Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5269 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. I, 25/02/2021, (ud. 27/11/2020, dep. 25/02/2021), n.5269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9656/2019 proposto da:

S.D., difeso dall’avv. Enrico Varali, domiciliato presso

la cancelleria della I sezione civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato. che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2536/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 10.9.2018, ha rigettato l’appello proposto da S.D., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 5.5.2017 che ha rigettato la domanda volta ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria, in subordine, della protezione umanitaria.

Con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) Legge cit., il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato in Senegal.

E’ stata altresì rigettata la richiesta di protezione umanitaria per non essere stati dedotti del ricorrente elementi di vulnerabilità soggettiva.

Ha proposto ricorso per cassazione S.D. affidandolo a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1 e art. 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

Assume il ricorrente che il giudizio della Corte d’Appello di insussistenza di una situazione di violenza generalizzata in Senegal è stato fondato su una consultazione solo parziale ed insufficiente delle COI, non essendo neppure state prese in considerazione le fonti internazionali indicate dallo stesso ricorrente nell’atto di appello.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858 del 31/05/2018).

Nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato, alla luce di fonti internazionali qualificate, l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato in Senegal, soprattutto dopo che nel 2017 ha assunto il potere nel vicino Gambia (confinante con la regione del Casamance del Senegal) il presidente B.A. ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità, se a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. del 12/12/2018 n. 32064).

Ne consegue che le censure del ricorrente, anche con il riferimento a diverse fonti internazionali oltre a quelle consultate dal giudice di merito, sul punto si configurino come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice di merito.

5. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, per non avere la Corte d’Appello esaminato la richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria, adottando una motivazione apparente/inesistente.

Il ricorrente lamenta che la motivazione “che non sono dedotti motivi di vulnerabilità soggettiva del ricorrente…” è priva di contenuto decisorio, dovendosi desumere la condizione di vulnerabilità del richiedente dalla situazione di grave instabilità del Casamance.

6. Il motivo è infondato.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già affermato che pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità, dalla situazione oggettiva di paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza. Infatti, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini sez. 1 n. 4455 del 23/02/2018).

Orbene, nel caso di specie, il ricorrente, come evidenziato dal giudice d’appello la cui motivazione, pur sintetica, soddisfa il requisito del “minimo costituzionale” secondo i parametri della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 8053/2014 – ha correlato la dedotta condizione di vulnerabilità alla situazione generale, senza fornire, neppure in questa sede, elementi individualizzanti legati alla sua situazione personale.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite, essendo le difese del ministero sganciate e quindi non minimamente correlate ai motivi svolti dal ricorrente.

PQM

Rigetta il ricorso.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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