Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 527 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 11/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.11/01/2017),  n. 527

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25396/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SICILIANA METALLI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato

VINCENZO TARANTO, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3324/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE SEZIONE DISTACCATA di CATANIA DEL 13/02/2014, depositata

il 30/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

FATTO DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., Delib. di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, che aveva dichiarato inammissibile il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Catania. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione della Siciliana Metalli s.r.l. avverso l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni, ai fini IVA e IRAP, per l’anno d’imposta 2004.

Nella decisione impugnata, la CTR ha sostenuto la fondatezza dell’eccezione preliminare di inammissibilità del gravame, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, giacchè dalla cartella impugnata non sarebbe emerso alcunchè circa le pretese fiscali poi esplicitate in appello. Ed anche nell’atto di costituzione in primo grado, l’Agenzia delle entrate si sarebbe limitata a ribadire la legittimità dell’iscrizione a ruolo, riservandosi di “opporre, dedurre, motivare e documentare”, come avrebbe preteso di fare solo avanti la CTR.

Il ricorso si basa su tre censure.

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva che il divieto sancito dall’art. 57 cit., colpirebbe le eccezioni in senso proprio e non le mere difese, ossia le ipotesi di “emendatio libelli” che determinerebbero solo precisazioni e modifiche dell’originaria domanda. In sede di redazione dell’atto di appello sarebbero state semplicemente puntualizzate le ragioni dei recuperi trasfusi in cartella, senza ampliare il thema decidendum.

Con il secondo motivo, la ricorrente si duole dell’omessa pronunzia sui motivi di appello dell’Ufficio, ex art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Con il terzo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’intimata ha resistito, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o per il rigetto del ricorso.

Il primo ed il secondo motivo – che possono essere scrutinati congiuntamente, per la loro evidente connessione logica – sono fondati.

La cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione (Sez. 5, n. 28276 del 18/12/2013).

La presenza di tali indispensabili elementi non è stata messa in discussione dalla società contribuente e quindi si deve reputare che essi fossero contenuti nell’atto impositivo notificato.

Ed allora, una volta che si ritenga possibile la motivazione, sia pur sommaria, della cartella, le precisazioni dell’Ufficio, ancorchè intervenute in appello, non possono mai costituire fatti nuovi (Sez. 6-5, n. 11223 del 31/05/2016).

Il terzo motivo resta assorbito.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del grado di cassazione.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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