Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5280 del 06/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 5280 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 13240-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3631

BASTONI ELENA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DELLA GIULIANA 85, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO TALLADIRA, rappresentata e difesa
dall’avvocato ANTONIO ROSARIO BONGARZONE, giusta
delega in atti;

Data pubblicazione: 06/03/2018

- controrícorrente

avverso la sentenza n. 4462/2012 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/05/2012 r.g.n.

11430/2007.

R.G. n. 13240/13

RILEVATO
che con sentenza pubblicata il 23.5.12 la Corte d’appello di
Roma rigettava il gravame di Poste Italiane S.p.A. contro la
sentenza 30.11.-28.12.06 con cui il Tribunale della stessa

stipulato dalla società con Elena Bastoni per il periodo 17.7.02
– 30.9102 per «esigenze tecniche, organizzative e produttive
anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di
riorganizzazione, ivi ricom prendendo un più funzionale
riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da
innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione
e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi,
nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17,
18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, 13
febbraio, 17 aprile 2002 congiuntamente alla necessità di
espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie
contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo
estivo>>, accertava la sussistenza d’un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato fra le parti a decorrere dal
17.7.02, con condanna della società a pagare alla lavoratrice
le retribuzioni maturate dalla messa in mora del 9.6.04 e fino
alla sentenza, previa detrazione di quanto percepito in ragione
di altri rapporti di lavoro;
che per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane
S.p.A. affidandosi a quattro motivi.
che Elena Bastoni resiste con controricorso;
CONSIDERATO
che il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 4, comma 2, d.lgs. n. 368/01, 115, 116, 244, 253 e
421 co. 2° cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale
erroneamente dichiarato illegittimo il termine apposto al

sede, dichiarato nullo il termine apposto al contratto di lavoro

R.G. n. 13240/13

contratto de quo per mancanza di specificità della clausola
giustificatrice;

che il secondo motivo prospetta insufficiente motivazione
circa un fatto decisivo e controverso del giudizio e violazione e

proc. civ., per avere erroneamente motivato in ordine alle
risultanze istruttorie del primo grado, che avevano evidenziato
che la ricorrente aveva sostituito presso l’ufficio di Ferentino la
portalettere Mirella Flavi, che a sua volta era stata spostata al
servizio interno, e che, quindi, ciò era avvenuto proprio per
effetto di quel processo di mobilità oggetto della prima
causale indicata nel contratto a termine;

che doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con
il terzo motivo sotto forma di denuncia di vizio di motivazione
e di mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio per meglio
approfondire i fatti rilevanti in causa;

che con il quarto motivo ci si duole di violazione e falsa
applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ.,
per avere la sentenza impugnata negato l’applicabilità del cit.
art. 32 sull’erroneo presupposto che sulle conseguenze
economiche della nullità del termine si fosse ormai formato il
giudicato;

che ritiene il Collegio non conferente il primo motivo rispetto
alla motivazione della sentenza impugnata, che ha affermato
la mancanza di prova delle condizioni di fatto sottese alla
causale medesima, il che – peraltro – costituisce un
apprezzamento di fatto delle risultanze istruttorie non
censurabile in sede di legittimità;

che il secondo motivo si colloca all’esterno dell’area dei motivi
spendibili ex art. 360 cod. proc. civ., poiché in sostanza
sollecita una rivisitazione delle risultanze istruttorie affinché se

falsa applicazione degli artt. 115, 116, 253, 420 e 421 cod.

R.G. n. 13240/13

ne fornisca una diversa valutazione, operazione non
consentita in sede di legittimità;
che analoghe considerazioni valgono in ordine il terzo motivo;
a ciò si aggiunga che non è consentito censurare l’uso (o il

avvalersi dei poteri istruttori d’ufficio per meglio approfondire i
fatti rilevanti ‘ in causa (peraltro, il ricorso non trascrive’
nemmeno il passaggio dei propri atti defensionali in cui
avrebbe sollecitato l’esercizio di tali poteri);
che è invece fondato il quarto motivo, dovendosi a riguardo
seguire la sentenza n. 21691/16 delle S.U. di questa S.C., che
ha statuito che una censura ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
può concernere anche la violazione di disposizioni emanate
dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove
retroattivamente applicabili anche ai giudizi in corso (come
l’art. 32 cit.: cfr., per tutte, Cass. n. 6735/14), atteso che il
ricorso per cassazione ha ad oggetto non l’operato del giudice,
ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento
giuridico;
che, dunque, ben può chiedersi l’applicazione anche in sede di
legittimità dello ius superveniens intervenuto dopo la sentenza
impugnata e, a fortiori, intervenuto nelle more del giudizio
d’appello (come accaduto nel caso di specie), con l’unico
limite, non verificatosi nella vicenda in esame, di intervenuto
passaggio in giudicato della statuizione relativa alle
conseguenze economiche dell’accertata nullità della clausola di
apposizione del termine (passaggio in giudicato da escludersi
essendo ancora sub iudice la questione relativa alla validità
del termine);
che, in conclusione, accolto il quarto motivo e rigettati i primi
tre, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con

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mancato uso) del potere discrezionale del giudice di merito di

R.G. n. 13240/13

rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in
diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare
l’indennità spettante all’odierna intimata ex art. 32 cit. per il
periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia

ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. n.
14461/15);

P.Q.M.
accoglie il quarto motivo, rigetta i primi tre, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte
d’appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di
provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella Adunanza camerale del 26.9.2017.
Il Presidente
Dott. Vincenzo Di Cerbo

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del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la

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