Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5262 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. I, 25/02/2021, (ud. 15/07/2020, dep. 25/02/2021), n.5262

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8386/2019 proposto da:

N.A., domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato LIVIO NERI, giusta

procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso l’Avvocatura Generale

dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI MILANO n. 798/2019, depositato il

30.1.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15.7.2020 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

N.A., di nazionalità (OMISSIS) e di etnia (OMISSIS), propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso volto ad ottenere l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento adottato dal Ministero dell’interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo, notificato il 12/6/2018, di trasferimento in Bulgaria in quanto Stato competente a deliberare sulla sua domanda di protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno si è costituito al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo mezzo il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (art. 3, paragrafo 2, comma 2, del Regolamento 604/2013/UE, art. 4 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea) contestando l’affermazione del Tribunale secondo cui il rischio di trattamento inumano o degradante nel paese di prima accoglienza deve essere individualizzato, e lamentando che il Tribunale abbia respinto la domanda sul presupposto che, essendo stato accertato dall’autorità amministrativa, nè contestato dal richiedente, che la Bulgaria fosse lo Stato di primo arrivo, tale Stato aveva riconosciuto la propria competenza, ed inoltre risultava essere un Paese sicuro nel quale non erano ravvisabili particolari motivi che potessero indurre lo Stato italiano ad affermare la propria competenza;

1.2. con il secondo mezzo si lamenta omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativamente alla mancata valutazione da parte del Tribunale circa la reale situazione che il ricorrente andrebbe a vivere in (OMISSIS), Stato in cui sussisterebbero carenze sistemiche nella procedura di asilo e in cui le condizioni di accoglienza dei rifugiati sono tali da rendere fondato il rischio che egli sia ivi sottoposto a trattamenti inumani e degradanti;

1.3. le doglianze, da esaminare congiuntamente, sono fondate;

1.4. l’art. 3 del Reg. (CE) 26/06/2013, n. 604/2013, al paragrafo 2, prevede l’impossibilità di trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente, qualora si abbiano fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;

1.5. il Considerando n. 19 del Regolamento CE 26/06/2013, n. 604/2013 prevede in proposito che “al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito”;

1.6. la Corte di Giustizia UE, con sentenza del 16 febbraio 2017, nella causa C 578/16 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, in tema d’interpretazione dell’art. 3, paragrafo 2, e dell’art. 17, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; “regolamento Dublino III”), dell’art. 267 TFUE nonchè dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ha affermato quanto segue: “L’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea va interpretato nel senso che: anche in assenza di ragioni serie di ritenere che sussistano carenze sistemiche nello Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo, il trasferimento di un richiedente asilo nel contesto del regolamento n. 604/2013 può essere effettuato solo in condizioni in cui sia escluso che detto trasferimento comporti un rischio reale e acclarato che l’interessato subisca trattamenti inumani o degradanti, ai sensi di tale articolo; in circostanze nelle quali il trasferimento di un richiedente asilo, che presenti un disturbo mentale o fisico particolarmente grave, comporterebbe il rischio reale e acclarato di un deterioramento significativo e irrimediabile dello stato di salute dell’interessato, detto trasferimento costituirebbe un trattamento inumano e degradante, ai sensi di tale articolo; spetta alle autorità dello Stato membro che deve procedere al trasferimento e, eventualmente, ai suoi giudici, eliminare qualsivoglia dubbio serio relativo all’impatto del trasferimento sullo stato di salute dell’interessato, adottando le precauzioni necessarie affinchè il suo trasferimento si svolga in condizioni che consentano di tutelare in modo adeguato e sufficiente lo stato di salute di tale persona. Nell’ipotesi in cui, tenuto conto della particolare gravità del disturbo del richiedente asilo interessato, l’adozione di dette precauzioni non sia sufficiente a garantire che il suo trasferimento non comporti il rischio reale di un aggravamento significativo e irrimediabile del suo stato di salute, spetta alle autorità dello Stato membro in parola sospendere l’esecuzione del trasferimento dell’interessato, e questo finchè il suo stato gli renda possibile un trasferimento siffatto, e eventualmente, se dovesse ritenere che lo stato di salute del richiedente asilo interessato non dovrebbe migliorare a breve termine, o che una sospensione di lunga durata della procedura rischierebbe di aggravare lo stato dell’interessato, lo Stato membro richiedente potrebbe scegliere di esaminare esso stesso la domanda di quest’ultimo facendo uso della “clausola discrezionale” prevista dall’art. 17, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013″;

1.7. il Collegio ritiene che, nel caso in giudizio, il Tribunale non abbia espletato correttamente la detta valutazione circa le condizioni di accoglienza dei profughi in Bulgaria e le carenze sistemiche nella procedura di asilo;

1.7. il Tribunale si è limitato ad affermare che “i bassi standards delle condizioni dei centri di accoglienza, l’assenza di adeguati meccanismi di individuazione dei soggetti vulnerabili, l’eliminazione dell’indennità mensile e l’insufficienza delle tutele e delle garanzie per i richiedenti asilo…(erano)… stati dedotti in via del tutto generica…, senza alcun riferimento alle vicende personali del ricorrente”, deducendo inoltre, con riguardo al richiamo di parte ricorrente al report aggiornato di Amnesty International circa “l’uso della forza e il compimento di atti discriminatori da parte delle autorità” bulgare nei confronti dei richiedenti asilo, unicamente come dal racconto del ricorrente “emergesse che la violenza nei suoi confronti da parte della polizia di frontiera era stata esercitata al solo fine di bloccare il suo tentativo di fuga attuato per sottrarsi ai dovuti controlli di frontiera e si era conclusa in quel contesto”;

1.8. il Tribunale ha quindi ritenuto la Bulgaria un Paese sicuro, nel quale non erano ravvisabili motivi che potessero indurre lo Stato italiano ad affermare la propria competenza, basandosi su informazioni, acquisite in forza dei poteri ufficiosi, non aggiornate rispetto all’ultimo report citato, e che attestavano comunque solo il sostegno operativo ed istituzionale fornito dall’EASO alla Bulgaria “per ottimizzare e accelerare le procedure di registrazione e di esame delle domande di asilo, nonchè per incrementare le condizioni di accoglienza”, con adeguato aumento dei “posti letto”;

1.9. manca, tuttavia, un’analisi approfondita, sulla base di riscontri puntali ed aggiornati, circa il sistema di accoglienza e di asilo vigente in Bulgaria e circa l’assenza di un concreto rischio, per il ricorrente, di subire trattamenti inumani e degradanti con violazione dell’art. 3, comma 2 e dell’art. 17 Reg. n. 604/2013 UE I;

2. sulla scorta di quanto precede, in accoglimento del ricorso, il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Milano, in diversa composizione, per un nuovo esame della domanda e per la valutazione del rischio di cui all’art. 3 del Reg. (CE) 26/06/2013, n. 604/2013, al paragrafo 2, attendendosi ai principi sopra illustrati ed, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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