Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5294 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 27/02/2020), n.5294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24172-2018 proposto da:

M.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ENNIO CERIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA;

– intimato –

avverso il decreto n. 1489/2018 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositato il 18/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Campobasso ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dal cittadino pakistano M.Y..

A sostegno della decisione ha affermato:

il ricorrente ha dichiarato di essere fuggito dal Pakistan per aver denunciato il proprio datore di lavoro in quanto trafficante di armi. A causa di questa denuncia i talebani cui era affiliato il suo datore di lavoro erano andati a casa del padre picchiandolo e minacciandolo. Aveva saputo che il suo datore di lavoro aveva corrotto la polizia e che di conseguenza era lui ad essere ricercato. Per queste ragioni si era deciso a fuggire dal suo paese.

Il Tribunale in primo luogo ha rigettato la censura relativa al difetto di traduzione del provvedimento della Commissione in mancanza di una specifica lesione del diritto di difesa. Nel merito ha ritenuto che la vicenda narrata fosse priva di congruenza e molto lacunosa e conseguentemente non ha considerato credibile il richiedente. Nessuna indicazione era stata fornita sull’identità del datore di lavoro e sugli aggressori del padre. Inverosimile doveva ritenersi che si fosse trasferito con i genitori in una zona di confine con l’India ove non avrebbe ricevuto minacce. Infine, non coerente risultava la dichiarazione di aver lasciato il paese per motivi economici. Quanto alla situazione generale del paese, dalle indagini svolte officiosamente è emerso che il Pakistan non versa in una situazione di guerra civile e da fonti del 2018 (Ministero degli Esteri) la violenza terroristica non riguarda la regione di provenienza del ricorrente. Non sono ravvisabili in conclusione i requisiti per il rifugio e tutte le ipotesi di protezione sussidiaria. Quanto alla protezione umanitaria il ricorrente non presenta malattie e on ha legami peculiari nel nostro paese.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero con unico motivo. Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

Nella censura si contesta la mancata attivazione del dovere di cooperazione istruttoria, in particolare in relazione all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed in ordine alla protezione umanitaria, valutando come incompleta e generica l’indagine svolta e riportando in particolare pronunce della medesima Corte d’Appello di segno diverso da quella impugnata.

La censura è inammissibile perchè svolta in modo astratto senza alcuna specifica allegazione contrastante le conclusioni assunte nel provvedimento impugnato. Essa si snoda in una serie di riferimenti giurisprudenziali, prendendo le mosse dalla Corte di Giustizia, ma non colpisce specificamente le rationes decidendi poste a base della decisione.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile. Le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuale del presente giudizio da liquidarsi in Euro 2.100 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Sussistono i requisiti processuali per il versamento dell’ulteriore contributo disposto dalla D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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