Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5281 del 06/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 5281 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso 11071-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dallavvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega
in atti;
– ricorrenti

contro

2017
3645

SACCO FABIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 434/2012 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 24/04/2012 r.g.n.

Data pubblicazione: 06/03/2018

5764/2012.

RG 11071/2013
RILEVATO
che con sentenza in data 24 aprile 2012, la Corte d’appello di Palermo condannava
Poste Italiane s.p.a. al pagamento, in favore dì Fabio Sacco a titolo risarcitorio, di
un’indennità pari a quattro mensilità di retribuzione e delle retribuzioni maturate dalla

accessori: così parzialmente riformando detta sentenza, che aveva accertato la nullità
del termine apposto al contratto stipulato dalla società datrice, per ragioni sostitutive
ai sensi dell’art. 1 d.Ig. 368/2001, con il lavoratore suindicato per il periodo dal 19
luglio al 18 ottobre 2005 presso l’ufficio di recapito di Palermo Sperone con mansioni
di portalettere, la conversione del rapporto di lavoro subordinato da tempo
determinato a indeterminato e condannato la medesima società al ripristino del
rapporto e al pagamento, in suo favore a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate
dal 2 agosto 2006, detratto

l’aliunde perceptum;

che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ricorreva per cassazione, con atto
notificato il 22 e 30 aprile 2013, con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art.
380 bis 1 c.p.c.; il lavoratore intimato non svolgeva attività difensiva;

CONSIDERATO
che la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, primo
comma, 1175, 1375, 2697 c.c., per l’erronea esclusione della risoluzione del contratto
di lavoro tra le parti per mutuo consenso, in ragione dell’inerzia del lavoratore (di oltre
un anno dalla cessazione del rapporto) nella proposizione della domanda giudiziale, a
fronte della breve durata del rapporto (primo motivo); violazione e falsa applicazione
degli artt. 1, secondo comma, 11 d.lg. 368/2001, 12 disp. prel. c.c., 1362, 1363 c.c.,
per erronea assunzione di genericità della ragione sostitutiva, in difetto
dell’indicazione nominativa del lavoratore sostituito per temporanea inidoneità e della
relativa causale, oltre che di adeguati elementi di collegamento specificativo con
l’ambito territoriale di assegnazione (secondo motivo); violazione e falsa applicazione
degli artt. 5 d.Ig. 368/2001, 12 disp. prel. c.c., 1362 ss. e 1419 c.c., per erronea
applicazione della conversione del rapporto di lavoro subordinato da tempo

sentenza di primo grado (alla cui data aveva liquidato il risarcimento del danno), oltre

RG 11071/2013
determinato (per nullità del termine) a indeterminato, non prevista dal regime
normativo vigente ratione temporis (se non nelle ipotesi stabilite dall’art. 5, secondo e
terzo comma d.Ig. 368/2001) e pertanto in deroga del principio generale in materia di
nullità parziale (terzo motivo);

che, infatti, secondo insegnamento consolidato di questa Corte, cui deve essere
prestata adesione per la sua correttezza, appare inidoneo ad integrare la dedotta
risoluzione contrattuale per mutuo consenso il solo decorso del tempo, in assenza di
circostanze significative di una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di
porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (Cass. 28 gennaio 2014, n.
1780; Cass. 1 luglio 2015, n. 13535; Cass. 22 dicembre 2015, n. 25844), neppure
rilevando il semplice reperimento di altra occupazione, che, rispondendo ad esigenze di
sostentamento quotidiano, non indica la volontà del lavoratore di rinunciare ai propri
diritti verso il precedente datore di lavoro (Cass. 9 ottobre 2014, n. 21310; Cass. 11
febbraio 2016, n. 2732);
che in ogni caso si tratta di una valutazione del significato e della portata del
complesso di elementi di fatto di competenza del giudice di merito (Cass. 13 febbraio
2015, n. 2906) le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non
sussistono vizi logici o errori di diritto (Cass. 4 agosto 2011, n. 16932 con principio
affermato ai sensi dell’art. 360b1s n. 1 c.p.c.)
che ritiene il collegio che il secondo motivo sia invece fondato;
che, infatti, questa Corte reputa, per indirizzo consolidato meritevole di continuità, la
sufficiente specificazione dell’esigenza sostitutiva, nelle situazioni aziendali complesse
in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola persona, ma ad una funzione
produttiva specifica occasionalmente scoperta, dell’indicazione di elementi ulteriori
(quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le
mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto
di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire,
ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la
verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (Cass.

7

che ritiene il collegio che il primo motivo sia infondato;

RG 11071/2013
7 gennaio 2016, n. 113; Cass. 26 novembre 2015, n. 24196; Cass. 12 gennaio 2015,
n. 208; Cass. 1 dicembre 2014, n. 25384; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1577);
che ciò comporta la conseguente legittimità dell’apposizione del termine nel caso in
cui risultino i suddetti elementi individuanti, in base alle indicazioni contenute nel

particolare riferimento alla temporanea inidoneità dei lavoratori sostituiti, secondo la
certificazione medica agli atti della società datrice), alla luce dei suenunciati principi di
diritto invece disattesi dalla Corte territoriale (per le ragioni esposte in particolare dal
terzo capoverso di pg. 4 al quarto di pg. 9 della sentenza);
che pertanto l’esame del terzo motivo è assorbito;
che il ricorso deve allora essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata,
in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità,
alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione;

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo;
cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione
delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa
composizione.

Così deciso nella Adunanza camerale del 26 settembre 2017
Il Presidente
dott. Vincenzo Di Cerbo)

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CORTE SUPREMA DI
111 Sezione

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contratto individuale di lavoro (trascritto a pg. 22 del ricorso del ricorso e con

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