Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5286 del 18/02/2022
Cassazione civile sez. trib., 18/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 18/02/2022), n.5286
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. r.g.5377/2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i
cui uffici in Roma, via dei Portoghesi 12 è elettivamente
domiciliata.
– ricorrente –
contro
D.S.R., elettivamente domiciliati in Roma, via Fusco n.
104 presso lo studio dell’Avv. Federico Antignani e rappresentato e
difeso per procura a margine del ricorso dall’Avv. Luca Costantini.
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 426/39/13 della Commissione
tributaria regionale del Lazio-sezione distaccata di Latina,
depositata il 18.7.2013;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Roberta
Crucitti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Basile Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avv. Luca Costantini.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate propone ricorso, su tre motivi, nei confronti di D.S.R., che resiste con controricorso, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, rigettandone l’appello, aveva confermato la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso, proposto dal contribuente, avverso l’avviso di accertamento, relativo a I.R.PE.F., I.V.A. e I.R.A.P. dell’anno di imposta 2005, emesso in applicazione degli studi di settore.
Il Giudice di appello – premesso che lo scostamento dai risultati dell’applicazione dello studio di settore deve testimoniare una grave incongruenza, come previsto dal D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies – riteneva che l’Ufficio dovesse evidenziare, nella motivazione dell’atto impositivo, che l’importo dei ricavi non dichiarati fosse di notevole entità, mentre, nel caso in esame, la percentuale dello scostamento era di lunga inferiore al 30%. Rilevava, altresì, che l’Ufficio dovesse, anche, approfondire le argomentazioni esposte dal contribuente in sede di contraddittorio.
In prossimità della pubblica udienza il P.M. ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria, allegando sentenza della medesima C.T.R., relativa all’anno di imposta 2004, passata in giudicato.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e – premesso essere pacifico che lo scostamento tra i ricavi stimati, a mezzo studio di settore, e quelli dichiarati era pari a circa il 20 per cento – censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che, al fine di configurare la grave incongruenza, richiesta dalla legge, la percentuale di scostamento tra il dichiarato e l’accertato dovesse superare il 25/30 per cento.
2.Con il secondo motivo si deduce la violazione della stessa disposizione di legge, invocata con il primo motivo, laddove la C.T.R. aveva ritenuto che la motivazione dell’avviso di accertamento non potesse esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma dovesse essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e che l’Ufficio dovesse approfondire le argomentazioni del contribuente esposte nel contraddittorio. Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R., nel confondere l’onere gravante sull’Ufficio di motivare l’applicazione in concreto dello standard prescelto, con l’ipotizzata necessità di raccogliere ulteriori elementi probatori, aveva indebitamente spostato l’onere probatorio in capo all’Ufficio.
3.Con il terzo motivo si denuncia la sentenza impugnata di insufficiente motivazione (o comunque di omesso esame circa un fatto decisivo per la controversia) laddove la C.T.R. aveva omesso di valutare i fatti, emergenti dalla motivazione dello studio, costituiti dalla genericità delle giustificazioni addotte dal contribuente e dalla sussistenza di altri elementi idonei ad avvalorare le risultanze dello studio di settore.
4.Le censure, intimamente connesse, possono trattarsi congiuntamente.
4.1. Appare utile rammentare che, in materia, questa Corte (Cass.,Sez.5 29/03/2019, n. 8854; id. n. 18249 del 24/06/2021) superando il precedente opposto orientamento (tra le altre, Cass., 17/12/2014, n. 26481, 18/10/2017, n. 24621, 31/10/2018, n. 27847) ha statuito il principio, secondo cui la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 23, lett. b), – aggiungendo, in fine alla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 1 l’inciso “qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi” di settore – non ha implicitamente abrogato, con riguardo agli avvisi di accertamento notificati a decorrere dal 10 gennaio 2007 (data di entrata in vigore della L. n. 296 del 2006), il requisito delle “gravi incongruenze” previsto, per gli accertamenti sia delle imposte dirette sia dell’IVA basati sugli studi di settore, dal D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, comma 3 atteso che della L. n. 146 del 1998, art. 10, il suddetto comma 1 anche nel testo modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, continua a fare rinvio al D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies e, quindi, al requisito delle “gravi incongruenze” previsto da tale articolo.
Tale principio – in base al quale, pertanto, il requisito delle “gravi incongruenze”, stabilito dal D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies è richiesto anche per gli avvisi di accertamento, sia delle imposte dirette sia dell’IVA, basati sugli studi di settore, notificati, come nella specie, a decorrere dal 10 gennaio 2007 – trova conferma, come sottolineato dalla stessa Cass., n. 8854 del 2019, anche nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Infatti, con la sentenza 21/11/2018, Fortunata Silvia Fontana contro Agenzia delle entrate, in causa C-648/16 la Corte Europea – nel dichiarare che “la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella (del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62-bis e 62-sexies) oggetto del procedimento principale, che consenta all’Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorrere ad un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d’affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale con imposizione di una maggiorazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), a condizione che tale normativa e la sua applicazione permettano al contribuente stesso, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità nonché del diritto di difesa, di contestare, sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, le risultanze derivanti da tale metodo e di esercitare il proprio diritto alla detrazione dell’imposta, ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo X della direttiva 2006/112, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare” – pur riferendosi espressamente all’IVA, poiché richiama, nella motivazione, oltre al principio di “neutralità fiscale” (proprio di tale imposta), anche il principio di proporzionalità (in particolare, là dove afferma che “tale principio non osta a che una normativa nazionale preveda che solamente a fronte di rilevanti divergenze tra l’importo del volume d’affari dichiarato dal contribuente e quello determinato in base al metodo induttivo, sulla scorta del volume d’affari realizzato da soggetti esercenti la stessa attività del contribuente, possa avviarsi il procedimento di rettifica fiscale”; punto 42), deve ritenersi dichiarare un principio di diritto applicabile anche alle imposte dirette, atteso che il principio di proporzionalità riguarda anche tali imposte, in considerazione della sua correlazione con il principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 Cost..
4.2 In ordine, poi, all’entità della necessaria grave incongruenza questa Corte – che, in passato, aveva ritenuto scostamenti non significativi e, quindi, inidonei a integrare tale requisito di legittimità dell’avviso di accertamento basato sugli studi di settore, quelli, ad esempio, del 4,23% (Cass., 14/07/2017, n. 17486) e del 10% (Cass., 30/01/2019, n. 2637) – ha, peraltro, precisato che “la nozione di grave incongruenza non può essere posta avendo riguardo in via assoluta a precise soglie quantitative fisse sicuramente al di sotto od oltre tale accento di rilievo, invece vivendo la nozione di indici di natura relativa, da adattare a plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività” (Cass., 18/12/2014, n. 26843, 10/11/2015, n. 22946, 30/01/2019, n. 2637, n. 8854 del 2019) e che, al fine di individuare divergenze significative tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore, è possibile anche fare riferimento al D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570 art. 2, comma 1, lett. a), il quale dispone: “ai medesimi fini indicati nel comma 1, le contraddizioni tra le scritture obbligatorie e i dati e gli elementi direttamente rilevati si considerano gravi e rendono altresì inattendibile la contabilità ordinaria degli esercenti attività di impresa, quando: a)i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche, anche parziali…abbiano uno scostamento, rispetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, a condizione che tale scostamento non sia riconducibile a errata applicazione dei criteri di valutazione ovvero di imputazione temporale”. Analogamente al D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1, lett. b), comma 2 si prevede che “tali contraddizioni” si considerano “gravi” quando “non risultano indicati in alcuna delle scritture contabili o, in mancanza dell’obbligo di indicazione nelle stesse, in altra documentazione attendibile, uno o più beni strumentali…il cui valore complessivo sia superiore al 10 per cento di quello di tutti i beni strumentali utilizzati…”(Cass., n. 8854 del 2019 cit.).
4.3 Con riferimento, invece, al contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento si condivide l’orientamento già espresso da Cass., Sez.5, 18/12/2017 n. 30370; id 31/05/2018 n. 13908) secondo cui “in tema di “accertamento standardizzato” mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sé soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente.
4.5 Cosi ricostruito il quadro normativo di riferimento come interpretato da questa Corte il ricorso appare fondato. Alla luce dei principi sopra illustrati (sub 4.2) e’, infatti, fondato il primo motivo, essendo pacifico in atti che, nel caso in esame, lo scostamento rilevato era superiore (circa il 20%) a quello individuato nel D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1, comma 2, lett. b).
Anche il secondo e il terzo motivo sono fondati. Dalla lettura dell’avviso di accertamento, allegato in ossequio al principio di autosufficienza al ricorso (dal quale risulta che la rideterminazione del reddito venne ancorata ad altri elementi oltre al mero scostamento e che non si tenne conto delle giustificazioni fornite dal contribuente perché generiche) è evidente l’erroneità della sentenza impugnata laddove la C.T.R., omettendo l’esame di tali fatti, come emergenti dall’atto impositivo, ne ha dichiarato l’illegittimità in quanto non debitamente motivato.
5.Infine, nessun rilievo ai fini del decidere può, poi, attribuirsi alla sentenza, relativa a diversa annualità, passata in cosa giudicata, allegata dal controricorrente in memoria. Infatti, per giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. Cass. n. 21824 del 07/09/2018; Cass. n. 25516 del 10/10/2019; Cass. n. 31084 del 28/11/2019), nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo, quali quelli oggi in esame.
6. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio/Latina, in diversa composizione, che provvederà al riesame, adeguandosi ai superiori principi e regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio-sez. Latina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022