Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5308 del 06/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5308 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 26594-2016 proposto da:
RUSSOMANNO MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO
RICCARDI;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e
difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO,
ANTONELLA PATTERI;

Data pubblicazione: 06/03/2018

- controricorrente avverso la sentenza n. 3365/2016 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata il 04/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/12/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO

RILEVATO
che, con sentenza del 4 maggio 2016, la Corte di Appello di Napoli
confermava la decisione di primo grado di rigetto della domanda
proposta da Mario Russomanno nei confronti dell’INPS ed intesa al
riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva ai sensi
dell’art. 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992 n. 257 (in relazione al
periodo lavorativo svolto presso la ditta De Simone a decorrere dal
1991, con qualifica di autista chilolitrista);
che, ad avviso della Corte territoriale, era fondata l’eccezione di
decadenza ex art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 e succ. modifiche
sollevata dall’I.N.P.S. essendo pacifico tra le parti che la domanda
amministrativa di rivalutazione contributiva era stata presentata all’INPS
il 25 giugno 2002 mentre il ricorso introduttivo del giudizio risultava
depositato il 3 dicembre 2010;
che per la cassazione di tale sentenza

propone ricorso il

Russomanno affidato a tre motivi cui resiste con controricorso
l’INPS;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.
in cui si dissente dalla proposta del relatore insistendo per

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FERNANDES.

l’accoglimento del ricorso e chiedendo la rimessione della causa alle
Sezioni Unite;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
CONSIDERATO
che con il primo motivo si deduce violazione dell’art.47 del d.P.R. n.

per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto il Russomanno
decaduto dal diritto al beneficio invocato in applicazione
dell’orientamento di questa Corte e di cui al Cass. 19 marzo 2014 , n.
6331, indirizzo questo rispetto al quale viene sollecitata una revisione
anche alla luce delle decisioni delle Sezioni Unite nn. 12718 e 12720 del
29 maggio 2009; con il secondo ed il terzo motivo viene denunciata
violazione e falsa applicazione dell’art. 13 , comma ottavo, della legge n.
257/1992 ( in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)
ricorrendo nella fattispecie de quo i presupposti per il riconoscimento
della rivalutazione contributiva essendo stata fornita la prova della
esposizione qualificata ultradecennale al rischio amianto;

che il primo motivo è infondato in quanto questa Corte nelle plurime
decisioni in cui ha affrontato il problema dell’applicazione a fattispecie
analoghe a quella in esame della decadenza prevista dal d.P.R. n. 639 del
1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4,
convertito nella L. n. 438 del 1992 (cfr. Cass. 3 febbraio 2012, n. 1629
ed in senso conforme Cass. 30 maggio 2012, n. 8650, id. Cass. 14 agosto
2012, n. 14471; Cass. 4 dicembre 2013, n. 27148; Cass. 4 marzo 2014,
nn. 5008 e 5009; Cass. 25 febbraio 2014, n. 4484) ha costantemente
affermato che la decadenza dall’azione giudiziaria trova applicazione
anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto
alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse
promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna
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639/1970 ( in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)

pensione, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge,
anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva
utile ai fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più
favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio
previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. Si è,

avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi
affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n.
12720/2009, poiché ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della
prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei
singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di
determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che,
seppure previsto dalla legge ‘ai fini pensionistici’ e ad essi, quindi,
strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia,
operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri
e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in
base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico. È stato, al
riguardo, così precisato: “È opportuno anche rilevare che dal sistema è
ricavabile l’onere degli interessati di proporre all’istituto gestore
dell’assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del
beneficio per esposizione all’amianto, nonostante incertezze lessicali del
legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)” ed anche chiarito che neppure è
validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a
pensione, in quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte
le singole azioni relativa alla costituzione della posizione contributiva. E
del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento
amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del
beneficio contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi
dubitare, stante i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla
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altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie

legislazione in materia”. A tale orientamento non può validamente
opporsi che la legge n. 257/92 non prevede espressamente la necessità
di presentazione della domanda amministrativa, a differenza di quanto
dispone, con riferimento all’I.N.A.I.L., il d.L. 30 settembre 2003, n.
269, art. 47, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326. Esiste, infatti,

l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di
determinate controversie” – Cass., Sez. Un., 5 agosto 1994, n. 7269 -)
che impone alla parte privata di compulsare ante causarn l’ente erogatore,
cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo
necessario che lasci all’amministrazione uno Jpatium deliberandi di 120
giorni. La tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa
in relazione a tutte le controversie di cui all’art. 442 cod. proc. civ., (nella
materia previdenziale e nell’assistenza sociale; nei confronti sia
dell’I.N.P.S. sia degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia
il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è,
del resto, assolutamente prevalente (cfr. ex ntultis: Cass. 28 novembre
2003, n. 18265; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 24 giugno 2004, n.
11756; Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 30 gennaio 2014, n.
2063; si veda, per l’improponibilità della domanda proposta dal datore
di lavoro nei confronti dell’ente previdenziale, avente ad oggetto il
rimborso di contributi non dovuti ove il giudizio sia stato instaurato
senza la preventiva presentazione della domanda amministrativa, Cass.
21 dicembre 2001, n. 16153);
che, inoltre, la giurisprudenza prevalente di questa Corte ha
ritenuto, poi, che in caso di domanda giudiziale intesa ad ottenere il
beneficio contributivo della rivalutazione per esposizione all’amianto
non possa trovare applicazione la disciplina della decadenza c.d. mobile
(o per ciascun rateo), atteso che in tale tipo di controversia non si tratta
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la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art. 7, (cui è sotteso

di rivalutare l’ammontare di singoli ratei, bensì i contributi previdenziali
necessari calcolare la pensione originaria (cfr. Cass. 19 maggio 2008, n.
12685; Cass. 29 marzo 2011, n. 7138; Cass. 31 maggio 2011, n. 12052,
Cass. 19 aprile 2011, n. 8926; 24 aprile 2012, n. 6382). I suddetti benefici
aggiuntivi, richiesti in via amministrativa, vanno così rivendicati

avvenga per fatto addebitabile all’interessato, quest’ultimo così agendo
non ha perso l’effettività del diritto (nel suo nucleo sostanziale)
riconosciutogli all’art. 38 Cost. – si vedano anche Cass. 3 luglio 2012, n.
11094 secondo cui: “la soggezione del relativo diritto alla decadenza
dall’azione giudiziaria comporta unicamente la non applicazione del più
favorevole sistema di calcolo delle contribuzione versata nel periodo di
esposizione all’amianto e non certo la perdita del diritto alla pensione
che, solo, dovrà essere calcolata in base all’anzianità contributiva
maturata secondo gli ordinari criteri”, nonché le successive Cass. 14
agosto 2012, n. 14471; Cass. 28 maggio 2013, n. 13265; 10 gennaio
2014, n. 436; Cass. 20 gennaio 2014, n. 1028; 17 gennaio 2014, nn. 950,
951 e 952; 2 aprile 2014, n. 7728; 31 luglio 2014, n. 17500; Cass. 13
agosto 2014, n. 17941; Cass. 22 settembre 2014 n. 19876; Cass. 4
febbraio 2015, n. 1999);
che a tali principi si ritiene di dare continuità non avendo il motivo
prospettato argomenti tali da indurre il Collegio a rimettere gli atti alla
sezione ordinaria in pubblica udienza e, tantomeno, alle Sezioni Unite
di questa Corte;
che l’infondatezza del primo motivo assorbe gli altri;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va
rigettato;
che non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio
sussistendo le condizioni per l’esonero del ricorrente dal rimborso a
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giudizialmente entro un termine del tutto ragionevole e, qualora ciò non

norma dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. nel testo risultante a seguito
delle modifiche apportate dall’art. 42 u.c. del D.L. n. 269/2003, conv.
in legge n. 326/2003;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art.

17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013)
trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data
successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035
del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose
successive conformi);

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto del
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2017
idente

13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma

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