Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5290 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. un., 05/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 05/03/2010), n.5290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PAPA Enrico – Presidente di Sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2890/2009 proposto da:

COMUNITA’ MONTANA DEL TITERNO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 79/H, presso lo

studio dell’avvocato LOBIANCO MICHELE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DI MARCO LORETA, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.M., D.P.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 46, presso lo studio dell’avvocato

FRASCAROLI MARCO, rappresentati e difesi dall’avvocato GAGLIARDI

FRANCESCO, per delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

7345/07 del TRIBUNALE di Benevento – Sezione distaccata di GUARDIA

SANFRAMONDI;

udito l’avvocato Francesco GAGLIARDI;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.

Massimo FEDELI, il quale chiede che la Corte di cassazione, a

sezioni unite, dichiari la giurisdizione dell’A.G.A. con le pronunce

di legge.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che D.P.P. e D.P.M., assumendo di essere proprietario, il primo, di un fabbricato e di terreni ubicati nel territorio del Comune di (OMISSIS) ed affittuario, il secondo, di alcuni di detti terreni e precisamente di quelli censiti in catasto al foglio (OMISSIS);

che su detti terreni D.P.M. aveva costruito una stalla per ricovero di animali, ove venivano allevati bovini di razze pregiate per la produzione di latte di elevata qualità;

che detta attività costituiva per il predetto l’unica fonte di reddito;

che con Delib. 28 marzo 2002, n. 35, la G.E. della Comunità Montana del Titerno, con sede in (OMISSIS), aveva approvato il progetto esecutivo dei lavori di costruzione di una rete fognaria e di impianti di depurazione al servizio di alcune località, tra le quali quella denominata (OMISSIS);

che con successiva Delib. 2 agosto 2004, n. 65, era stato approvato il progetto stralcio relativo a detti lavori;

che il progetto indicato prevedeva la realizzazione di un impianto per il trattamento delle acque da rifiuto, che andava a collocarsi per oltre 1.000 metri quadrati sulla p.lla (OMISSIS) di proprietà di D.P.P., concessa in affitto a D.P.M.;

che il realizzando impianto di depurazione era ubicato ad una distanza di soli 52 metri dalla abitazione di D.P.P. e a 25 metri dalla stalla di D.P.M.;

che tale ubicazione violava le norme tecniche generali per la regolamentazione dell’istallazione e dell’esercizio degli impianti di fognatura e depurazione, approvate in data 4.2.77 dal Ministero dei LL.PP., che, tra l’altro, prescrivono per gli impianti di depurazione, che trattino scarichi contenenti microrganismi patogeni e/o sostanze pericolose per la salute dell’uomo, una fascia di rispetto assoluto con vincolo di in edificabilità circostante l’area destinata all’impianto non inferiore ai 100 metri;

che tale illegale ubicazione comportava la violazione di due diritti assoluti, riconosciuti dalla Costituzione, cioè il diritto di proprietà ed il diritto alla salute;

tanto premesso, i predetti chiedevano al Tribunale di Benevento, sezione distaccata di Guardia Sanframondi, di ordinare alla Comunità Montana del Titerno di sospendere immediatamente i lavori di realizzazione dell’impianto di depurazione in funzione del ripristino dello stato dei luoghi, nonchè il riconoscimento di tutti i danni subiti e subendi;

che, costituendosi in giudizio, la Comunità Montana del Titerno eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, assumendo che, vertendosi in materia urbanistica, la causa rientrava nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; nel merito, chiedeva il rigetto dell’avversa domanda, essendo rimpianto da realizzare conforme alle vigenti disposizioni di legge;

che detto giudice, espletata c.t.u., rigettava la richiesta di sospensione dei lavori, ordinando, tuttavia, alla Comunità Montana, a tutela del diritto alla salute, di porre in essere tutti gli accorgimenti indicati nella c.t.u. per evitare danni ai ricorrenti;

che, proposto reclamo cautelare, ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., il Tribunale di Benevento, a parziale modifica dell’ordinanza, imponeva alla Comunità Montana la sospensione dei lavori, ritenendo che il limite di non edificabilità nella fascia di cento metri fosse insuperabile, sussistendo una presunzione di pericolosità per la salute degli impianti costruiti in violazione di tale limite;

che i ricorrenti riassumevano il giudizio di merito davanti al medesimo Tribunale;

che nel corso di detto giudizio la Comunità Montana del Titerno ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione, sostenendo che la causa appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, cui D.P.P. e D.P.M. hanno resistito con controricorso, seguito da deposito di memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che con l’azione proposta dinanzi al giudice ordinario D.P.P. e D.P.M. lamentano la violazione delle distanze legali dall’abitazione del primo e dalla stalla, locata dal primo al secondo, con compressione del diritto di proprietà e del diritto alla salute, per non avere rispettato, nel realizzare un impianto di depurazione in parte su un area di mille metri quadrati, di proprietà del primo e locata al secondo, le norme tecniche generali per la regolamentazione dell’istallazione e dell’esercizio degli impianti di fognatura e depurazione, approvate in data 4/2/77 dal Ministero dei LL.PP. (Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento), le quali statuiscono, tra l’altro, che” per gli impianti di depurazione che trattino scarichi contenenti microrganismi patogeni, e/o sostanze pericolose alla salute dell’uomo, è prescritta una fascia di rispetto assoluto con vincolo di inedificabilità circostante l’area destinata all’impianto. In ogni caso tale larghezza non potrà essere inferiore ai 100 metri”.

che i D.P. sostengono che la norma, che stabilisce la distanza di 100 metri, è una norma ordinata a tutela dei privati, e che, quindi, la P.A., che non rispetta tale norma, lede il patrimonio del privato, esercitando un’attività provvedimentale in assoluta carenza di potere; in tal caso la P.A. assumerebbe la veste di mero autore materiale di illeciti comuni, non essendo il suo comportamento sorretto, nè in via diretta, nè in via mediata, dall’esplicazione di un pubblico potere;

che, quindi, la P.A. avrebbe operato “uno sconfinamento abusivo e/o usurpativo sul terreno” dei D.P. “con conseguente ed indiscutibile lesione di diritti incomprimibili della persona quali il diritto di proprietà ed il diritto alla salute, entrambi lesi dall’agire illegittimo della pubblica amministrazione”; che, quindi, la giurisdizione sulla controversia instaurata contro la comunità montana appartiene al giudice ordinario;

che tale tesi – che si fonda sul presupposto che sui diritti fondamentali protetti dalla Costituzione, in quanto gli stessi non sono degradabili ad interessi legittimi, la P.A. agirebbe sempre in carenza assoluta di potere e, quindi, i comportamenti posti in essere dalla stessa dovrebbero sempre essere valutati, perchè non fondati sull’esercizio di un potere, come attività materiali e di mero fatto, riservate alla esclusiva cognizione del giudice ordinario – non può essere condivisa, trattandosi di una tesi sostenibile allorchè il riparto di giurisdizione si fondava esclusivamente sulla tradizionale bipartizione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, ma non più sostenibile dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificato dalla L. n. 205 del 2000, come emendati (in particolare con riferimento al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, e L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1, lett. b), che rilevano nel caso di specie, atteso che la presente controversia rientra nella materia urbanistica, venendo in considerazione una ipotesi di uso del territorio) dalle sentenze della Corte Costituzionale 28 aprile 2004 n. 204 e 8 marzo 2006 n. 191;

che a seguito della entrata in vigore di detta normativa, in materia di giurisdizione esclusiva non rileva più al fine del riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, la distinzione tra diritti soggettivi ed interressi legittimi, anche se vengono in considerazione diritti Costituzionalmente protetti e non suscettibili di affievolimento ad interessi legittimi, ma (con riferimento a controversie quali quella promossa dai D.P.) la distinzione tra comportamenti riconducibili all’esercizio di pubblici poteri e meri comportamenti, identificabili questi in tutte quelle situazioni in cui “la pubblica amministrazione non esercita – nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici – alcun pubblico potere”;

che, nel caso che ne occupa, non può fondatamente sostenersi che il depuratore realizzato, in parte sul terreno dei D.P. e in violazione della fascia di rispetto, prevista dalla normativa summenzionata, integri un mero comportamento, essendo la realizzazione di tale depuratore operata in attuazione della Delib. del 28 marzo 2002, n. 35, della Giunta Esecutiva della Comunità Montana del Titerno, con la quale è stato approvato il progetto esecutivo dei lavori di costruzione di una rete fognaria e di impianti di depurazione al servizio di alcune località, e della successiva delibera del 2.8.2004, con la quale è stato approvato il progetto stralcio relativo alla esecuzione di detti lavori, delibere che costituiscono indubbiamente espressione di potestà pubblica, atteso che la comunità montana, che le ha adottate, è un ente pubblico non economico, come si evince dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 27, (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), il quale dispone che “le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani…. ” e l’opera in questione risponde a finalità di pubblico interesse; che, pertanto, anche nella presente controversia trova applicazione il principio, già affermato da questa Suprema Corte (cfr. Cass. n. 27187 del 2007, resa a sezioni unite), secondo cui anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.) – allorchè la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A. di cui sia denunciata la illegittimità, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come quella della gestione del territorio – compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie in ordine alla sussistenza in concreto dei diritti vantati, al contemperamento o alla limitazione di tali diritti in rapporto all’interesse generale pubblico all’ambiente salubre, nonchè alla emissione dei relativi provvedimenti cautelari, che siano necessari per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti;

che, pertanto, la presente controversia spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo;

che, essendo stata detta controversia, introdotta di fronte al giudice ordinario, le parti vanno rimesse dinanzi al TAR territorialmente competente;

che la particolarità della questione costituisce motivo per la integrale compensazione delle spese giudiziali dell’intero giudizio.

PQM

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; rimette le parti dinanzi al TAR territorialmente competente; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

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