Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5297 del 06/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 5297 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: NEGRI DELLA TORRE PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso 24287-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo
studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIR0′, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
4681

GAZIANO ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA BELSIANA 71, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE DELL’ERBA, rappresentato e difeso
dall’avvocato ORONZO DE DONNO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/03/2018

avverso la sentenza n. 638/2012 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 23/10/2012, R. G. N.

686/2010.

R.G. 24287/2013

Premesso
che con sentenza n. 638/2012, depositata il 23 ottobre 2012, la Corte di appello di
Milano ha rigettato il gravame di Poste Italiane S.p.A. e confermato la pronuncia di primo
grado, con la quale il Tribunale di Milano, in accoglimento del ricorso di Angelo Gaziano,
aveva dichiarato la illegittimità del contratto a termine “causale” stipulato dalle parti, in

ragioni di carattere organizzativo connesse all’esigenza di fare fronte alla temporanea
assenza di personale addetto all’attività di sportello, e che era stato preceduto e seguito
da altri due contratti ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis, stesso decreto; pronuncia, con la
quale il giudice di primo grado aveva, inoltre, condannato la società alla riammissione in
servizio del lavoratore e al pagamento delle retribuzioni maturate a decorrere dal luglio
2008 fino alla data di ripristino del rapporto;
– che avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Poste Italiane S.p.A. con
cinque motivi, assistiti da memoria, cui ha resistito il lavoratore con controricorso;

osservato
che il primo e il secondo motivo, con i quali la società ha rispettivamente denunciato la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1 bis, d.lgs. n. 368/2001, in relazione
alla clausola 5 dell’Accordo Quadro di cui alla Direttiva 1999/70/CE, e la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, commi 40 e 43, I. n. 247/2007, in relazione alla medesima
clausola, risultano non conferenti rispetto alla decisione impugnata, che ha comunque
ritenuto non assolto da Poste Italiane, con riferimento al contratto intermedio, l’onere di
specificazione delle ragioni giustificatrici stabilito dall’art. 1 d.lgs. n. 368/2001, rilevando
in particolare come, in conseguenza della ritenuta genericità della causale del termine,
non fosse possibile verificare in concreto la sussistenza di tali ragioni (cfr. sentenza, p. 3,
penultimo capoverso);
– che il quinto motivo, con il quale la società si duole della violazione dell’art. 1419 cod.
civ. (per avere la Corte di appello ritenuto nullo il contratto e non il solo patto relativo al
termine), è infondato alla luce di Cass. n. 7244/2014;
– che risultano invece fondati il terzo e il quarto motivo, da trattarsi congiuntamente in
quanto connessi, con i quali Poste Italiane S.p.A. ha rispettivamente dedotto il vizio di
omessa pronuncia sulla domanda di applicazione dell’art. 32 I. n. 183/2010, malgrado
tale domanda fosse stata espressamente formulata, insieme con quella di condanna alla
restituzione delle maggiori somme percepite dal lavoratore per effetto dell’esecuzione
della sentenza impugnata, e dedotto il vizio di violazione e falsa applicazione della stessa

1

relazione al periodo 22/10/2007 – 29/2/2008, ai sensi dell’art. 1 d.lgs. n. 368/2001, per

norma con riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 I. 15 luglio 1966, n. 604, non contenendo
la sentenza di appello alcuna statuizione in proposito;

ritenuto
conclusivamente che, per effetto dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo di
ricorso, l’impugnata sentenza della Corte di appello di Milano n. 638/2012 deve essere
cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla medesima Corte

183/2010, ai determinando le somme dovute al lavoratore a titolo di indennità risarcitoria
secondo i criteri di cui all’art. 8 I. n. 604/1966, con ogni eventuale conseguenza di ordine
restitutorio

p.q.m.

La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, respinti gli altri; cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello
di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 23 novembre 2017.

in diversa composizione, la quale provvederà a fare applicazione dell’art. 32 I. n.

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