Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5265 del 01/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 01/03/2017,  n. 5265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1712/2016 proposto da:

AVIS BUDGET ITALIA SPA, già AVIS AUTONOLEGGIO SPA (P.I. (OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, P.ZZA COLA DI RIENZO, 92, presso lo studio dell’avvocato

VINCENZO DE NISCO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ELISABETTA NARDONE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE FIRENZE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POLIBIO 15, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE LEPORE rappresentato e difeso dall’avvocato

ANDREA SANSONI, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1996/2015, emessa il 5/06/2015, del TRIBUNALE

di FIRENZE, depositata il dì 08/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE

STEFANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la Avis Budget Italia spa ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza con cui il tribunale di Firenze ha, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarato inammissibile l’opposizione da quella dispiegata avverso una cartella esattoriale per crediti da infrazioni al codice della strada vantati dal Comune di Firenze;

quest’ultimo resiste con controricorso;

la ricorrente deposita memoria e il controricorrente un elenco di ricorsi a questa Corte su tematiche analoghe con la stessa controparte;

Considerato che:

va adottata una motivazione semplificata;

con il primo mezzo è denunciata “violazione ed errata applicazione della legge”, per aver il giudice di appello erroneamente ritenuto, nel caso di specie (in cui si contestava una erronea applicazione dell’art. 196 C.d.S., con omessa notifica del verbale di accertamento della violazione al locatario dell’autoveicolo), inammissibile il ricorso in opposizione ai sensi della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, assumendo che esso sia esperibile solo in mancanza di notificazione del provvedimento sanzionatorio;

col secondo mezzo è dedotta “carenza di motivazione. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Violazione ed errata applicazione dell’art. 196 C.d.S.”;

è peraltro incontestato (e, anzi, ammesso dalla stessa ricorrente, ciò, comunque, costituendo presupposto logico-giuridico della decisione non investito da impugnazione) che il verbale di accertamento della infrazione al codice della strada è stato ritualmente notificato alla Avis e da questa non è stato tempestivamente impugnato, sicchè si tratta effettivamente di opposizione a cartella esattoriale fondata sulla contestazione della titolarità passiva del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, adducendo la società ricorrente che, in forza dell’art. 196 C.d.S., la responsabilità solidale ivi prevista deve gravare sul locatario dell’autoveicolo e non sull’impresa locatrice;

I motivi di censura, ai limiti dell’inammissibilità il primo per dedurre una generica “violazione ed errata applicazione di legge” senza alcuna altra specificazione se non da estrapolare dal corpo stesso della censura, invocano del tutto fuori luogo il principio per il quale colui nei cui confronti è emessa una cartella esattoriale può recuperare la tutela ordinaria avverso l’atto presupposto (oltretutto, nel rispetto del termine concesso per impugnare quest’ultimo) ove deduca essere mancata la notifica di questo;

infatti, un tale principio può trovare logica e giuridica giustificazione solo quando tale omissione riguardi colui che intende agire, solo in tale caso potendo ragionarsi di recupero di attività incolpevolmente omesse;

al contrario, proprio la peculiarità della fattispecie, in cui si pretende di recuperare una tutela omessa per la libera scelta della condotta processuale di non avere mai contestato la ritualità della notifica a se stessi dell’atto che si era onerati di impugnare di persona, esclude l’applicabilità di quel principio;

pertanto, la fattispecie si risolve agevolmente in applicazione del principio in base al quale l’omessa tempestiva impugnazione dell’atto benchè di formazione stragiudiziale o amministrativa – suscettibile di successiva riscossione coattiva comporta l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, principio desumibile chiaramente da alcuni passaggi della motivazione di Cass. Sez. U. 17/11/2016, n. 23397, corrispondenti alla teoria dei cc.dd. titoli paragiudiziali;

non rileva, pertanto, la questione oggetto del contrasto rimesso alle sezioni unite da Cass. ord. 28/10/2016, n. 21957, in ordine alla natura recuperatoria o meno dell’opposizione, visto che nella specie tutto è precluso dalla definitività dell’accertamento del credito dovuta alla mancata tempestiva opposizione avverso i primi atti ritualmente notificati a chi solo oggi se ne duole;

e tanto a tacere del fatto che, una volta formatosi il giudicato (a seguito della reiezione del primo motivo) sull’inammissibilità della proposta opposizione a cartella esattoriale, difetta di interesse l’impugnazione su altra ratio decidendi (peraltro, espressa solo ad abundantiam) resa oggetto di altro profilo del secondo motivo, che non potrebbe mai portare alla cassazione della sentenza impugnata in questa sede;

va pertanto definita corretta la conclusione cui perviene il giudice di appello, che riserva tutti gli argomenti dell’odierna ricorrente all’opposizione avverso il verbale, mancata per libera ma incauta scelta processuale di colei che i verbali si era vista notificare ritualmente;

al conseguente rigetto del ricorso si collegano la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità e – mancando la possibilità di valutazioni discrezionali (Cass. 14/03/2014, n. 5955) – la dichiarazione di ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale di questa.

PQM

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2017

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