Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5305 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 05/03/2010), n.5305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27051/2008 proposto da:

P.M., titolare della ditta omonima, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIACOBINA Roberto, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PANAMA N. 12, presso lo studio dell’avvocato

COLARIZI MASSIMO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato LACOGNATA Maria (dell’Avvocatura Comunale), giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di TORINO, del 5/7/07, depositata il 02/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

P.M. propone ricorso per cassazione nei confronti del Comune di Torino (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente avviso di accertamento Tarsu, la C.T.R. Piemonte accoglieva l’appello del Comune e, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la legittimità dell’avviso opposto.

L’unico motivo di ricorso (col quale, nonostante si deduca anche motivazione omessa o insufficiente in ordine ad un punto decisivo della controversia, in sostanza si censura la sentenza impugnata innanzitutto per mancanza – ovvero apparenza – della motivazione) è inammissibile.

Giova innanzitutto rilevare, con riguardo alla denunciata mancanza (o apparenza) della motivazione, che il relativo vizio concreta violazione di norme processuali (art. 132 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36) e come tale comporta la necessità della formulazione di un quesito di diritto, nella specie mancante.

Quanto al vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, concernente la mancanza o insufficienza della motivazione rispetto a punti decisivi, giova evidenziare che, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, in relazione alla deduzione di vizio di motivazione, è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. Cass. n. 8897 del 2008), mentre nella specie non si indicano fatti controversi, ma genericamente “questioni” sulle quali la motivazione risulterebbe omessa o insufficiente, di modo che l’ampiezza e la genericità dell’indicazione la rende del tutto inidonea ad assolvere la funzione per la quale è stata prevista.

E’ inoltre da aggiungere che il denunciato vizio di motivazione sembra riguardare, più che l’accertamento dei fatti, le conseguenze giuridiche da trarsi da eventuali fatti, e perciò, inammissibilmente, anche (e soprattutto) la motivazione in diritto della sentenza impugnata.

E’ infine appena il caso di evidenziare che la censura risulta priva di autosufficienza e carente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, per mancata indicazione e mancato deposito degli atti e dei documenti sui quali il ricorso è fondato, essendo da precisare che la norma da ultimo citata non distingue tra i vari tipi di censura proposti, e prevede il deposito non solo di documenti o contratti, ma anche di atti processuali, dovendo tali atti e documenti essere specificamente e nominativamente depositati unitamente al ricorso e nello stesso termine, non rilevando a tal fine la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti e documenti contenga), se tale deposito non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo, senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato.

3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 600,00 di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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