Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5312 del 02/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.02/03/2017),  n. 5312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 148-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.B., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO LALLI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 540/2009 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 14/12/2009, r.g.n. 490/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega verbale Avvocato LUIGI

FIORILLO;

udito l’Avvocato SERGIO VACIRCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza 14 dicembre 2009, la Corte d’appello di Cagliari rigettava l’appello proposto da Poste Italiane s.p.a. avverso le sentenze non definitiva e definitiva di primo grado, che avevano accertato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato dalla società il 9 maggio 2002 con C.B. e la conversione in rapporto a tempo indeterminato, con la condanna della società datrice alla riammissione in servizio della lavoratrice e al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni non percepite dalla data di messa in mora dell’8 novembre 2004, con detrazione dell’eventuale aliunde perceptum (la prima), determinato poi dalla seconda nell’importo risultato percepito dalla lavoratrice dal 2004 in poi.

Preliminarmente ritenuta l’inammissibilità, per tardività della deduzione di risoluzione del contratto per mutuo consenso, comunque infondata per la brevità dell’intervallo temporale decorso (circa due anni e quattro mesi tra la cessazione dell’ultimo contratto e la prima contestazione della lavoratrice), la Corte territoriale escludeva la sussistenza delle specifiche ragioni tecniche organizzative, previste anche sotto il regime del D.Lgs. n. 368 del 2001, applicabile ratione temporis, in quelle genericamente indicate (conseguenti a processi di riorganizzazione funzionali al riposizionamento di risorse sul territorio) nel contratto a termine stipulato tra le parti dal 9 maggio all’8 luglio 2002, per lo svolgimento dalla lavoratrice di mansioni di portalettere presso l’areola di recapito di (OMISSIS) (in realtà assunta per una diversa causale, di ordine sostitutivo di personale in ferie o in malattia con diritto alla conservazione del posto), comportante la nullità del termine apposto; con la coerente conseguenza della conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato, nell’inapplicabilità della disciplina di nullità parziale dell’art. 1419 c.c., comma 1.

Con atto notificato il 15 (21) dicembre 2010, Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con cinque motivi, cui resiste la lavoratrice con controricorso tardivo (siccome notificato il 16 marzo 2011, ben oltre il termine prescritto dall’art. 370 c.p.c. dalla notificazione del ricorso ricevuta il 21 dicembre 2010), comportante l’inammissibilità della memoria comunicata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 art. 4, comma 2, art. 12 preleggi, art. 1362 c.c. e ss., art. 1325 c.c. e ss., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea esclusione della ricorrenza delle specifiche ragioni tecniche organizzative individuate dal rinvio puntuale del contratto a termine stipulato agli accordi sindacali del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, neppure esaminati.

Con il secondo, la ricorrente deduce vizio di omessa ed insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sul fatto controverso e decisivo della ricorrenza delle specifiche ragioni tecniche organizzative giustificanti il contratto a termine stipulato nell’effettivo processo di riorganizzazione e riposizionamento delle risorse sul territorio, documentato dagli accordi sindacali del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002.

Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115, 116, 244 e 253 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea attribuzione dell’onere probatorio della ricorrenza delle ragioni tecniche e organizzative (peraltro documentata in base ai suindicati accordi sindacali), alla società datrice (cui invece spettante solo in caso di proroga e non di prima istituzione del contratto), anzichè della loro insussistenza alla lavoratrice.

Con il quarto, la ricorrente deduce vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sulla mancata ammissione del capitolo di prova dedotto sub 27), decisivo ai fini dell’integrazione probatoria della ricorrenza delle ragioni tecniche ed organizzative giustificanti la stipulazione del contratto a termine.

Con il quinto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inesistenza di un obbligo retributivo, erroneamente ritenuto, a carico datoriale dalla data di messa in mora, in difetto di prestazione lavorativa, anzichè dall’effettiva ripresa del servizio, per la natura sinallagmatica del rapporto e di esclusione di un diritto risarcitorio della lavoratrice, in assenza di prova di carenza di altri rapporti lavorativi e di aliunde perceptum.

Infine, la ricorrente deduce l’applicazione della L. n. 183 del 2001, art. 32, comma 5 quale ius superveniens applicabile ai sensi del suo comma 7, nella misura minima (2,5 mensilità omnicomprensive) per la brevissima durata del rapporto.

I primi quattro motivi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connesisone, sono inammissibili.

Ed infatti, essi sono tutti incentrati sulla censura relativa alla (in)sussistenza delle specifiche ragioni tecniche organizzative conseguenti a processi di riorganizzazione funzionali al riposizionamento di risorse sul territorio.

Ma nessuna censura è stata formulata sulla seconda autonoma ratio decidendi, fondata surrassunzione della C…. non già per far fronte alle esigenze organizzative menzionate nel contratto, bensì per una causale diversa e, segnatamente, per ragioni di ordine sostitutivo essendo la stessa stata destinata alla sostituzione di personale in ferie o in malattia avente diritto alla conservazione del posto” (così al primo capoverso di pg. 16 della sentenza).

Sicchè, l’omessa censura di una delle due rationes decidendi della sentenza impugnata ne comporta la formazione di giudicato (Cass. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753).

Il quinto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099 e 2697 c.c., per inesistenza di un obbligo retributivo, erroneamente ritenuto, a carico datoriale dalla data di messa in mora, anzichè di effettiva ripresa del servizio e di esclusione di un diritto risarcitorio della lavoratrice, è fondato nella parte relativa all’applicazione della L. n. 183 del 2001, art. 32, comma 2 quale ius superveniens, assorbita invece quella riguardante il regime previgente.

Ed infatti, un recente arresto di questa Corte, a sezioni unite, ha affermato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere interpretato nel senso che la violazione di norme di diritto può concernere anche disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano applicabili al rapporto dedotto in giudizio perchè dotate di efficacia retroattiva: in tal caso essendo ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta. Ed esso incontra il limite del giudicato, ma se la sentenza si compone di più parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente, pur in assenza di impugnazione specifica di quest’ultima (Cass. s.u. 27 ottobre 2016, n. 21691).

Nel caso di specie, non si è formato alcun giudicato, per l’impugnazione della parte della sentenza relativa alla condanna risarcitoria, con deduzione dello ius superveniens.

Dalle superiori argomentazioni discende coerente, in accoglimento del quinto motivo nella parte concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 e inammissibili i primi quattro, la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione.

PQM

LA CORTE

accoglie il quinto motivo di ricorso concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 inammissibili i primi quattro motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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