6 e art. 19, per avere il Tribunale omesso ogni motivazione in ordine al riconoscimento in capo al ricorrente della condizione di vulnerabilità tale da giustificare la protezione cosiddetta umanitaria.

3. Il primo motivo è inammissibile perchè non specifico.

Il mezzo presenta in modo disorganizzato nei suoi contenuti, e finanche nel titolo della relativa rubrica (nel raffronto tra pp. 2 e 3, l’una relativa alla sintesi dei motivi e l’altra alla descrizione del motivo), il riferimento alla protezione sussidiaria per le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 257 del 2007, art. 14, lett. b) e c), (per contenuti del motivo che ora richiamano il “danno grave” per i quali il richiedente non possa o voglia avvalersi della protezione del proprio Paese ed ora la violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno e internazionale, pp. 4 e 5 ricorso) così da rendere finanche non specifico il motivo.

Nel resto, in ogni caso, la fattispecie di cui all’art. 14, lett. b) cit. resta solo genericamente evocata in ricorso, senza alcun riferimento al danno grave corso dal richiedente in caso di rientro nel Paese di origine per un rischio individualizzato che non può prescindere dalla situazione ivi sofferta dal primo e ragione del suo allontanamento, e neppure rispetto ad una omessa pronuncia in cui il tribunale sarebbe incorso e tanto per non avere i giudici di merito neppure vagliato siffatta domanda che non figura nella resa motivazione.

Il Tribunale ha peraltro ritenuto la non credibilità del racconto del richiedente e tanto vale ad escludere approfondimenti istruttori nella necessità di un rischio individualizzante al fine del riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass. n. 10286 del 29/05/2020).

Il motivo con dialoga con siffatta ratio decidendi e risulta come tale generico.

Inoltre il tribunale ha escluso la riferibilità della vicenda narrata (esistenza di dissidi con il padre) alla dedotta fattispecie di violenza indiscriminata (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)) nel paese di transito, la Libia, ed il ricorrente reitera la richiesta nella necessità che al riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), si accompagni la deduzione di una situazione oggettiva di generale violenza indiscriminata – dettata da un conflitto esterno o da instabilità interna – percepita come idonea a porre in pericolo la vita o incolumità psico-fisica per il solo fatto di rientrare nel paese di origine (Cass. n. 19224 del 15/09/2020).

Nè il motivo si confronta con la motivazione impugnata nella parte in cui essa esclude che ai fini del rimpatrio possa valere la situazione del paese di transito D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 2, lett. g) e lett. n).

2. Il secondo motivo è inammissibile per genericità.

Il tribunale correttamente ha escluso il riconoscimento della protezione umanitaria in ragione della mancata allegazione di una situazione di vulnerabilità, difetto che sostiene la decisione impugnata (Cass. n. 13573 del 02/07/2020) e che non resta contestato in modo concludente in ricorso in cui il richiedente richiama le sofferenze sofferte per giungere in Italia e durante la permanenza in Libia e la mancanza di idonei riferimenti familiari in patria.

3. Il ricorso è in via conclusiva inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese di lite in favore dell’Amministrazione resistente in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Amministrazione resistente quantificate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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