Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5270 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 26/02/2020), n.5270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33335-2018 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO,

14, presso lo studio dell’avvocato GAETANO VENCO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 52180/2017 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato l’08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

Fatto

RITENUTO

CHE:

G.B., nato in Gambia, con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Milano, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

Egli aveva riferito di appartenere al gruppo etnico mandingo, di professare la religione mussulmana e di avere lavorato come sarto; quanto alle ragioni dell’allontanamento dal Gambia, aveva dichiarato di essere fuggito perchè accusato di rubare l’energia elettrica nel negozio di sartoria, di essere ricercato dalla polizia e di essere stato informato dal suo avvocato che rischiava di essere condannato all’ergastolo.

Il Tribunale, dopo avere proceduto all’ascolto diretto del richiedente, nel valutare le domande, ha ritenuto non credibile il racconto, evidenziandone, con puntuale disamina, la genericità e la contraddittorietà, oltre che le incongruenze intrinseche ed estrinseche.

Sulla scorta di ciò ha escluso la ricorrenza di circostanze che potessero fondare il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Il Tribunale, quindi, ha denegato anche la protezione sussidiaria D.Lgs. cit., ex art. 14, lett. c), perchè, a seguito della consultazione delle informazioni aggiornate sul Paese di origine (rapporto annuale 2017/2018 Africa Gambia Amnesty e sito www.refworld), ha escluso che in detto Paese vi fosse una situazione di violenza e di conflitto armato generalizzato e che l’insediamento del nuovo Presidente Adam Barrow lasciava ritenere possibile un miglioramento nel rispetto e nella garanzia dei diritti civili.

Infine ha respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando che il ricorrente non aveva dedotto, nè tanto meno comprovato una specifica situazione di vulnerabilità soggettiva, nè dimostrato uno stabile radicamento nel territorio italiano, tanto non potendosi desumere da attestati di frequenza scolastica e di un corso di lingua italiana.

Il richiedente propone ricorso articolato in un unico motivo; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo si denuncia la motivazione apparente e la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere applicato il Tribunale il principio dell’onere probatorio attenuato e per non avere valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007; del D.Lgs. cit., art. 14, lett. c), per non aver riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria in una situazione di violenza indiscriminata; ci si duole infine anche del mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che il ricorso non risponde ai requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c., giacchè le doglianze, prospettate in maniera del tutto astratta, non si confrontano affatto con la motivazione e l’iter logico/giuridico seguito nella statuizione impugnata.

Invero, il Tribunale, nell’esaminare le dichiarazioni del richiedente – al cui esame ha proceduto personalmente – in ordine alle ragioni della fuga, non suffragate da prove, è giunto alla pronuncia di non credibilità non solo dopo averle sottoposte ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma dopo avere proceduto anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. n. 21142 del 07/08/2019), con apprezzamento di fatto censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie la motivazione senz’altro possiede i requisiti del minimo costituzionale ed il ricorrente non ha nemmeno denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo, limitandosi a sostenere la veridicità del suo assunto ed a invocare l’applicazione dell’onere probatorio ufficioso.

A quanto premesso, perciò, consegue che non può trovare spazio la deroga al principio dispositivo della prova, giacche “In materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.” (Cass. n. 15794 del 12/06/2019; Cass. n. 27503 del 30/10/2018) e tale ipotesi, per le ragioni esposte, non ricorre nel presente caso.

Ne consegue che la censura per motivazione apparente non coglie nel segno.

Quanto all’insistita doglianza in relazione al timore di essere condannato all’ergastolo, alla gravità del reato contestatogli, alla circostanza che egli sarebbe ricercato in Gambia per il furto di energia elettrica, la stessa è destinata a recedere a fronte della accertata non credibilità del racconto circa le ragioni della fuga.

Anche sotto gli altri profili il motivo, quantunque prospetti delle violazioni di legge, non si confronta affatto con la statuizione impugnata, ma si limita ad invocare in modo generico l’applicazione delle norme ed a riprodurre precedenti giurisprudenziali senza illustrare -con riferimento alla concreta fattispecie – in cosa sia consistita la violazione attribuita al giudicante di merito (Cass. n. 5001 del 02/03/2018; Cass. n. 24298 del 29/11/2016).

In realtà gli stessi appaiono intesi a promuovere una rivisitazione dell’apprezzamento di fatto operato dal decidente di merito, nell’auspicio che una nuova interpretazione dei dati salienti della vicenda possa condurre ad un esito conclusivo del giudizio più favorevole di quello fatto segnare dal Tribunale, senza nemmeno puntualmente contestare quanto accertato in fatto dal giudice del merito, anche in ordine alla carenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese per assenza di attività difensive della controparte.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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