Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5274 del 01/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 01/03/2017, (ud. 23/11/2016, dep.01/03/2017),  n. 5274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18931-2014 proposto da:

A.L. C.F. NCNLCU62R09L182S, domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato VITTORIO MESSA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

SANPAOLO INVEST SOCIETA’ DI INTERMEDIAZIONE MOBILIARE S.P.A.;

– intimata –

Nonchè da:

SANPAOLO INVEST SOCIETA’ DI INTERMEDIAZIONE MOBILIARE S.P.A. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIANNONE PIETRO

27, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BURIGANA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO MARIA

GRASSIA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

A.L. C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato VITTORIO MESSA, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 10527/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/01/2014 R.G.N. 7511/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA;

udito l’Avvocato GRASSIA FRANCESCO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 15 gennaio 2014, la Corte d’Appello di Roma, investita in sede di gravame della pronuncia sui procedimenti riuniti relativi, l’uno all’opposizione proposta dalla Banca Sara Banca della Rete S.p.A. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da A.L. per il credito provvigionale maturato nei confronti della Banca con la quale intratteneva un rapporto di agenzia, l’altro relativo all’impugnativa del recesso per giusta causa al medesimo agente intimato dalla Banca ed alla condanna della stessa alla liquidazione delle indennità connesse alla cessazione del rapporto e di altre partite creditorie dal medesimo vantate, confermava la decisione resa dal Tribunale di Tivoli e rigettava tanto l’opposizione della Banca, che all’epoca aveva assunto la denominazione di San Paolo Invest Società di Intermediazione Mobiliare S.p.A., quanto la domanda proposta da A.L., unitamente a quella nel medesimo giudizio proposta in via riconvenzionale e ribadita con appello incidentale dalla Banca, relativa al risarcimento del danno derivante dalle condotte integranti la contestata giusta causa, quantificato in misura pari al preavviso richiesto dall’agente.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto da un lato, sussistente il credito provvigionale azionato dall’agente e dall’altro, parimenti sussistente l’invocata giusta causa di recesso (in relazione alla condotta addebitata consistita nell’aver ripetutamente inviato ad un cliente degli estratti conto non veritieri in quanto riportanti un saldo inferiore rispetto a quello reale) con conseguente disconoscimento del diritto alle indennità di fine rapporto. nonchè non dedotta la causa petendi di parte delle ulteriori pretese creditorie avanzate, per il resto non provate e, di contro, non sorretta da adeguate allegazioni e prove la domanda risarcitoria della Banca.

Per la cassazione di tale decisione ricorre A.L., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso la San Paolo Invest Società di Intermediazione Mobiliare S.p.A., che, a sua volta, propone ricorso incidentale articolato su un unico motivo, cui resiste, con controricorso, l’ A..

La Banca ha poi presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente A. nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., lamenta l’erroneità della conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale in ordine alla ricorrenza dell’invocata giusta causa di recesso, inficiata dal travisamento dell’unico addebito rivolto dalla Banca mandante all’agente (non avendo più la prima fatto alcun riferimento ad ulteriori violazioni a carico della clientela, il cui accertamento era pur stato preannunciato per lettera all’agente), che sarebbe consistito nell’invio al cliente di rendicontazioni non “inferiori”, come convintamente affermato e ribadito dalla Corte stessa, bensì “superiori” all’effettivo saldo giacente presso la Società di intermediazione. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., si contesta alla Corte territoriale il maturato convincimento circa l’attendibilità del cliente escusso quale unico teste in giudizio, a fronte dei rapporti negoziali intercorsi tra il teste medesimo e la Società di intermediazione, per aver questi concluso tra loro una transazione nell’imminenza della chiamata a testimone ed a fronte della mancata contestazione da parte del cliente stesso degli estratti conto periodicamente pervenutigli, in difetto della quale gli stessi risultano inoppugnabili sotto il profilo contabile.

Il terzo motivo è inteso a denunciare un vizio di motivazione per aver la Corte territoriale fondato il giudizio di inammissibilità della prova richiesta in ordine alle pretese creditorie avanzate dall’agente su un, a suo dire, insussistente difetto di allegazione della causa petendi.

Con l’unico motivo, la Banca ricorrente incidentale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 416 c.p.c., artt. 2697 e 2709 c.c. e art. 61c.p.c., in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, deduce l’erroneità della pronunzia della Corte territoriale in ordine al rigetto della pretesa creditoria azionata già nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’agente, assumendo, in contrasto con quanto ritenuto dalla Corte stessa, di aver puntualmente fornito la prova dell’avvenuta erogazione degli anticipi provvisionali di cui chiedeva la restituzione per effetto della produzione delle relative fatture emesse dall’agente e della mancata contestazione delle stesse da parte del medesimo e comunque di non esservi tenuta per fare le annotazioni contabili a sfavore dell’imprenditore piena prova contro il medesimo.

Passando all’esame del merito del ricorso principale è a dirsi come i primi due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente. risultano del tutto infondati, stante la loro evidente inidoneità allo scopo perseguito di confutare la sussistenza dell’invocata giusta causa di recesso.

In effetti, i dubbi qui sollevati in ordine al travisamento del fatto posto a base dell’intimato licenziamento da parte della Corte territoriale – per aver questa erroneamente individuato il comportamento sanzionato nell’aver il ricorrente reiteratamente inviato al cliente/ di cui la Banca gestiva il portafoglio investimenti/ la comunicazione di un saldo inferiore, anzichè superiore, a quello reale, nonchè sull’attendibilità del teste destinato ad avvalorare il fatto stesso, per essere questi il cliente interessato al quale la Banca aveva da poco accordato una definizione transattiva della sua posizione-non valgono a confutare la realtà del fatto oggetto di contestazione, ovvero la rendicontazione inveritiera della posizione del cliente reiterata per un non breve periodo, che in effetti lo stesso ricorrente non giunge mai a negare espressamente, mentre il giudizio espresso dalla Corte territoriale circa l’idoneità di tale fatto a ledere in via definitiva il rapporto fiduciario tra le parti non è qui neppure fatto oggetto di specifica impugnazione.

Deve, invece, ritenersi inammissibile il terzo motivo atteso che le precisazioni svolte dal ricorrente in questa sede circa i parametri normativi legittimanti le pretese creditorie azionate in via incidentale in sede di gravame non sono idonee ad attestare. come sarebbe stato qui necessario, a fronte del rilievo di mancata specificazione della causa petendi, in base al quale la Corte territoriale ha motivato il rigetto della relativa domanda, che all’assolvimento di quell’onere di specificazione il ricorrente abbia puntualmente e tempestivamente assolto sin dal primo grado di giudizio.

Venendo ora all’unico motivo del ricorso incidentale deve rilevarsi la sua infondatezza, non valendo il riferimento qui operato dalla Società ricorrente alla documentazione contabile in atti ad attestare l’assolvimento dell’onere di allegazione e prova che ad essa incombeva circa la pretesa restitutoria azionata, atteso che, se pure dovesse ritenersi comprovata l’erogazione del trattamento provvigionale minimo garantito, resterebbe il fatto che la Società avrebbe dovuto assolvere l’onere di allegare e provare il residuo dovuto dall’agente rispetto a quanto di sua spettanza per averlo maturato in virtù dell’ordinario criterio di calcolo, cosa che non è riscontrabile. secondo quanto correttamente ritenuto dalla Corte territoriale.

Entrambi i ricorsi vanno dunque rigettati legittimandosi così la compensazione tra le parti delle spese di lite che qui si dispone.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2017

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