Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5302 del 02/03/2017

Cassazione civile, sez. un., 02/03/2017, (ud. 19/07/2016, dep.02/03/2017),  n. 5302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di sez. –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1179-2015 proposto da:

P.P., P.M., P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio

dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI CADEI, per delega in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 171/2013 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 06/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/07/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato Ginevra PAOLETTI per delega dell’avvocato Nicolò

Paoletti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 6/11/2013 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha respinto il gravame interposto dai sigg. P., S. e P.M. in relazione alla pronunzia Trap presso la Corte d’Appello di Milano 5/6/2008, di rigetto della domanda proposta nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze di rivendicazione di parte di terreno di cui al mappale (OMISSIS) intestato al demanio dello Stato.

Rigetto motivato in particolare in ragione della mancata prova della relativa proprietà, stante l’inconfigurabilità dell’usucapione in assenza di un’ipotesi di sdemanializzazione automatica e tacita del terreno de quo, nonchè della mancata prova dell’acquisto per accessione in capo al loro dante causa.

Avverso la suindicata pronunzia del Tsap i P. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione ed errata interpretazione” dell’art. 654 c.p.p., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono non essersi tenuto conto dell’accertamento contenuto nella sentenza definitiva penale (di assoluzione dal reato di invasione di terreni pubblici ex artt. 633 e 639 bis c.p.) n. 24/2004 Trib. Bergamo 10/2/1004 in ordine alla circostanza che trattasi di alveo abbandonato dal torrente Cherio anteriormente al 1960, “come dichiarato dal teste V.C., figlio del precedente proprietario del terreno acquistato dal P.”.

Con il 2 motivo denunziano violazione dell’art. 946 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamentano essersi erroneamente affermata l’inconfigurabilità di una “sdemanializzazione automatica e tacita dei terreni abbandonati per fenomeni di inalveamento”.

Si dolgono non essersi considerato che “il terreno de quo avesse già… perduto il carattere di demanialità in forza di intervenuta accessione ex art. 946 c.c.”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che non risultano dai ricorrenti idoneamente censurate le rationes decidendi sostanziantesi nei rilievi che: a) non può nella specie “comunque operare la sentenza penale nei confronti della P.A., essendo questa rimasta estranea al giudizio penale” (1 motivo); b) “non risulta in alcun modo contestata l’osservazione secondo cui l’atto di acquisto del 1970 non conteneva alcun riferimento al terreno compreso nel mappale n. (OMISSIS)”; c) gli appellanti non hanno “offerto la prova dell’avvenuta accessione proprio in capo al loro dante causa”.

Al riguardo, essi si limitano infatti a dedurre di aver “prodotto copia conforme della sentenza definitiva n. 24/2004 in data 29.1.2004-10.2.2004 del Tribunale penale di Bergamo – sezione Grumello del Monte che ha assolto con formula piena, perchè il fatto non sussiste, il signor P.P. dal reato d’invasione di terreni pubblici (art. 633 e 639 bis c.p.)”; che “il Tribunale avrebbe dovuto obbligatoriamente tenere conto del giudicato penale”; che “una corretta interpretazione degli elementi processuali avrebbe dovuto portare alla conclusione che il terreno de quo avesse già comunque perduto il carattere di demanialità in forza di intervenuta accessione ex art. 946 c.c.”.

A tale stregua, non risulta dai ricorrenti osservato il consolidato principio in base al quale allorquando come nella specie la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità anche del gravame proposto avverso le altre, non potendo le singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, quand’anche fondate, comunque condurre all’annullamento della decisione stessa (v. Cass., 11/1/2007, n. 389) in quanto l’eventuale relativo accoglimento non incide sulla ratio decidendi non censurata, su cui la sentenza impugnata resta pur sempre fondata (v. Cass., 23/4/2002, n. 5902); è dunque sufficiente che, come nel caso, anche una sola delle rationes decidendi su cui si fonda la decisione impugnata non abbia formato oggetto di censura (ovvero sia stata respinta) perchè il ricorso (o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa) debba essere rigettato nella sua interezza (v. Cass., 14/7/2011, n. 15449; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602). Un tanto non già per carenza di interesse, come pure si è da questa Corte sovente affermato (v. Cass., 11/2/2011, n. 3386; Cass., 12/10/2007, n. 21431; Cass., 18/9/2006, n. 20118; Cass., 24/5/2006, n. 12372; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602), quanto bensì per essersi formato il giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata (v. Cass., 13/7/2005, n. 14740. V. altresì Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass., 14/7/2011, n. 15449).

Non può per altro verso sottacersi che non risulta dai ricorrenti osservato nemmeno l’ulteriore principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui il giudicato esterno (il quale è rilevabile d’ufficio) può far stato nel processo solamente laddove vi sia certezza in ordine alla relativa formazione, imprescindibile essendo pertanto che colui il quale ne invoca l’autorità (v. Cass., 19/9/2013, n. 21469; Cass., 24/11/2008, n. 27881; Cass., Sez. Un., 16/6/2006, n. 13916) fornisca la prova al riguardo, mediante la produzione della sentenza munita dell’attestazione di cancelleria ex art. 124 disp. att. c.p.c., in ordine all’intervenuto relativo passaggio in giudicato (v. Cass., Sez. Un., 14/3/2016, n. 4909; Cass., 14/7/2015, n. 14646; Cass., 3/4/2014, n. 7768; Cass., 19/9/2013, n. 21469).

Con particolare riferimento al 1 motivo deve altresì porsi in rilievo come il Tsap abbia nell’impugnata sentenza correttamente osservato che anche in presenza di giudicato penale v’è d’altro canto per il giudice civile la possibilità, e non già l’obbligo, “di esaminare e valutare le prove e le risultanze acquisite nel processo penale”.

A parte quanto già più sopra rilevato in ordine alla mancata prova ad opera degli (odierni ricorrenti ed allora) appellanti in ordine all’avvenuto acquisto per accessione del terreno de quo in capo al loro dante causa, circostanza che avrebbe a loro dire nel caso “dovuto portare alla conclusione” che lo stesso aveva “comunque già perduto il carattere di demanialità”, va infine ulteriormente sottolineato come, diversamente da quanto dagli odierni ricorrenti pure sostenuto, il Tsap non ha invero negato che la sdemanializzazione dei terreni per fenomeni di inalveamento “possa conseguire automaticamente (nella disciplina di cui all’art. 946 c.c. anteriore alla modifica di cui alla L. n. 37 del 1994) all’evento naturale dell’abbandono dell’alveo”, ma ha per converso positivamente accertato ed espressamente affermato che nella specie l’ipotesi della sdemanializzazione tacita non risulta in realtà nemmeno configurabile, per avere la P.A. “al contrario… esercitato le potestà derivanti dall’appartenenza al demanio della particella n. (OMISSIS) sollecitando il pagamento dei canoni di concessione al P.” (altresì evidenziando che “quest’ultimo ha sostanzialmente riconosciuto la natura demaniale dell’area in questione attraverso la formulazione all’amministrazione di richieste che chiaramente denunciavano la consapevolezza, da parte sua, della demanialità dell’area”).

All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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