Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5307 del 02/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/03/2017, (ud. 08/11/2016, dep.02/03/2017),  n. 5307

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25656-2010 proposto da:

B.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ARBIA 21, presso lo studio dell’avvocato MARINA AGNOLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PILERIO SPADAFORA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA POMPEO MAGNO 23/A, presso lo

studio degli avvocati GIAMPIERO PROIA, GUIDO ROSSI che lo

rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.A. C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 8607/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/12/2009 R.G.N. 5970/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato BOER PAOLO per delega Avvocato SPADAFORA PILERIO;

udito l’Avvocato ROSSI GUIDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso al Tribunale di Roma, l’Avvocato B.A. esponeva che: 1) era dipendente dell’INPS con la qualifica di avvocato in servizio presso l’avvocatura distrettuale della sede di Roma; 2) in attuazione della L. n. 448 del 1998, l’INPS aveva ceduto alla società di cartolarizzazione dei crediti INPS (SCCI) i propri crediti contributivi, con distinti contratti del 29/11/1999, 31/5/2001 e 1817/2002, i quali prevedevano che l’INPS, tramite la propria avvocatura, avrebbe proseguito i giudizi pendenti alla data di cessione; e avrebbe assunto i giudizi pendenti alla data di cessione nonchè, sempre tramite la propria avvocatura, anche la difesa tecnica della società concessionaria; 3) ai sensi del D.M. Tesoro 2 novembre 1999, art. 9 l’INPS avrebbe trattenuto un importo sino al 2% delle somme riscosse e recuperate; tale importo era stato espressamente qualificato (clausola 9, punto 5 del contratto 31/5/2001, nonchè deliberazione INPS n. 89/02) quale corrispettivo per l’attività svolta dall’avvocatura dell’Istituto, prevedendone la distribuzione a ciascun avvocato dell’INPS secondo i criteri di ripartizione degli onorari e competenze ai sensi del D.P.R. n. 411 del 1976, art. 30, comma 2; 4)1′ INPS non aveva tuttavia provveduto al pagamento dei compensi per gli anni 2000-2001-2002; 5) il 4.6.03 era stato stipulato un accordo sindacale col quale si destinava una parte di tali risorse (70%) agli avvocati INPS.

2. Sulla scorta di siffatte premesse l’Avvocato B. chiedeva che l’Inps fosse condannato al pagamento dell’importo specificato nel ricorso.

3. Il Tribunale accolse la domanda e condannò l’Inps al pagamento della somma richiesta oltre interessi legali sino al saldo ed alla refusione delle spese del giudizio.

4. La Corte di Appello di Roma, adita dall’Inps, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda ed ha dichiarato la nullità della domanda di restituzione proposta dall’Istituto appellante, avente ad oggetto le somme pagate al B. in esecuzione della sentenza di primo grado.

5. Avverso tale sentenza l’Avvocato B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre articolati motivi, cui ha resistito l’Inps con, controricorso, spiegando altresì ricorso incidentale, fondato su un unico motivo, rispetto al quale la parte ricorrente porincipale è rimasta intimata.

6. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

7. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 Settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi del ricorso principale.

8. Con il primo e il secondo motivo, il ricorrente denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria ed altresì violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 1998, art. 13, del D.M. 5 novembre 1999, art. 4, (come modificato dal D.M. 2 dicembre 1999, art. 9), nonchè dell’art. 1362 c.c. e ss. e del D.P.R. n. 411 del 1976, art. 30 per avere la Corte di merito ritenuto che nè dal tenore della legge e dei decreti ministeriali nè da quello di alcuno dei contratti di cessione di crediti intervenuti tra l’INPS e S.C.C.I. s.p.a. in data 29.11.1999, 31.5.2001 e 18.7.2002 potesse evincersi la volontà del legislatore o delle parti contraenti di destinare il valore del 2% dei crediti recuperati per il tramite dell’Istituto alla remunerazione dell’attività difensiva svolta dai legali del medesimo. Con il terzo motivo, subordinato, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2 e 40, e art. 1362 c.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, anche ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere la Corte territoriale ritenuto che nemmeno ai contratti collettivi integrativi per il personale dipendente dell’INPS stipulati il 4.6.2003 e il 19.12.2005 potesse attribuirsi valore di fonte del suo diritto.

Sintesi del motivo del ricorso incidentale

9. Con unico motivo il ricorso incidentale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416, 434, 436, 115 e 116 c.p.c. nonchè vizio di motivazione, nella parte in cui l’impugnata sentenza ha dichiarato nulla la domanda di condanna dei ricorrenti alla restituzione delle somme ricevute in forza dei decreti ingiuntivi opposti (recte in esecuzione della sentenza di primo grado) nonostante che tale avvenuto pagamento costituisse circostanza di fatto non solo documentata, ma neppure contestata dagli odierni ricorrenti principali.

Esame dei motivi del ricorso principale.

10. Questa Corte ha già avuto modo di statuire che il rimborso forfettario del 2%, previsto dal D.M. 5 novembre 1999, art. 4 a carico di S.C.C.I. s.p.a., spetta all’INPS e non all’Avvocatura dell’Istituto, trattandosi di compenso per gli oneri complessivamente sostenuti dall’ente per la riscossione dei crediti e non già di competenze dovute per l’attività legale, ai sensi del D.P.R. n. 411 del 1976, art. 30, comma 2, a nulla rilevando la previsione del contratto collettivo integrativo del 4.6.2003, trattandosi di materia estranea alla competenza riservata alla contrattazione integrativa, e ferma, in ogni caso, l’inapplicabilità del contratto collettivo nazionale integrativo del 19 dicembre 2005 in assenza di espressa adesione del dipendente (Cass. n.i 3487/2016, 3826/2016, 54481/2016, 5518/2016, 5572/2016, 7296/2016, 7557/2016, 12826/2016. 3243/2015, 4665/2015).

11. Trattasi di principio cui il Collegio intende dare continuità, resistendo esso a tutte le censure formulate in ricorso in quanto sostanzialmente iterative di quelle già negativamente scrutinate nelle pronunciate citate e nella decisione di questa Corte n. 3826/2016, che, al riguardo, ha per un verso precisato che quando un ente pubblico, a seguito di riesame delle circostanze, modifichi o ritiri l’atto di riconoscimento di un trattamento economico, ritenendolo non dovuto, non esercita alcun potere amministrativo di autotutela, ma pone in essere un atto di organizzazione e gestione del rapporto di lavoro tipico del diritto privato, della cui conformità a diritto si deve giudicare secondo gli stessi principi che governerebbero il giudizio nei confronti di un datore di lavoro privato, e per un altro verso rilevato, con riguardo al caso di specie, che i plurimi motivi di illegittimità che affliggevano la delibera del Consiglio di amministrazione dell’INPS, citata innanzi, rendevano la revoca da parte del Commissario straordinario dell’Istituto un mero atto di conformazione all’ordinamento del pubblico impiego c.d. contrattualizzato, in cui vige il principio inderogabile secondo cui l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi, da stipularsi secondo i criteri e le modalità previste nel titolo 3 del D.Lgs. n. 165 del 2001.

12. La Corte territoriale ha fatto applicazione dei principi sopra richiamati e ha bene spiegato, in maniera chiara e lineare le ragioni del decisum.

13. Va rilevato, con riguardo all’ inapplicabilità del contratto collettivo nazionale integrativo del 19 dicembre 2005, che nella fattispecie in esame è mancata l’espressa adesione dell’ odierno ricorrente e su questa circostanza poggia una delle rationes decidendi della sentenza oggi impugnata, che (cfr pg. 12) ha ritenuto la domanda subordinata fondata sull’accordo del 2005 non solo nuova ma anche infondata per la incontestata manifestazione di volontà dell’Avvocato B. di non volere aderire all’Accordo. Nè vale osservare in questa sede che tale rinuncia sarebbe nulla perchè relativa a diritti indisponibili del lavoratore e preventiva rispetto al loro sorgere, per l’assorbente considerazione che è nella stessa prospettazione attorea l’assunto che il diritto era già sorto per effetto della Delib. n. 89 del 2002, con la conseguenza che esso ben avrebbe potuto costituire oggetto di rinuncia, salva l’eventuale annullabilità dell’atto di disposizione ai sensi dell’art. 2113 c.c. (Cass. 12561/2006).

14. Non sussiste pertanto la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., nè sussiste lesione del principio di parità di trattamento rispetto al personale amministrativo, questione quest’ultima non affrontata dalla Corte territoriale e di cui la ricorrente non deduce i termini e le modalità con le quali essa sarebbe stata introdotta nelle precedenti fasi del giudizio, nel rispetto del principio di autosufficienza (Cass. 23675/2013). In ogni caso la violazione del principio di parità di trattamento non potrebbe essere utilmente invocato su un atto nullo per quanto innanzi evidenziato.

15. Infine, le considerazioni svolte resistono alle osservazioni critiche di parte ricorrente, che nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., ha ripetuto quanto già esposto nel ricorso.

16. Il ricorso principale dunque deve essere rigettato.

17. Esame del ricorso incidentale.

18. L’Inps censura la sentenza per la violazione degli artt. 414, 416, 434, 436, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè per l’omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

19. L’Istituto lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la sua domanda volta ad ottenere la restituzione delle somme versate all’odierno ricorrente in esecuzione della sentenza di primo grado. Trascrive parte del ricorso in appello in cui formula esplicitamente la detta domanda, nonchè le conclusioni con le quali chiede la restituzione della somma (Euro 32.530, 49).

20. Il motivo è fondato. Il tenore letterale del ricorso in appello e le pedisseque conclusioni evidenziano con chiarezza l’ambito della domanda ed il suo petitum: vi è infatti una chiara allegazione da parte dell’Istituto di aver corrisposto all’avvocato ricorrente le somme rivenienti dalla sentenza impugnata e di queste chiede la restituzione. Si è, dunque, in presenza di una domanda chiaramente delineata nel petitum e nella causa petendi, ammissibile nel giudizio di appello in quanto non si tratta di domanda nuova (da ultimo, Cass. 6457/2015). Non è pertanto è condivisibile l’apprezzamento del giudice del merito che ha ritenuta generica tale domanda, ciò che ne avrebbe precluso l’esame nel merito, e, dall’altro, ha sostenuto tale giudizio in ragione di un’omessa specifica documentazione”, così sovrapponendo inammissibilmente, e contraddittoriamente, il profilo relativo alla specificità della domanda – che va valutato ex se, a prescindere dai documenti che la corredano (v. Cass., 27 maggio 2008, n. 13825) – a quello della sua fondatezza.

21. In tale giudizio, inoltre, il giudice dell’appello non ha tenuto conto sia della missiva prodotta in giudizio dall’Istituto, in cui si dà atto che il pagamento sarebbe stato corrisposto con la retribuzione del mese di agosto (v. pag. 55-56 del controricorso), sia del contegno processuale dell’avvocato che, a fronte di tale specifica allegazione, non l’ha specificamente contestata.

22. Deve, pertanto, ritenersi fondata la censura sollevata dall’INPS sotto il profilo dell’omesso esame di “un fatto decisivo della controversia”, consistente nella mancata considerazione da parte del giudice dei detti elementi di fatto (documentazione prodotta e non contestazione) rilevanti ai fini della decisione per la loro incidenza causale, sotto il profilo dell’idoneità ad orientare diversamente la decisione.

23. Il ricorso principale deve pertanto essere rigettato, mentre deve essere accolto il ricorso incidentale, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perchè esamini nel merito la domanda di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado e provveda anche per le spese del presente giudizio.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso principale.

Accoglie il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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