Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5261 del 06/03/2018


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5261 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: CRISTIANO MAGDA

Data pubblicazione: 06/03/2018

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/12/2017 dal
cons. MAGDA CRISTIANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale MAURO VITIELLO
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. ha impugnato con ricorso per
cassazione, affidato a sette motivi ed illustrato da memoria, il decreto del
Tribunale di Nola del 24.7.013 con il quale è stata parzialmente respinta

Gestione Crediti Banca s.p.a. avverso lo stato passivo del Fallimento di CTP
Esplana Sud s.r.l. (dichiarato nel 2011) ed, in particolare, è stato ritenuto: i)
che il credito chirografario preteso dalla banca a titolo di saldo debitore del
conto corrente acceso presso i suoi sportelli da Esplana in bonis non potesse
ritenersi provato, sia per mancanza di data certa del relativo contratto, sia per
l’omessa produzione degli estratti integrali del conto, dalla data di apertura del
rapporto sino alla sua chiusura; il) che neppure potesse ritenersi dimostrata la
sussistenza del credito ipotecario vantato dall’opponente in forza di un
finanziamento asseritamente concesso alla società poi fallita, attesa
l’inopponibilità al curatore della quietanza apposta al contratto dal legale
rappresentante di Esplana e la conseguente mancanza di prova dell’effettiva
erogazione della somma mutuata.
Il Fallimento intimato non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Il primo ed il secondo motivo del ricorso investono la statuizione di rigetto
della domanda di ammissione del credito preteso a titolo di saldo debitore del
rapporto di conto corrente.
1.1) MPS denuncia, in primo luogo, violazione degli artt. 116 c.p.c., 117 TUB
e 2967, 2704 c.c., rilevando che, secondo quanto accertato dal giudice del
merito, il rapporto di conto corrente aveva formato oggetto di un giudizio
promosso nei suoi stessi confronti dalla debitrice ancora in bonis e sostenendo
che tale fatto era idoneo a conferire certezza della anteriorità della
stipulazione del contratto, o quantomeno dell’anteriorità della vigenza del
rapporto, rispetto alla data di dichiarazione del fallimento.

l’opposizione ex art. 98 I. fall. proposta, in suo nome e per suo conto, da MPS

1.2) Deduce, inoltre, di aver depositato in giudizio tutti gli estratti del conto
in suo possesso, ovvero quelli relativi al decennio decorrente a ritroso dalla
chiusura del conto, e di aver pienamente assolto in tal modo al proprio onere
probatorio, atteso che, a norma dell’art. 2220 c.c., le società hanno l’obbligo
di conservare le scritture contabili solo per i dieci anni anteriori all’ultima
annotazione.

Non v’è dubbio che la banca che chieda l’ammissione allo stato passivo del
credito verso il fallito derivante da un rapporto obbligatorio regolato in conto
abbia l’onere di dare la prova piena della propria pretesa, assolvendo al
relativo onere secondo il disposto generale dell’art. 2697 c.c., attraverso la
documentazione relativa allo svolgimento del conto.
Deve ritenersi che tale prova possa essere fornita anche attraverso la
produzione degli estratti del conto, i quali, alla stregua di ogni altra prova
atipica, vanno valutati dal giudice e possono valere da soli a fondare il suo
convincimento – ove non smentiti dal raffronto critico con le altre risultanze
del processo- senza che la creditrice sia tenuta ad allegare anche la
documentazione inerente alle singole operazioni poste in essere.
Non può giungersi però ad uguale conclusione qualora gli estratti risultino
prodotti solo a partire da una data successiva a quella di apertura del conto e
non consentano pertanto di verificare se il saldo debitore riportato nel primo
degli estratti allegato dalla banca corrisponda ad un suo credito effettivo o non
risulti, piuttosto, derivato dalla pregressa imputazione di interessi o
commissioni non dovuti dal correntista (perché pretesi in forza di clausole
nulle), dei quali non potrebbe essere depurato se non attraverso la completa
ricostruzione delle poste annotate in “dare” ed “in avere” sin dall’inizio del
rapporto.
Va dunque ribadito, in conformità di quanto già ripetutamente affermato da
questa Corte (da ultimo, Cass. nn. 13258/017, 7972/016, 19696/014) che
nei rapporti bancari di conto corrente la banca non può sottrarsi all’onere di
provare il proprio credito invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare
le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, in

Tale seconda censura deve essere respinta.

quanto tale obbligo é volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi
estranei all’attività imprenditoriale e non certo ad escludere che la prova in
questione debba essere fornita mediante la produzione integrale degli estratti.
Il rigetto della censura concernente una delle due autonome

rationes

decidendi che sorreggono la statuizione impugnata rende superfluo l’esame
dell’altra, la cui eventuale fondatezza non potrebbe condurre all’annullamento,

2) Con il terzo ed il quarto motivo, congiuntamente esaminabili, la ricorrente
contesta di non aver dato prova dell’avvenuto perfezionamento del contratto
di mutuo ipotecario stipulato. Rileva al riguardo che, pur accedendo alla tesi
dell’inopponibilità al curatore della quietanza rilasciata dal legale
rappresentante della società poi fallita, la prova dell’avvenuta, effettiva
erogazione della somma mutuata emergeva dal testo della scrittura negoziale,
redatta per atto pubblico, nella quale si precisava che “la Banca concede ed
eroga contestualmente … a titolo di mutuo… la somma di C 2.000.000,00…”.
Assume, sotto altro profilo, che tanto bastava ai fini del perfezionamento del
mutuo, atteso che il requisito della realità proprio di tale tipologia contrattuale
può essere integrato anche mediante il conseguimento della disponibilità
giuridica della cosa e non solo, come affermato dal tribunale, attraverso la sua
materiale consegna.
I motivi sono fondati.
Il tribunale ha respinto la domanda di ammissione del credito garantito da
ipoteca, vantato dalla banca a titolo di restituzione del finanziamento,
rilevando che, benché il contratto fosse stato prodotto e risultasse stipulato in
data anteriore al Fallimento, difettava la prova del suo perfezionamento,
ovvero “della consegna” ad Esplana della somma mutuata, non desumibile
dalla quietanza apposta all’atto dal legale rappresentante della società,
inopponibile al curatore fallimentare, e neppure fornita da MPS attraverso
documenti contabili che dimostrassero che l’importo era stato accreditato su
un conto nella titolarità della mutuataria.
Nel pervenire a tale conclusione il giudice del merito ha però omesso di
considerare che, secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte

(? 1

per tale parte, della decisione.

(Cass. n. 17194/015, Cass. n. 25569/011 – peraltro contraddittoriamente
richiamata a conforto della decisione- Cass. n. 14/011) la consegna idonea a
perfezionare il contratto reale di mutuo non va intesa nei soli termini di
materiale traditio del denaro (o degli altri beni fungibili mutuati), ma si
realizza anche attraverso il conseguimento da parte del mutuatario della
disponibilità giuridica della cosa.

fosse perfezionato era contenuta in altra parte del testo negoziale, laddove il
notaio rogante dava atto dell’erogazione ad Esplana dell’intera somma di C
2.000.000 “contestualmente” alla concessione del finanziamento (e dunque
alla stipula del mutuo), in tal modo non limitandosi ad attestare ciò che le
parti gli avevano dichiarato, ma certificando un fatto avvenuto in sua
presenza, la cui veridicità avrebbe potuto essere contestata dal Fallimento solo
attraverso la proposizione di una querela di falso.
E’ d’altro canto indubbio (non risultando neppure ipotizzata la simulazione
del contratto) che l’erogazione, ancorché non consistita nella

Fraj materiale

consegna della somma, abbia consentito ad Esplana di conseguirne la
disponibilità giuridica (tanto che la società la ha immediatamente consegnata
alla banca mutuante perché la costituisse in deposito cauzionale infruttifero a
garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte nei suoi confronti).
All’accoglimento dei motivi conseguono la cassazione del decreto impugnato
ed il rinvio della causa al Tribunale di Noia in diversa composizione, che
regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
Restano assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso, con i quali la banca si duole
per altri aspetti del rigetto della domanda di ammissione del credito ipotecario.
P.Q. M .
La Corte rigetta il secondo ed accoglie il terzo ed il quarto motivo del ricorso,
assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e
rinvia al Tribunale di Noia in diversa composizione, anche per le spese di
questo giudizio di legittimit
Roma, 13 dicembre 2017.

E PO t% I TATO
IN CANCELLERtA

Ciò premesso, va rilevato che la prova che il contratto dedotto in giudizio si

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