Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5272 del 04/03/2010
Cassazione civile sez. I, 04/03/2010, (ud. 26/11/2009, dep. 04/03/2010), n.5272
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 28031/2007 proposto da:
D.I.G., + ALTRI OMESSI
elettivamente domiciliati in ROMA,
V.LE PINTURICCHIO 21, presso lo studio dell’avvocato ABBATE
Ferdinando Emilio, che li rappresenta e difende, giuste deleghe in
calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimata –
avverso il decreto nei procedimenti iscritti ai nn. 54972, 54973,
54974, 54975, 54976, 54977, 54978, 54979, 54980 dell’anno 2005
R.G.A.D. della CORTE D’APPELLO di ROMA del 20/03/06, depositato il
15/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
26/11/2009 dal Consigliere RelatoreDott. ANTONIO DIDONE;
udito l’Avvocato Rossana Tebaidi, (delega avvocato Ferdinando Emilio
Abbate) , difensore dei ricorrenti che si riporta ai motivi scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. MARCO PIVETTI che conferma
la relazione scritta.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “Con decreto depositato il 15 settembre 2006, la Corte di appello di Roma ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a corrispondere a D.J.G. e ad altri ventisei ricorrenti (trascritti nell’epigrafe del provvedimento) la somma di Euro 4.000,00 ciascuno a titolo di equa riparazione in conseguenza della durata – ritenuta non ragionevole in misura di anni quattro anni e mesi quattro – di un giudizio svoltosi danti al T.a.r. del Lazio.
Non si difende la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Osserva:
Il decreto è censurato con tre articolati motivi. Si critica, anzitutto, la liquidazione del danno non patrimoniale, di Euro 75,00 per anno inferiore rispetto ai parametri indicati dalla giurisprudenza europea, con riferimento, peraltro, all’intera durata della causa irragionevolmente protrattasi. Si imputa, quindi, alla corte territoriale di avere liquidato gli interessi con decorrenza dalla data del decreto anzichè dalla domanda. Si censura, infine, la liquidazione delle spese.
Palesemente infondato è il primo motivo, avendo la corte giustificato il marginale discostamento dagli standard europei (Euro 925,00, contro Euro 1.000,00 per anno di ritardo) con la modestia della posta in gioco.
Del pari priva di fondamento si appalesa la censura riguardante il periodo in relazione al quale deve computarsi l’indennizzo (cfr.
Cass. nn. 3716/2008, 8603/2005, 8568/2005, 12808/2003, 16936/2002, 11987/2002).
Fondata appare, di contro, la censura relativa alla decorrenza degli interessi legali, giacchè, per costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 2382/2003, 1405/2004), gli interessi sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione per superamento della ragionevole durata del processo ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, vanno riconosciuti dal momento della domanda azionata dinanzi alla corte d’appello, non già a decorrere dal decreto della corte d’appello.
Ne resterebbe assorbita la censura sulle spese.
In conclusione, ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendo i requisiti di cui all’art 375 c.p.c.”.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
2. – Il Collegio – precisato il nome della prima ricorrente in quello di D.I.G. e così corretto l’errore materiale contenuto nella relazione – reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso nei limiti in essa precisati.
Ravvisandosi le condizioni per la decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., ai ricorrenti vanno attribuiti gli interessi sulle somme liquidate a titolo di indennizzo con decorrenza dalla domanda.
Le spese del giudizio di merito vanno poste a carico della parte soccombente e vanno liquidate complessivamente per i ricorsi riuniti come in dispositivo, secondo le tariffe vigenti ed i conseguenti criteri di computo costantemente adottati da questa Corte per cause similari. Il limitato accoglimento del ricorso, per converso, giustifica la parziale compensazione delle spese del giudizio di legittimità nella misura di 1/2, da porre carico dell’Amministrazione per la parte rimanente.
Spese distratte.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere a ciascuna parte ricorrente gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di indennizzo a decorrere dalla domanda e le spese del giudizio:
che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 7.931,00 per diritti e Euro 5.220,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo determina per l’intero in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010