Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5313 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/02/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 27/02/2020), n.5313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29084-2018 proposto da:

OSAMUDIAMEN OSEMWEGIE HILLARY, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROIEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS), PROCURA GENERALE

PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 366/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Brescia, pubblicata il 19 marzo 2019, con cui è stato respinto il gravame proposto da Osamudiamen Osemwegie Hillary avverso l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale della stessa città. La nominata Corte ha negato che al ricorrente potesse essere riconosciuta alcuna forma di protezione internazionale (status di rifugiato, protezione sussidiaria, protezione umanitaria).

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7,14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e del CEDU, artt. 2, 3. Lamenta, in sintesi, che in applicazione dei corretti principi di diritto la Corte di merito avrebbe dovuto valorizzare il rischio di danno derivante dalla violenza diffusa e indiscriminata nel nord est della Nigeria, non arginate adeguatamente dallo Stato, e il pericolo ricollegabile alla propria condizione di vulnerabilità.

Col secondo motivo viene opposta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, avendo riguardo alle condizioni legittimanti il rilascio del permesso umanitario. Viene lamentato non essere stata considerato che la condizione di vulnerabilità presupporrebbe un giudizio di bilanciamento tra il grado di inserimento del richiedente e la sua condizione di provenienza. E’ spiegato che la Corte di Brescia non si era pronunciata sulla domanda di protezione umanitaria, stante la ritenuta inattendibilità di quanto narrato dal ricorrente.

2. – I due motivi sono inammissibili.

Quanto alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), la Corte di Brescia ha evidenziato come nessuno dei siti di informazione internazionale più accreditati, di cui ha riportato il nome, riferisca di una situazione di conflitto armato generalizzato che determini una situazione di violenza diffusa nell’intero territorio della Nigeria: ha rilevato, in particolare, come la presenza del gruppo (OMISSIS) sia significativa negli Stati nordorientali della Nigeria e non investa la regione di (OMISSIS), da cui proviene l’odierno istante.

Il detto accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064), suscettibile di essere censurato in sede di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105), oltre che per assenza di motivazione (nel senso precisato da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054): censure, queste, nemmeno elevate.

Quanto alla prospettata vulnerabilità, rilevante ai fini della domandata concessione della protezione umanitaria, la Corte di appello ha rimarcato che la valutazione di soggettiva inattendibilità del richiedente (basata su plurimi elementi di giudizio, specificamente indicati nel corpo del provvedimento) ne precludeva il riconoscimento. Ha poi escluso che quanto documentato (in relazione alla frequenza di un corso di lingua) o il rispetto delle regole (della civile convivenza, è da intendere) fornisse prova di una “significativa integrazione nel territorio nazionale”.

E’ da osservare che l’accertata non credibilità del racconto del ricorrente esclude la possibilità di correlare alle vicende da lui narrate a un qualche profilo di vulnerabilità. D’altro canto, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, che è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340): puntuali doglianze nel senso testè indicato non sono state tuttavia formulate.

Quanto, poi, al tema dell’integrazione del richiedente in Italia, la Corte di appello ha escluso che essa abbia trovato riscontro e tale passaggio della sentenza non è stato efficacemente censurato.

E’ dunque evidente, per concludere la trattazione delle questioni poste con riguardo al diniego della protezione umanitaria, che in assenza di una condizione di vulnerabilità dello straniero e, vieppiù, in mancanza di una integrazione dello stesso nel nostro paese, difettassero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

3. – Il ricorso è dichiarato inammissibile.

4. – Non è luogo a pronunciare sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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