Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5311 del 02/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.02/03/2017),  n. 5311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28524-2010 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 943/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/11/2009 R.G.N. 309/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega verbale Avvocato LUIGI

FIORILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con sentenza 25 novembre 2009, la Corte d’appello di Milano liquidava il risarcimento del danno, cui era stata condannata Poste Italiane s.p.a. in favore del dipendente I.S. in accoglimento del suo appello incidentale (invece rigettato il principale della società datrice), in misura di Euro 1.345,60 mensili dal 22 febbraio 2006 alla riammissione in servizio: così parzialmente riformando la sentenza di primo grado, che aveva accertato la nullità dell’apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato il 30 novembre 2005 tra le parti e condannato Poste Italiane s.p.a. alla riammissione in servizio del lavoratore ed al risarcimento del danno in suo favore, da liquidare in separato giudizio.

A motivo della decisione, la Corte territoriale ribadiva la nullità del termine, in difetto dell’indicazione nominativa del lavoratore sostituito da I.S. (assunto a tempo determinato ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione di personale addetto al servizio di recapito, presso Polo Logistico Lombardia, assente nel periodo 28 novembre 2005 – 31 gennaio 2006): comportante la coerente conseguenza della conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato, nell’inapplicabilità della disciplina di nullità parziale dell’art. 1419 c.c., comma 1.

Essa riteneva, infine, la determinabilità del risarcimento del danno, in favore del lavoratore, nelle retribuzioni mensili percepite (pari a Euro 1.345,60), fissandone la decorrenza dalla costituzione in mora, individuata nella notificazione della richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione, ai sensi dell’art. 410 c.p.c..

Con atto notificato il 23 novembre (1 dicembre) 2010, Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; il lavoratore è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. cit., art. 1, art. 1362 c.c. e ss. in relazione al contratto di assunzione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea individuazione della specificazione delle ragioni di sostituzione nell’indicazione nominativa dei lavoratori da sostituire (inesigibile da Poste Italiane, per l’entità e la complessità della sua organizzazione su tutto il territorio nazionale), nella sufficienza dell’integrazione dell’enunciazione delle ragioni con elementi ulteriori idonei alla determinazione numerica dei lavoratori da sostituire: nel caso di specie consistenti nell’assenza del personale, nelle mansioni assegnate al lavoratore, nella durata del contratto, nel luogo di impiego.

Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp. att. c.c., art. 1419 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la conversione, conseguente alla nullità del termine apposto al contratto, del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, in quanto prevista per le sole ipotesi di prosecuzione di fatto del rapporto o di riassunzione senza il rispetto dei termini di legge (D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 2 e 3): diversamente dovendosi applicare il regime di nullità parziale, per l’essenzialità del termine apposto per Poste Italiane, evincibile dal tenore letterale del contratto e dal comportamento delle parti successivo alla sua scadenza.

Con il terzo, la ricorrente deduce vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., artt. 112 e 115c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in riferimento alla dedotta detrazione dell’aliunde perceptum e formulazione in proposito di istanze istruttorie non ammesse.

Con il quarto, la ricorrente deduce l’applicazione della L. n. 183 del 2001, art. 32, comma 5 quale ius superveniens applicabile ai sensi del suo settimo comma, nella misura minima (2,5 mensilità omnicomprensive) per la brevissima durata del rapporto.

Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.Lg., art. 1362 c.c. e ss. in relazione al contratto di assunzione, per erronea individuazione della specificazione delle ragioni di sostituzione nell’indicazione nominativa dei lavoratori da sostituire, è fondato.

Occorre, infatti, ribadire, per convinta adesione del collegio in assenza di persuasive ragioni argomentative che già non siano state debitamente vagliate, il consolidato insegnamento di questa Corte, secondo cui: in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto e pertanto nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti (da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse) risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (tra le molte: Cass. 26 gennaio 2010, n. 1577; Cass. 1 dicembre 2014, n. 25384; Cass. 26 novembre 2015, n. 24196; Cass. 7 gennaio 2016, n. 113; Cass. 21 gennaio 2016, n. 1067): elementi che nel caso di specie la Corte territoriale non ha valutato, essendosi limitata a ravvisare l’illegittima apposizione del termine nell’omessa indicazione del nome del lavoratore sostituito (al secondo capoverso di pg. 4, in fine del p.to 3. della sentenza).

Dalle superiori argomentazioni discende coerente l’accoglimento del mezzo, con assorbimento di tutti gli altri: ciò che comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

PQM

LA CORTE

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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