Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5303 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 05/03/2010), n.5303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26544/2008 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCIANO

ZUCCOLI N. 47, presso lo studio dell’avvocato MARIA GIOVANNA TALIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato INZILLO Mario Agazio, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTEGIORDANO (CS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 21/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di CATANZARO, del 7/3/07, depositata il 03/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. F.D. propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti del Comune di Montegiordano (che è rimasto intimato) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento in rettifica ICI, la C.T.R. Calabria confermava la sentenza di primo grado (che aveva rigettato il ricorso del contribuente).

2. I due motivi di ricorso (coi quali si deduce omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.) risultano inammissibili innanzitutto per difetto di autosufficienza e violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, dovendo aggiungersi che il ricorso sarebbe in ogni caso improcedibile ex art. 369 c.p.c., n. 4.

Invero, dalla sentenza impugnata non risultano i motivi e le eccezioni sui quali i giudici d’appello avrebbero omesso di pronunciarsi, pertanto il ricorrente avrebbe dovuto riportare in ricorso il testo di eventuali atti idonei a dimostrare la fondatezza di quanto dedotto nelle censure sopra esaminate, a nulla rilevando che nella specie si denuncino errores in procedendo, atteso che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, per il principio d’autosufficienza del ricorso per cassazione, valido anche nell’ipotesi in cui si denunci violazione di norme processuali, il ricorrente non può limitarsi a specificare solo la singola disposizione di cui denunzia la violazione, ma deve indicare – e riportare – gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti d’operatività di detta violazione (v. tra le altre Cass. n. 6972 del 2005).

In ogni caso, il ricorrente non ha indicato, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, gli atti e documenti (ad esempio l’atto d’appello contenente i motivi negletti o la successiva memoria in cui sarebbe stata proposta l’eccezione di giudicato esterno sopravvenuto) sui quali il ricorso si fonda, ne ha depositato tali atti ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, a norma del quale, insieme col ricorso (e pertanto nello stesso termine previsto dal citato art. 369 c.p.c., comma 1) devono essere depositati a pena di improcedibilità “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

In particolare, per quanto attiene al requisito di cui all’art. 366, c.p.c., comma 1, n. 6, esso postula che nel ricorso sia specificatamente indicato l’atto su cui esso si fonda, precisandosi al riguardo che incombe sul ricorrente l’onere di indicare non solo il contenuto di tale atto, trascrivendolo o riassumendolo, ma anche in quale sede processuale lo stesso risulta prodotto.

L’inammissibilità prevista dalla richiamata norma, in caso di violazione di tale duplice onere, non può ritenersi superabile qualora le predette indicazioni siano contenute in altri atti, posto che la previsione di tale sanzione esclude che possa utilizzarsi il principio, applicabile alla sanzione della nullità, del cosiddetto raggiungimento dello scopo, sicchè solo il ricorso può assolvere alla funzione prevista dalla suddetta norma ed il suo contenuto necessario è preordinato a tutelare la garanzia dello svolgimento della difesa dell’intimato, che proprio con il ricorso è posto in condizione di sapere cosa e dove è stato prodotto in sede di legittimità (v. cass, n. 15628 del 2009).

Per quanto attiene invece alla produzione di cui all’art. 369 c.p.c., n. 4, è da evidenziare che la norma non distingue tra i vari tipi di censura proposti, e prevede il deposito non solo di documenti o contratti, ma anche di atti processuali, con la conseguenza che, anche in caso di denuncia di error in procedendo, gli atti processuali sui quali la censura si fonda devono essere specificamente e nominativamente depositati unitamente al ricorso e nello stesso termine, non rilevando a tal fine la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito del fascicolo di parte (che tali atti contenga), se si tratta di un deposito che non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato.

3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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