Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5285 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 04/03/2010), n.5285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 30172-2008 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 92, presso lo studio dell’Avvocato NARDONE ELISABETTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato LA SPINA GIUSEPPE giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNITA’ MONTANA DEL SUBASIO E DEI MONTI MARTANI, subentrata nei

rapporti attivi e passivi della Comunità Montana del Monte Subasio,

in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. BETTOLO 17, presso lo studio dell’avvocato QUINTARELLI

ALFONSO, rappresentata e difesa dall’avvocato BRIZI VALENTINO giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 435/2008 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, del

21/5/08 depositata il 01/09/2008;

udito per il ricorrente l’Avvocato La Spina Giuseppe che si riporta

agli scritti;

udito per il controricorrente l’Avvocato Quintarelli Alfonso (delega

Brizi) che si riporta agli scritti;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

1. La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza depositata il 1 settembre 2008, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da A.M. contro la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda proposta dall’appellante contro la Comunità Montana Monte Subasio, diretta ad ottenere la promozione automatica nella qualifica di responsabile di settore, per svolgimento delle relative mansioni, e la declaratoria del suo diritto di esplicarle, quale responsabile del quinto settore dell’area tecnica, previa disapplicazione del provvedimento di riorganizzazione degli uffici, in conseguenza del quale dette mansioni gli erano state sottratte.

2. La Corte d’appello ha ritenuto che la domanda proposta dall’ A. avesse ad oggetto il diritto alla qualifica superiore e che rispetto tale domanda quella di accertamento dell’illegittimità della dequalificazione professionale asseritamente subita, proposta dall’ A. in appello, dovesse considerarsi nuova.

3. Questa sentenza è impugnata dall’ A. con ricorso per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 2103 c.c.; artt. 112 e 345 c.p.c.; della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 142 del 1990, art. 51, del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109, della L. 20 marzo 1865, art. 5, art. 2248, all. E. 4. Il motivo si conclude con i seguenti quesiti:

a) se sia dovere del giudice procedere preliminarmente all’interpretazione della domanda per coglierne al di là delle letterali espressioni impiegate dalla parte istante, il contenuto sostanziale;

b) se a tal fine il giudice può avvalersi dei più svariati elementi desumibili, oltre che dalle conclusioni, anche dalla parte motiva e argomentativa dell’atto introduttivo del giudizio e dalle precisazioni via svolte nel corso del procedimento;

c) se il giudice, in sede di interpretazione della domanda possa e debba attenersi ai criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 seguenti codice civile;

d) se e quali siano gli effetti della mancata interpretazione della domanda e, in particolare, se sia ravvisabile l’ipotesi di errore in procedendo, traducendo essa nella violazione dell’art. 112 c.p.c., censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4;

e) se l’erronea interpretazione della domanda possa altresì configurare vizio motivazionale sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

f) se la erronea interpretazione della domanda, cui consegue la declaratoria di inammissibilità del gravame per pretesa violazione del divieto del jus novorum in appello, costituisca violazione dell’art. 345 c.p.c., deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 3;

g) se, nella fattispecie, la comunità montana potesse, senza incorrere nella violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 142 del 1990, art. 51 e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109 ancorchè dotata di potere discrezionale nella riorganizzazione dei propri uffici, effettuare la scelta del responsabile di settore, senza fornire alcuna motivazione di tale scelta, optando nella specie per il dottor N., anzichè per il ricorrente, il tutto come ritenuto dal giudice di primo grado e fatto proprio solo per relationem dalla Corte di Appello di Perugia;

h) se la delibera con la quale viene apoditticamente operata tale scelta sia da considerare illegittima per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, L. n. 142 del 1990, art. 51, e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109 e quindi suscettibile di disapplicazione L. n. 22248 del 1865, ex art. 1005;

i) se il demansionamento scaturito da tale illegittima delibera integri violazione dell’art. 2103 c.c. sanzionabile con il ripristino della posizione antecedente al demansionamento medesimo, con ogni conseguenza di natura patrimoniale.

Il ricorrente fornisce poi a ciascuno dei quesiti una risposta positiva, indicando in taluni casi le decisioni di questa Corte che darebbero fondamento alla soluzione prospettata.

5. La Comunità montana Monte Subasio resiste con controricorso e chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero infondato.

6. Ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione che si concluda con la formulazione di un quesito di diritto in alcun modo riferibile alla fattispecie o che sia comunque assolutamente generico o tautologico. (Cass. Sez. Un. 36/2007; 11210/2008).

7. Genericità e tautologicità, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nella memoria, ex art. 378 c.p.c., ricorrono in tutti i quesiti, dalla lett. a) alla lett. f).

La dimostrazione sta nel rilievo che ad essi si dovrebbe sempre rispondere positivamente, perchè le affermazioni che essi implicano sono sempre vere, in virtù della loro stessa forma, il che, come noto, è il carattere proprio delle tautologie. Esse infatti si risolvono nella mera riproduzione, con lievi variazioni di forma, del contenuto di talune disposizioni di legge o di consolidati principi interpretativi, senza alcun collegamento con gli specifici temi della causa, solo in presenza del quale sarebbe possibile saggiare la concreta rilevanza dei quesiti, uscendo dall’area degli enunciati veri, per quanto appena detto, ma inidonei a dirimere le questioni controverse.

8 I quesiti da g) ad i) prima ancora che (anch’essi) generici, sono del tutto estranei ai termini nei quali il giudice di appello ha deciso la controversia, poichè non sembrano tener conto che la sentenza ha ritenuto inammissibile il gravame per la novità della domanda, questione che nei tre quesiti in esame non si riflette per nulla, mentre, come detto, si riflette in termini assolutamente generici in quelli precedentemente esaminati.

9. In conclusione, il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente alle spese in Euro 20,00 oltre ad Euro 1.800,00 per onorari, nonchè IVA CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

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