Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5300 del 05/03/2010
Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 05/03/2010), n.5300
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 26188/2008 proposto da:
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso l’AVVOCATURA COMUNALE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato AVENATI Fabrizio, giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
HOTEL DEI CONSOLI S.R.L., (d’ora in avanti, per brevità, “HDC”), in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
VINCENZO BELLINI N. 4, presso lo studio dell’avvocato RENATO
CLARIZIA, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 140/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA, del 21/6/07, depositata il 19/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1. Il Comune di Roma propone ricorso per cassazione nei confronti della Hotel dei Consoli s.r.l. (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento lei, la C.T.R. Lazio confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso della società).
2. L’unico motivo di ricorso (col quale si deduce violazione di norme di diritto e vizio di motivazione) è inammissibile innanzitutto per inidonea formulazione del quesito di diritto, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la funzione propria del quesito di diritto è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica defila questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con un quesito assolutamente generico in quanto privo di ogni specifità in relazione alla corrispondente “ratio decidendi” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea ad esprimere la rilevanza della risposta al quesito medesimo ai fini della decisione del motivo ed a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v. tra molte altre Cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonchè SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009). Giova peraltro evidenziare che nel quesito in esame si chiede semplicemente a questa Corte di accertare “se sono state violate le disposizioni di legge in materia ed in particolare il D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 5”, laddove, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (v. tra le altre Cass. n. 4044 del 2009 e n. 19769 del 2008), il quesito di diritto prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., a corredo del ricorso per cassazione non può mai risolversi nella generica richiesta rivolta alla Corte di stabilire se sia stata o meno violata una certa norma. Quanto al vizio di motivazione dedotto nel motivo in esame, è da rilevare che la sua esposizione appare assolutamente carente in relazione al secondo comma dell’art. 366 bis c.p.c., a norma del quale è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. Cass. n. 8897 del 2008).
E’ inoltre da aggiungere che il motivo in esame difetta di autosufficienza e che non risultano indicati, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, nè tantomeno depositati, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, gli atti e documenti su cui il ricorso è fondato.
3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010