Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5309 del 02/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/03/2017, (ud. 01/12/2016, dep.02/03/2017),  n. 5309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10570-2012 proposto da:

SERVIRAIL ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, C.F. (OMISSIS), quale

conferitaria della COMPAGNIA INTERNAZIONALE CARROZZE LETTI &

TURISMO S.A., in persona del liquidatore JONATHAN STENT TORRIANI,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo

studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

V.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA S. LO BIANCO 30, presso lo studio dell’avvocato BARBARA RAUCCIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO BERARDI, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1154/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 27/10/2011 R.G.N. 1578/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato RAUCCIO BARBARA per delega Avvocato BERARDI ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del sesto motivo

rigetto del resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza depositata il 27/10/2011, confermò la decisione del giudice di primo grado, che, in accoglimento del ricorso proposto da V.C., aveva dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra la predetta lavoratrice e la Compagnia Internazionale delle Carrozze e del Turismo S.A. – C.I.C.L.T., cui era succeduta Servirail Italia s.r.l. sin dall’8/7/2006, condannando le predette società in solido alla corresponsione delle retribuzioni non percepite dal 13/2/2009.

2. Rilevò la Corte, previo rigetto della sollevata questione di nullità della sentenza impugnata, che era pacifico e documentalmente provato che la V. avesse stipulato numerosi contratti a termine con la predetta società, tra i quali era generalmente intercorso un intervallo temporale inferiore a un mese; che la giustificazione (intensificazione del traffico nel periodo estivo, natalizio e pasquale) fornita riguardo alle esigenze temporanee a fondamento delle assunzioni a termine trovava smentita nell’elenco dei contratti a tempo determinato, dal quale risultava che la ricorrente era stata assunta in periodi diversi da quelli indicati. Osservò che la società aveva mancato di dare la prova, quanto al primo dei contratti a termine stipulati tra le parti, del fatto che proprio nel periodo in cui ia lavoratrice era stata assunta si fosse verificato un incremento dell’attività lavorativa non affrontabile se non con l’assunzione a termine, posto che la società si era sottratta a tale onere articolando capitoli generici o su circostanze pacifiche, i quali, anche in caso di ammissione, non avrebbero consentito di raggiungere una prova sufficiente sul punto. Rigettò, altresì, il rilievo attinente all’impossibilità di qualificare costituzione in mora la lettera di richiesta di convocazione per il tentativo obbligatorio di conciliazione, osservando che con tale missiva la lavoratrice aveva contestato la legittimità del termine apposto ai contratti, qualificandosi come lavoratrice a tempo indeterminato.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre Servirail Italia s.r.l. sulla base di sei motivi. Resiste la V. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deduce la ricorrente, con il primo motivo, insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); nullità della sentenza di primo grado. Rileva che la Corte d’appello dapprima ha posto in evidenza la lacunosità della motivazione addotta dal Tribunale di Torino e, successivamente, in maniera illogica, ha concluso nel senso che la sentenza impugnata non fosse affetta da nullità.

1.2. La censura è priva di fondamento. La motivazione, infatti, dà conto delle ragioni in forza delle quali la sentenza del Tribunale non era stata ritenuta nulla, giacchè contenente il nucleo motivazionale indispensabile a sorreggere la decisione circa l’illegittimità del termine, con ciò palesandosi l’idoneità della stessa a fornire spiegazione delle ragioni che rendevano meritevole di accoglimento il ricorso.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 (art. 360 c.p.c., n. 3). Osserva che la Corte d’appello si era limitata a rilevare che, a parte brevi interruzioni, la lavoratrice aveva lavorato pressochè continuativamente per tre anni, da ciò deducendo la non effettività delle dedotte esigenze stagionali. Rileva che la maggior parte dei contratti riguardava proprio mesi nei quali il traffico è solito intensificarsi, talchè la Corte territoriale aveva errato nel ritenere che nei contratti stipulati non fosse ravvisabile il requisito della stagionalità.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce omessa e insufficiente motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); incrementi di attività stagionale derivante da circolazione dei treni periodici. Rileva che la sentenza è mancante di qualsivoglia motivazione in ordine a quanto affermato dalla Società con riguardo all’incremento di attività derivante dalla circolazione periodica dei treni, nonchè con riguardo all’esigenza di personale su treni a cadenza giornaliera connessa a servizi periodici in particolari periodi di intenso traffico ferroviario. Rileva che alcuni contratti erano stati sottoscritti in conseguenza dell’intensificazione dell’attività stagionale connessa a treni periodici.

4. Anche le censure esposte, da trattare congiuntamente perchè connesse, vanno rigettate. La ratio fondamentale sottesa alla decisione si rinviene, infatti, nel rilievo che, in relazione al primo contratto, la società non aveva dato la prova che nei periodo in cui la V. era stata assunta s’era verificato un incremento dell’attività lavorativa non affrontabile se non con l’assunzione a tempo determinato. Rispetto a tale assunto motivazionale, rimasto sostanzialmente incensurato, l’argomentazione oggetto di censura al punto 2, pur non priva di valenza logica ai fini del ragionamento volto a escludere la ricorrenza delle esigenze stagionali, assume un rilievo di contorno, essendo volta solo a corroborare la correttezza della decisione. Allo stesso modo, in forza del richiamato nucleo fondante la decisione, non assume rilevanza il dedotto vizio motivazionale, poichè la relativa censura non investe un punto controverso connotato da decisività.

4. Deduce, ancora, la ricorrente omessa e insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); sulla mancata ammissione dei mezzi istruttori preordinati a provare la legittimità del comportamento aziendale in ordine all’assunzione a tempo determinato della V.. Censura la sentenza nella parte in cui non ha ammesso i mezzi di prova richiesti dalla società, pur avendo quest’ultima formulato sin dal primo grado richiesta rituale al riguardo e trattandosi di mezzi idonei a provare la legittimità del comportamento aziendale.

4.2. Il motivo è infondato, giacchè la Corte ha fornito adeguata spiegazione riguardo al carattere non decisivo delle prove richieste, in concreto non specificamente contestato mediante adeguato supporto in termini di allegazione documentale a mente dell’art. 369 c.p.c., n. 4 e specifica indicazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, anche con riferimento all’ubicazione delle richieste medesime nel fascicolo processuale.

5. Deduce, ancora omessa e insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); assunzione a termine per ragioni di carattere sostitutivo. Rileva che con il D.Lgs. n. 368 del 2001 non è più necessaria l’indicazione del lavoratore sostituito e che, pur non avendo la società indicato tale nominativo, le ragioni di carattere sostitutivo che avevano di volta in volta determinato il ricorso ai contratti a termine erano facilmente verificabili attraverso le indicazioni contenute nei contratti, quali l’inquadramento e le mansioni della lavoratrice corrispondenti a quelle del personale assente, le ragioni dell’assenza, la sede di lavoro, il periodo lavorativo.

5.1. Il motivo è inammissibile in ragione della sua stessa formulazione, poichè la ricorrente prospetta un ragionamento presuntivo su basi estremamente generiche, senza indicare in maniera sufficientemente specifica gli elementi in forza dei quali sarebbe possibile evincere le esigenze sostitutive prospettate.

6. Deduce, infine, la ricorrente violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 applicabile ratione temporis e violazione dell’art. 421 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Rileva che lo ius superveniens costituito dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5 ha reso irrilevante ogni questione sulla mora accipiendi in caso di conversione del contratto a termine, prevedendo una tutela risarcitoria quantificata secondo parametri diversi.

6.2. Il motivo è fondato. Alla luce della previsione di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 7 le disposizioni di cui al comma quinto, le quali prevedono la commisurazione del risarcimento a un importo compreso tra 2,5 e 12 mensilità avuto riguardo all’ultima retribuzione globale di fatto, trovano applicazione a tutti i giudizi pendenti (non così i criteri di quantificazione dell’indennità di cui al D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 28 avendo la nuova disciplina carattere innovativo, anche in considerazione dell’abrogazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5 e 6 ad opera del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 55, comma 1, lett. f), e difettando una specifica disposizione transitoria che ne preveda l’applicabilità ai contratti in corso; sulla questione si veda, tra le altre, Cass. Sez. L, Sentenza n. 17866 del 09/09/2016, Rv. 641013 – 01). Tra i giudizi pendenti rientrano anche i giudizi di cassazione (cfr. Cass. 1409/2012). Neppure può ritenersi intervenuto sul punto il giudicato, in ragione degli effetti connessi all’impugnazione del capo di sentenza attinente all’illegittimità del termine (si veda sul punto Cass. Sez. U, Sentenza n. 21691 del 27/10/2016, Rv. 641723 – 02, che ha affermato il principio in forza del quale “Il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta retroattiva incontra il limite del giudicato, che, tuttavia, ove sia stato proposto appello, sebbene limitatamente al c.p. della sentenza concernente l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, non è configurabile in ordine ai c.p. concernente le conseguenze risarcitorie, legato al primo da un nesso di causalità imprescindibile, atteso che, in base al combinato disposto dell’art. 329 c.p.c., comma 2, e art. 336 c.p.c., comma 1, l’impugnazione nei confronti della parte principale della decisione impedisce la formazione del giudicato interno sulla parte da essa dipendente”).

7. In accoglimento dell’ultimo motivo di ricorso la sentenza va cassata, con rinvio al giudice del merito, il quale provvederà a determinare la misura del risarcimento del danno nei termini di cui alla disciplina come sopra precisata, provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta i primi cinque motivi di ricorso, accoglie il sesta, Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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