Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5298 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 05/03/2010), n.5298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22866/2008 proposto da:

LA PREFERITA SNC in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA P.G. DA PALESTRINA 19, presso lo studio

dell’avvocato PROSPERETTI Marco, che la rappresenta e difende, giusta

procura speciale ad litem in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI S. RAFFAELE CIMENA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo

studio dell’avvocato LUCISANO Claudio, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GARAVOGLIA MARIO, giusta Delib. Giunta

Comunale 29 ottobre 2008, n. 56 e giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 58/2006 della Commissione Tributaria Regionale

di TORINO del 28.5.07, depositata il 26/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. La Preferita s.n.c. propone ricorso per cassazione nei confronti del Comune di San Raffaele Cimena (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento TARSD, la C.T.R. Piemonte confermava la sentenza di primo grado (che aveva respinto il ricorso della società).

2. Il primo motivo di ricorso (col quale si deduce violazione e falsa – o mancata – applicazione di norme di diritto) è inammissibile innanzitutto per inidonea formulazione del quesito di diritto, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la funzione propria del quesito di diritto è di far Comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con quesiti assolutamente generici in quanto privi di ogni specifità in relazione alla corrispondente “ratio decidendi” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea ad esprimere rilevanza ai fini della decisione del motivo ed a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v. tra molte altre Cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonchè SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009), essendo peraltro da evidenziare che la formulazione del quesito (se possono essere introdotte, per la prima volta nel giudizio di rinvio, prove non depositate nè tantomeno dedotte nei gradi di giudizio precedenti al giudizio di legittimità) è in ogni caso priva delle specificazioni che consentirebbero una utile risposta e difetta di autosufficienza.

Anche i motivi 2, 3, 4, e 5, coi quali si deduce omessa pronuncia, sono inammissibili per mancata formulazione del quesito di diritto, oltre che per difetto di autosufficienza.

E’ infine appena il caso di rilevare che i dati di fatto presupposti in tutti i motivi in esame -e idonei a far eventualmente emergere la fondatezza dei vizi denunciati- non risultano tutti dalla sentenza impugnata; la ricorrente avrebbe dovuto pertanto riportare in ricorso il testo di eventuali atti e documenti idonei a dimostrare la fondatezza di quanto dedotto nelle censure sopra esaminate, a nulla rilevando che nella specie si denuncino errores in procedendo, atteso che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, anche nel caso in cui venga denunciata la violazione di norme processuali, il ricorrente, in ragione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non può limitarsi a specificare solo la singola disposizione di cui sì denunzia la violazione, ma deve indicare e riportare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti d’operatività di detta violazione (v. tra le altre Cass. n. 6972 del 2005).

In ogni caso, la ricorrente non ha indicato, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, gli atti o documenti sui quali sono fondati i motivi in esame e neppure risulta aver depositato tali atti e documenti ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, a norma del quale, insieme col ricorso (e pertanto nello stesso termine previsto dal citato art. 369 c.p.c., comma 1) devono essere depositati a pena di improcedibilità “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

Come è evidente, la norma non distingue tra i vari tipi di censura proposti, e prevede il deposito non solo di documenti o contratti, ma anche di atti processuali, con la conseguenza che, anche in caso di denuncia di error in procedendo, gli atti processuali sui quali la censura si fonda devono essere specificamente e nominativamente depositati unitamente al ricorso e nello stesso termine, non rilevando a tal fine la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se tale deposito non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato.

3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.400,00 di cui Euro 1.200,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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