Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5285 del 18/02/2022
Cassazione civile sez. trib., 18/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 18/02/2022), n.5285
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. r.g.5939/2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i
cui uffici in Roma, via dei Portoghesi 12 è elettivamente
domiciliata.
– ricorrente –
contro
F.LLI M. di M.F. e M. s.n.c., in persona dei
legali rappresentanti pro tempore, M.F. e M.M.,
elettivamente domiciliati in Roma, c.so di Italia n. 19 presso lo
studio dell’Avv. Barbara Santese e rappresentati e difesi per
procura in calce al controricorso dall’Avv. Luca Ciccarelli.
– controricorrenti –
per la cassazione della sentenza n. 1/1/11 della Commissione
tributaria regionale del Piemonte, depositata il 20.1.2011;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Roberta
Crucitti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Basile Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi per la ricorrente l’Avv. Giovanni Palatiello e per i
controricorrenti l’Avv. Barbara Santese, per delega.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Nella controversia originata dall’impugnazione da parte della F.lli M. di M.F. e M. s.n.c., di M.F. e di M. M., rispettivamente, dell’avviso di accertamento, emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e relativo a I.V.A. e I.R.A.P. dell’anno di imposta 2004, a carico della Società, e dei conseguenti avvisi di accertamento, relativi a I.R.PE.F., emessi a carico dei soci, la Commissione tribunale regionale del Piemonte (d’ora in poi C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la prima decisione che, previa riunione, aveva accolto i ricorsi introduttivi, annullando gli atti impositivi.
In particolare, il Giudice di appello, nel condividere la prima decisione, ribadiva che la ricostruzione dei ricavi, operata dall’Ufficio, era viziata da notevoli margini di incertezza e inattendibilità avuto riguardo alla non completa affidabilità degli elementi utilizzati. Riteneva, invece, che l’avvenuta violazione del termine dilatorio fissato dalla L. n. 212 del 2000, art. 12 non comportasse la nullità dell’avviso emesso ante tempus, trattandosi di violazione di carattere formale.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, affidandolo a tre motivi.
La Società e i soci resistono con controricorso.
In prossimità della pubblica udienza il P.M. ha depositato requisitoria, concludendo per il rigetto del ricorso, e i controricorrenti hanno depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Va, preliminarmente, esaminata l’eccezione.
sollevata in controricorso, di inammissibilità del ricorso per tardività. La sentenza impugnata, non notificata, è stata pubblicata il 20 gennaio 2011, mentre il ricorso risulta presentato per la notificazione presso l’Ufficio postale il 25 febbraio 2013. Al ricorso, avendo il giudizio avuto inizio prima dell’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, si applica il previgente disposto dell’art. 327 c.p.c. e, quindi, il termine di un anno e quarantasei giorni (periodo di sospensione feriale).
Nel caso in esame, però, il giudizio riguarda liti definibili ai sensi al D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, conv., con modif., dalla L. n. 111 del 2011 (avuto riguardo ai singoli avvisi di accertamento) con conseguente applicazione dei seguenti principi “In tema di definizione agevolata delle liti pendenti al D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, (conv., con modif., dalla L. n. 111 del 2011), nel caso di impugnazione con unico ricorso di più avvisi di accertamento riferiti a diverse annualità d’imposta, il limite di valore dei 20.000 Euro, secondo le indicazioni della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3, lett. c.), deve essere riferito a ciascuno degli avvisi impugnati, che, quindi, non perde il requisito condonistico di “lite pendente autonoma”, con conseguente sospensione dei termini per la proposizione dell’appello sino al 30 giugno 2012, in forza del citato art. 39″ (cfr. Cass. n. 25036 del 23/10/2017).
Il termine per impugnare iniziò, quindi, a decorrere dal primo luglio 2012 con la conseguenza che la notificazione del ricorso, con spedizione avvenuta il 25 febbraio 2013, deve ritenersi tempestiva e l’eccezione va rigettata.
2. Può, quindi, procedersi all’esame del ricorso. Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate deduce l’omessa motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ovvero “l’inesistenza di maggiori ricavi non dichiarati”. La ricorrente si duole, in particolare, che, nella sentenza impugnata, la C.T.R. si sia riportata, condividendola, alla motivazione della sentenza di primo grado, ritenuta esaustiva, laddove, invece, si trattava di motivazione meramente apparente.
3. Con il secondo motivo, in ipotesi in cui non si dovesse ritenere la motivazione apparente, la ricorrente deduce una motivazione insufficiente, sulla base delle medesime considerazioni e allegazioni di cui al primo motivo.
4.Con il terzo motivo, infine, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 e si censura la C.T.R. per avere annullato integralmente gli atti impositivi, senza esaminare il merito della pretesa tributaria laddove avrebbe dovuto ricondurla, eventualmente, nella corretta misura. In particolare, la ricorrente si duole della circostanza che la C.T.P. prima e la C.T.R., poi, rilevata l’incertezza del metodo ricostruttivo adoperato viziato da un’inesatta determinazione del prezzo medio e della quantità dei prodotti venduti, senza la considerazione degli scarti di produzione, dei prodotti invenduti e dei cali di lavorazione, avrebbero dovuto individuare il prezzo medio applicabile (assumendo al limite quello minore riscontrato tra tutti e determinare eventualmente una diversa e maggiore percentuale di “scarto di produzione, prodotti invenduti e cali di lavorazione”, rispetto a quella del 10% già applicata dall’Ufficio, nel limite di quella richiesta ma non documentata dalla parte (18%).
5. Premesso che al ricorso è applicabile, per essere stata la sentenza impugnata depositata il 20.1.2011, la previgente disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il primo motivo va accolto con assorbimento dei restanti.
La giurisprudenza di questa Corte, infatti, è ferma nel ritenere che si ha nullità della sentenza per motivazione apparente quando la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione, pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (cfr., tra le altre di recente, Cass. n. 13248 del 30/06/2020; id n. 9105 del 2017). E ancora che:” è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame” (cfr. Cass.n. 21037 del 2018; n. 22022 del 2017; n. 112 del 25/10/2018).
5.1.Nel caso in esame, la motivazione del Giudice di appello incorre nella sanzione di nullità in quanto, nel richiamare e condividere apoditticamente le argomentazioni svolte dal primo Giudice, non si confronta in alcun modo con gli specifici e puntuali motivi di appello (riproposti, in ossequio al principio di autosufficienza, in ricorso) formulati dall’Agenzia delle entrate e volti specificamente a contestare il manchevole accertamento in fatto compiuto dal primo giudice.
6.Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte-Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022