Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5282 del 06/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 5282 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: DE GREGORIO FEDERICO

ORDINANZA
sul ricorso 14563-2012 proposto da:
DI FELICE ANGELO DFLNGL47P01H501Q, domiciliato in
ROMA, PIAllA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’ avvocato ANTONIO STROZZIERI, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

2017
3665

AGROALIMENTARE

FRATELLI

MONALDI

S.P.A.

P.I.

1547030443;
– intimata –

Nonché da:
AGROALIMENTARE

FRATELLI

MONALDI

S.P.A.

P.I.

Data pubblicazione: 06/03/2018

1547030443, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. A.
SARTORIO 60, presso lo studio dell’avvocato MARCO
CAMARDA, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIUSEPPE FALACE, giusta delega in atti;

contro

DI FELICE ANGELO DFLNGL47P01H501Q;
– intimato –

avverso la

sentenza n.

D’APPELLO di L’AQUILA,
r.g.n. 116/2011.

1087/2011

della CORTE

depositata il 22/11/2011

– contricorrente e ricorrente incidentale –

adunanza 27-09-17 / r.g. n. 14563-12

ORDINANZA
LA CORTE
visti gli atti e sentito il consigliere relatore, OSSERVA
che con sentenza in data 14 / 21 luglio 2010 il giudice del lavoro di Teramo, pure all’esito di c.t.u.,
condannava la S.p.A. AGROALIMENTARE FRATELLI MONALDI (inizialmente dichiarata contumace
ed in seguito costituitasi tardivamente) a risarcire il danno da infortunio sul lavoro occorso il 20
giugno 2002 all’attore DI FELICE Angelo;
che tale pronuncia veniva impugnata da quest’ultimo in via principale, nonché dalla società in via

novembre 2011, non notificata, in parziale riforma della gravata decisione, condannava la società
convenuta a corrispondere rivalutazione e interessi sulla somma liquidata con la sentenza di primo
grado dal gennaio del 2008 al luglio del 2010 e soltanto gli interessi nella misura legale da
quest’ultima data al soddisfo, nonché alle spese del giudizio;
che avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione DI FELICE Angelo
con atto del 22 maggio 2012 affidato a due motivi (1 0 . insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un fatto decisivo per il giudizio – omesso esame di un fatto decisivo, con particolare
riferimento alla domanda di liquidazione del danno da lucro cessante da invalidità permanente,
richiamando l’anzidetta impugnazione principale, con la quale era stato lamentato

“il mancato

riconoscimento, liquidazione condanna della società resistente al pagamento del lucro cessante da
invalidità temporanea … Se era pur vero che aveva escluso l’incidenza dell’invalidità permanente
sulla capacità lavorativa futura del danneggiato, tuttavia è evidente che nel lungo periodo di
invalidità temporanea sofferto, il ricorrente non aveva di fatto potuto svolgere alcuna attività
lavorativa, pertanto doveva essere necessariamente risarcito del lucro cessante, avendo fornito
sia la prova del reddito da lavoro percepita prima del fatto illecito, sia la prova della durata della
malattia che di fatto aveva impedito lo svolgimento di attività lavorativa. Il giudice di appello
inopinatamente aveva rigettato il motivo di gravame della domanda, sostenendo erroneamente
che non poteva trovare accoglimento invece la richiesta di risarcimento del danno da lucro
cessante, perché avanzata per la prima volta in questo grado. Il fatto, decisivo per la controversia
della mancanza di specifica domanda in primo grado, è smentito dalle risultanze documentali …”.
Infatti, con il ricorso introduttivo del giudizio era stato chiesto anche il ristoro del danno
patrimoniale, a tal uopo richiamando la quantificazione stimata in ragione di 32.177,00 euro, in
relazione al reddito annuo percepito di C 15.000, all’età anagrafica, alla durata dell’invalidità
temporanea, all’incidenza dei postumi invalidanti permanenti nella misura del 15% sulla capacità
lavorativa e alla residua vita lavorativa.
20 . violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., nonché violazione e omessa applicazione
dell’articolo 277 dello stesso codice di rito, evidenziando che alla luce di quanto esposto con
riferimento al primo motivo, non gi’Vel domanda nuova quella relativa all’istanza di
risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante dovuto a causa dell’anzidetta invalidità
temporanea, sicché il giudice adito avrebbe avuto l’obbligo di decidere nel merito su tutte le
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IDG

incidentale, per cui la Corte di Appello de L’Aquila con sentenza n. 1087 in data 10 – 22

adunanza 27409-17 r n 14563-12

domande proposte sulle relative eccezioni definendo il giudizio. L’ingiustificata omissione costituiva
evidente violazione della norma processuale richiamata);
che ha resistito all’impugnazione avversaria la S.p.A. AGROALIMENTARE FRATELLI MONALDI
mediante controricorso, con contestuale ricorso incidentale, instando per la cassazione senza
rinvio della impugnata sentenza e per la riforma della decisione di primo grado, all’uopo
deducendo insufficiente o contraddittoria motivazione per un fatto controverso e decisivo per il
giudizio – erronea applicazione della legge per insussistenza della responsabilità della società
convenuta, laddove l’attore, collaboratore professionale a carattere continuativo della stessa

resistente, però non attiva, come da relativa documentazione, in quanto non ancora consegnata
dalle imprese aggiudicatarie dell’appalto (contratto di fornitura di celle frigorifere in data 30-111999, con lavori di esecuzione appaltati alla COMISOL Impianti S.r.l., che a sua volta aveva
conferito le opere in subappalto il 5 dicembre 2000 alla ITAL M di Tarducci Otello & c. s.n.c. interveniva successivamente circa dieci giorni prima dell’infortunio, per l’installazione e messa a
regime dell’impianto di refrigerazione delle celle, la FRIGO-Tecnica Internazionale S.r.l., il cui
dipendente MARCOZZI, poi, il giorno del sinistro stava eseguendo prove di funzionalità in sala
macchine, chiudendo le porte delle celle ed aveva avvertito i tecnici presenti di non aprirle per non
condizionare la prova di raffreddamento – porte non ancora collaudate dalla ditta fornitrice delle
celle e dalla COMISOL quale installatrice delle stesse). Attesa, dunque, l’erronea applicazione
dell’art. 2087 c.c., stante la mancanza di responsabilità di essa società, la ricorrente incidentale ha
chiesto la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, con conseguente condanna della
controparte alla refusione dell’erogato, pari a euro 157.137,57 oltre accessori, “avendo la
deducente sottratto gli importi erogati al Di Felice all’investimento aziendale” (l’azione penale
promossa dal pubblico ministero presso il Tribunale di Fermo aveva escluso la responsabilità della
resistente in quanto le porte scorrevoli delle celle, di cui all’appalto ancora in corso di esecuzione,
in ossequio all’articolo 33 del decreto legislativo numero 624 del 1994 e dell’articolo 14 d.P.R.
numero 547 dovevano disporre di adeguato sistema di sicurezza, nel caso in esame carente, che
impedisse loro di uscire dalle guide o di capire, omissione imputabile alla ditta fornitrice e a quelle
incaricate da questa dell’esecuzione, essendo ancora in corso l’istallazione. La causa della caduta
della porta manovrata dal Di Felice senza ragione, avendo egli ultimato la sua collaborazione
professionale ed in violazione delle disposizioni impartite dal Marcozzi, che la stava collaudando,
era stata dagli ausiliari tecnici della magistratura inquirente individuata nella insufficienza tecnica
del meccanismo che presenziava all’apertura al movimento della porta, con conseguente
responsabilità delle aziende fornitrici delle celle ed esecutrici della loro messa in opera,
contravvenzionate dall’autorità di prevenzione infortuni sul lavoro, giusta la documentazione
offerta nel corso del giudizio, con esclusione di qualsiasi addebito alla resistente, che non
impiegava la suddetta impiantistica, in quanto non ancora collaudata e non ancora nella propria
disponibilità, non essendo stata riconsegnata l’opera commissionata, come da risultanze
dell’istruttoria penale. Per contro, i giudici di merito nell’applicare l’articolo 2087 c.c. avevano
ipotizzato una sorta di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, mentre nel caso di specie la
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aveva relazionato la vantata pretesa risarcitoria all’infortunio nella nuova unità produttiva della

adunanza 27409-17 / r.g. n. 14563-12

società non avendo ancora la disponibilità dei locali non poteva adottare alcun provvedimento a
tutela delle sue maestranze, che quindi non avevano e non potevano avere accesso ai locali);
che a seguito dei regolari e tempestivi avvisi di rito per l’adunanza in camera di consiglio, fissata
al 27-09-2017, memoria illustrativa è stata depositata soltanto per la società controricorrente ricorrente incidentale, la quale peraltro ha eccepito l’inammissibilità del ricorso avversario per
decorrenza del termine di cui all’articolo 327 c.c., ritenuto nella specie semestrale;

CONSIDERATO
preliminarmente, che l’eccezione di tardività del ricorso per cassazione è palesemente

c.p.c. (siccome modificato dall’art. 46, co. 17, I. 18 giugno 2009, n. 69, poiché dalla
pubblicazione del 22 novembre 2011 i sei mesi scadevano proprio il giorno della notifica del
ricorso, avvenuta il 22 maggio 2012), ma anche perché nella specie operava addirittura il
termine annuale, di cui alla precedente formulazione dell’art. 327, essendo stato il ricorso
introduttivo del giudizio depositato il 14 giugno 2005, secondo quanto dedotto dal ricorrente
Di Felice, circostanza quest’ultima non specificamente contestata

ex adverso da parte

controricorrente (cfr. Cass. I civ. n. 17060 del 05/10/2012: l’art. 46, comma 17, della legge
n. 69 del 2009, che ha abbreviato in sei mesi il termine di proposizione delle impugnazioni ex
art. 327 cod. proc. civ., trova applicazione, ai sensi dell’art. 58, comma primo, della stessa
legge ai soli giudizi iniziati dopo il 4 luglio 2009. Nella specie veniva quindi ritenuta la
tempestività del ricorso per cassazione, notificato nel precedente termine annuale, trattandosi
di giudizio che aveva avuto inizio nel 2003 ed era proseguito in appello nel 2007. Conformi:
Cass. Il civ. n. 6007 del 17/04/2012, secondo cui in particolare è poi irrilevante il momento
dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio. V. parimenti
Cass. Sez. 6 – 5, n. 15741 del 21/06/2013, Sez. 6 – 3 n. 19969 del 06/10/2015, Sez. 6 5 n. 20102 del 06/10/2016);
che, esaminando, quindi, le censure avverso la pronuncia d’appello qui impugnata, in ordine
logico-giuridico va in primo luogo disatteso il ricorso incidentale della società, poiché dalla
lettura della sentenza de qua si evince molto chiaramente come tutte le anzidette doglianze
della AGROALIMENTARE, unitamente alle circostanze dell’incidente, fossero state dedotte a
sostegno dell’allora interposto gravame e quindi debitamente esaminate dalla competente
Corte di merito con adeguata e pertinente motivazione, laddove tra l’altro si dava atto che il
DI FELICE era legato alla società da prestazione coordinata e continuativa, avente ad oggetto
la consulenza tecnica, la cura dei servizi tecnici e produttivi dell’azienda, la verifica dei nuovi
impianti e l’organizzazione della manutenzione;
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che il giorno del sinistro il tecnico della

infondata, visto che non solo non risulta superato il termine semestrale di cui all’art. 327

adunanza 27-09-17 / rg. n. 14563-12

FRIGO-Tecnica Internazionale stava eseguendo le attività come descritte in ricorso, laddove
d’altro canto non risulta smentita la circostanza, pure rilevata nella motivazione della
sentenza d’appello, secondo cui il DI FELICE,

essendo in scadenza il suo incarico, stava

illustrando al suddetto tecnico, il quale avrebbe preso il suo posto, quali sarebbero state le
sue incombenze, facendogli altresì visitare l’azienda,

sicché, ad avviso della Corte

distrettuale, anche a voler ammettere che l’infortunio si fosse verificato per un’impudenza del
DI FELICE, le norme dettate in materia antinfortunistica erano dirette a tutelare il lavoratore

imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che neanche il
concorso di colpa del dipendente ha effetto esimente della responsabilità datoriale, a meno
che il comportamento de/lavoratore non presenti i caratteri della abnormità, inopinabilità ed
esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute; ciò che tuttavia non
poteva dirsi avvenuto nel caso di specie non risultando che la società avesse preso idonee
misure per impedire l’accesso -se non per gli addetti- negli impianti di nuova installazione,
che dovevano essere ancora collaudati, ovvero che avesse impartito precisi divieti di
transitare nell’area delle celle frigorifere, o che comunque avesse reso edotti i lavoratori dei
pericoli relativi ad impianti non ancora collaudati, peraltro non risultava documentazione
attestante la sua assoluzione in sede penale relativamente ai fatti oggetto del contendere;
che in proposito l’anzidetta decisione non può dirsi adeguatamente e ritualmente censurata
da parte della ricorrente incidentale, la quale si duole promiscuamente di un vizio di
motivazione e di una errata applicazione dell’art. 2087 c.c., però omettendo da un lato di
individuare un preciso fatto storico trascurato dai giudici di merito, come tale assolutamente
rilevante ex art. 360 n. 5 c.p.c. (pure nella versione anteriore alle modifiche introdotte dal
legislatore del 2012), mentre d’altro canto assume la violazione dell’art. 2087, ma senza
tener conto di quanto accertato dalla Corte di merito pure riguardo alla presenza nell’occorso
del DI FELICE nei locali aziendali, evidentemente comunque in correlazione alla prestazione
coordinata e continuativa che lo legava alla AGROALIMENTARE, nonché in ordine all’escluso
comportamento abnorme dello stesso collaboratore, visto che la convenuta non risultava aver
adottato idonee misure per impedire l’accesso negli impianti di nuova installazione, ancorché
non ancora formalmente consegnati, né precisi divieti in tal sensi; eN17

-0
che non si pone alcun problema di responsabilità oggettiva, tenutoYaltresì che per effetto
dell’anzidetto rapporto contrattuale (di certo non ancora cessato all’epoca tra le parti) la
prova liberatoria pure in ordine all’elemento soggettivo andava fornita dalla utilizzatrice della

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DG

non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad

adunanza 27-09-17 / r.g. n. 14563-12

prestazione ex art. 1218 c.c., dovendosi inoltre anche richiamare il principio affermato in
materia dalla giurisprudenza di questa Corte (v. più recentemente Cass. lav. n. 9870 del
07/05/2014), secondo cui le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro devono essere
osservate non solo a tutela dei dipendenti, ma anche delle persone estranee, ivi compresi i
soci della società, anche di fatto, datrice dì lavoro, che occasionalmente si trovino sui luoghi
di lavoro (in motivazione:

«Come ha correttamente rilevato la sentenza impugnata

l’apparato normativo relativo alla tutela dei lavoratori e alla sicurezza degli ambienti di lavoro

tassativamente esclusi, e si applica non solo ai lavoratori subordinati ma anche a tutti i
soggetti ad essi equiparati, ivi compresi i soci di società, anche di fatto. Ed infatti il D.Lgs. n.
626 del 1994, art. 2 accoglie una nozione ampia di datore di lavoro, non solo quale soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore ma anche e comunque come soggetto che
secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa ha la responsabilità della medesima o di una
sua unità produttiva. La individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme di
prevenzione deve essere quindi valutata con riferimento alle funzioni concretamente
esercitate. Parimenti ampia è la portata oggettiva degli obblighi di prevenzione e sicurezza
nel senso che le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro devono essere osservate non
solo a tutela dei dipendenti, ma anche delle persone estranee che occasionalmente si trovino
sui luoghi di lavoro. Nel caso di specie la società V**** gestiva un’impresa in luogo aperto al
pubblico, quale era una sala videogiochi e bar, sicché correttamente la sentenza impugnata
ha considerato che soggetti tutelati dalla richiamata normativa sulla sicurezza dei luoghi di
lavoro devono ritenersi essere anche i terzi che, utilizzando le strutture ed i macchinari, si
trovino esposti ai rischi di quello specifico ambiente. …».

Cfr. in senso conforme anche

Cass. III civ. n. 9200 del 30/08/1995, id. n. 2288 del 23/04/1979);
che quindi (cfr. Cass. lav. n. 14468 del 09/06/2017), in tema di responsabilità datoriale ex
art. 2087 c.c., posto che, ai fini del superamento della presunzione di cui all’art. 1218 c.c.,
grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente
stabilite in relazione all’attività svolta, e di aver adottato tutte le misure che, in
considerazione della peculiarità dell’attività e tenuto conto dello stato della tecnica, siano
necessarie per tutelare l’integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza, il vizio
strutturale del macchinario, quale fatto liberatorio, non può prescindere dalla prova
circostanziata, da parte del datore di lavoro, dell’assolvimento dei suddetti obblighi di
protezione specifici (v. pure Cass. lav. n. 21590 del 13/08/2008: la responsabilità del datore

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trova applicazione generalizzata a tutti i settori di attività pubblica e privata, tranne alcuni

adunarria 27-09-17 / r.g. n. 14563-12

di lavoro ex art. 2087 cod. civ. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del
contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell’art. 1374 cod. civ.,
dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale.
Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul
lavoro si pone negli stessi termini dell’art. 1218 cod. civ. circa l’inadempimento delle
obbligazioni, da ciò discendendo che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del
danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l’esistenza

prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui
non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando
tutte le misure per evitare il danno. Conformi Cass. nn. 10441 e 16003 del 2007.
V. ancora Cass. lav. n. 20533 del 13/10/2015, secondo cui in ipotesi di infortunio sul lavoro
non è qualificabile come abnorme il comportamento del lavoratore che intervenga,
nell’esecuzione delle ordinarie mansioni assegnate, su un macchinario per effettuare una
riparazione, qualora ciò sia dettato da una necessità, non solo possibile, ma anche probabile
del procedimento lavorativo, posto che l’obbligo datoriale di proteggere l’incolumità del
dipendente, nonostante l’imprudenza e la negligenza dello stesso, comprende anche la
vigilanza circa l’effettivo rispetto delle misure di protezione predisposte);
che non ha alcuna rilevanza quanto stabilito in sede penale, visto tra l’altro che non risulta in
atti alcuna pronuncia irrevocabile, con valore ed effetti di giudicato per questo processo civile
al riguardo, a favore della ricorrente incidentale (cfr., del resto,

ex plurimis, Cass. lav. n.

4758 del 10/03/2015, secondo cui in applicazione del nuovo codice di procedura penale il
rapporto tra processo civile e penale si configura in termini di pressoché completa autonomia
e separazione, nel senso che, ad eccezione di alcune e limitate ipotesi di sospensione del
giudizio civile, previste dall’art. 75, terzo comma, cod. proc. pen., detto processo deve
proseguire il suo corso senza essere influenzato da quello penale e il giudice civile accerta
autonomamente i fatti e la responsabilità con pienezza di cognizione, senza essere vincolato
alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale, sicché non è tenuto a sospendere il
giudizio in attesa della definizione del processo penale in cui si sia proceduto ad una
valutazione di risultanze probatorie in senso parzialmente difforme);
che, pertanto, va respinto il ricorso incidentale, mentre appare fondato quello principale, le
cui doglianze devono essere esaminate congiuntamente, siccome tra loro evidentemente
connesse, peraltro correttamente qualificabili in termini di error in judicando ex art. 360 co. I
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dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la

adunanza 27-09-17 / r.g. n. 14563-12

n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia derivata da erronea applicazione dell’art. 437 c.p.c., visto
che nella specie alla stregua di quanto dedotto da parte attrice con il ricorso introduttivo del
giudizio non risultava alcuna limitazione dell’azionata pretesa risarcitoria, di guisa che non è
ravvisabile il vizio di novità, ipotizzato dalla Corte distrettuale circa il rivendicato ristoro pure
da lucro cessante con riferimento al danno patrimoniale, dedotto anch’esso con l’atto
introduttivo del giudizio in relazione all’invalidità acclarata con l’espletata c.t.u.,
segnatamente poi con riferimento a quella temporanea, assoluta e parziale (cfr. Cass. III civ.

l’unitarietà del diritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale dell’ordinaria
infrazionabilità del giudizio di liquidazione comportano che, quando un soggetto agisce in
giudizio per chiedere il risarcimento dei danni cagionatigli da un determinato comportamento
del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella
condotta; tuttavia, tale principio non può trovare applicazione quando l’attore “ab initio” o
durante il corso del giudizio abbia esplicitamente escluso il riferimento della domanda a tutte
le possibili voci di danno, dovendosi coordinare il principio di infrazionabilità della richiesta di
risarcimento con il principio della domanda. Ne consegue che, qualora nell’atto di citazione
siano indicate specifiche voci di danno e tra le stesse non sia indicata quella relativa ai danni
materiali, l’eventuale domanda proposta in appello è inammissibile per novità, mentre deve
intendersi abbandonata se precedentemente formulata e non riproposta nella precisazione
delle conclusioni – <<... come questa Corte ha più volte ritenuto (Cass. 26.2.2003, n. 2869; Cass. 5.7.2001 n. 9090), l'unitarietà del diritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale dell'ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione (scaturente dal rispetto dei canoni della concentrazione e della correttezza processuale) comportano che quando un soggetto agisce in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni allo stesso cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta. ...»); che nella specie l'attore nel chiedere la condanna della convenuta al risarcimento integrale del danno, per complessivi 444.492,00 euro, salvo somma maggiore o minore di giustizia, aveva fatto riferimento a tutte le poste indicate nello stesso atto al punto 16, tra cui sub lettera c), il danno patrimoniale ...prudentemente stimato in 32.176,00 euro, di guisa che appare del tutto erronea la novità ipotizzata dalla Corte territoriale, che ha omesso, quindi indebitamente, di pronunciarsi in merito; 7 n. 22987 del 07/12/2004: in tema di risarcimento dei danni da responsabilità' civile, adunanza 27-09-17 / r.. n. 14563-12 che, pertanto, la sentenza impugnata va cassata in parte qua, con conseguente remissione ex art. 384 c.p.c. in sede di merito per l'ulteriore corso di competenza nei sensi anzidetti, occorrendo idonei accertamenti di fatto sul punto, sicché all'esito del giudizio di rinvio si provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità ex art. 385 dello stesso codice di rito. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Cassa, quindi, Corte d'Appello di Roma, anche per le spese. l'impugnata sentenza in relazione al solo ricorso accolto e rinvia, quindi, alla

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