Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 526 del 15/01/2020

Cassazione civile sez. III, 15/01/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 15/01/2020), n.526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 05721/2018 proposto da:

L.N.A.A.M., L.N.T.,

S.E.T., domiciliati in Roma, presso la Cancelleria civile della

Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’AVVOCATO STEFANO

BOTTACCHI;

– ricorrenti –

contro

Zurich Insurance Plc, in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma alla via Fabio Massimo n. 95,

presso lo studio dell’avvocato Giovanni Pieri Nerli che lo

rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO DANIELE CATTANEO;

– controricorrente –

e contro

Clear Channel Jolly Pubblicità S.p.a.,

– intimata –

avverso la sentenza n. 05165/2017 della CORTE d’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/10/2019 da Dott. Cristiano Valle, osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 05165 del 11/12/2017, giudicando a seguito di cassazione con rinvio (Cass. n. 07774 del 20/04/2016) ha, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, condannato Zurich Insurance PLC e Clear Channel S.p.a., in solido, a corrispondere ad L.N.A. la somma, già riconosciuta in primo grado, di Euro cinquecentocinquantamila a titolo di danni non patrimoniali, oltre accessori come nello stesso grado indicati e la somma di Euro ottocentocinquantaseimilaottocenstossessantaquattro e cinquantadue centesimi a titolo di danni patrimoniali, oltre accessori come in primo grado, con detrazione dalle superiori somme degli importi di Euro duecentoquarantaquattromilanovecentoquarantatre e quarantanove centesimi e di Euro cinquecentocinquantasettemilacentosessanta e settanta centesimi, nonchè condannato L.N.A. alla restituzione delle maggiori somme versategli da Zurich Insurance PLC oltre interessi legali dal giorno del pagamento a quello dell’effettiva restituzione e Zurich Public Insurance PLC a rifondere a Clear Channel S.p.a. la somma di cinquantaduemila Euro a titolo di spese di cui all’art. 1917 c.p.c., comma 3, nonchè le spese di lite, con compensazione di queste nel rapporto tra la Zurich Insurance PLC la Channel S.p.a. da un lato e i L.N. – S. dall’altro.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano ricorrono per cassazione, con otto motivi, L.N.A.A.M., L.N.T., S.E.T..

Resiste con controricorso Zurich Insurance PLC.

Clear Channel S.p.a. è rimasta intimata.

Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo censura la sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 111 Cost., comma 2, per avere considerato inammissibili documenti volti a provare fatti costitutivi di diritti risarcitori dedotti in giudizio sopravvenuti rispetto all’ultimo momento utile per la loro valida ipotetica introduzione nel giudizio di merito ossia l’udienza di precisazione delle conclusioni.

Il secondo mezzo censura la sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., comma 6, nonchè degli artt. 15, 33, 34, 35, 36 e 37 del c.c.n.l. lavoro domestico del 31/05/2017.

Il terzo motivo censura la sentenza per omessa motivazione, a causa di assoluta illogicità e contrasto insanabile tra affermazioni ivi contenute in punto di quantificazione del compenso da riconoscere all’assistente generica, per le ore mancanti al raggiungimento delle settanta ore settimanali.

Il quarto mezzo deduce falsa applicazione degli artt. 2056,1223 e 1227 c.c., per avere la sentenza sottratto l’importo delle supposte provvidenze pubbliche dalla sola quota del compendio risarcitorio per danno patrimoniale per spese di assistenza, astrattamente riconosciuta ai fini del calcolo del danno effettivamente risarcibile, a seguito della decurtazione del cinquanta per cento per la condotta imputabile al L.N..

Il quinto mezzo deduce nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per assoluta mancanza di motivazione rispetto ai due fatti storici rilevanti per il giudizio, costituiti dalla supposta percezione dell’assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa ai pensionati per inabilità erogato dall’INPS, nonchè della supposta percezione del cd. voucher erogato dalla Regione Lombardia.

Il sesto mezzo afferma violazione degli artt. 115,116,393,394 c.p.c., per avere la sentenza d’appello ritenuto scomputabile l’importo del detto voucher pur in assenza della puntuale allegazione del fatto storico, costituito dalla percezione dell’importo della provvidenza.

Il settimo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 c.c., per non avere la sentenza impugnata liquidato il danno derivante dalla necessità dell’adattamento domotico della casa di abitazione per fare fronte alle mutate esigenze di vita del L.N., con specifico riferimento alle spese per l’installazione e manutenzione di impianti.

L’ottavo ed ultimo mezzo deduce falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 c.c., per avere la Corte territoriale scelto un coefficiente di capitalizzazione errato, ai fini della capitalizzazione, e non avere considerato che la percezione anticipata del denaro svantaggia il percipiente in punto di maggiori costi da sostenere in futuro.

E’ opportuno, al fine di una più chiara articolazione del percorso motivazionale rilevare che: il caso in scrutinio riguarda macroleso a seguito di incidente stradale sul quale questa Corte si è pronunciata.

La sentenza impugnata in questa sede è quella conclusiva del giudizio di rinvio.

La sentenza della Corte di appello di Milano è stata resa a seguito di cassazione con rinvio, disposta da questa Corte con sentenza n. 07774 del 20/04/2016 che ha enunciato tre principi di diritto, così formulati (pag. 19):

a) la liquidazione del danno patrimoniale consistente nelle spese sostenute per l’assistenza domiciliare a vantaggio di persona invalida presuppone l’accertamento che la relativa spesa sia stata effettivamente sostenuta; nulla, dunque, può essere liquidato per tale titolo a chi non dimostri di avere sostenuto alcuna spesa al riguardo.

b) Nella liquidazione del danno patrimoniale consistente nelle spese che la vittima di lesioni personali deve sostenere per l’assistenza domiciliare, il giudice deve detrarre dal credito risarcitorio sia i benefici spettanti alla vittima a titolo di indennità di accompagnamento (L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 5), sia i benefici ad essa spettanti in virtù della legislazione regionale in tema di assistenza domiciliare, legislazione che in virtù del principio jura novit curia il giudice deve applicare d’ufficio, se i presupposti di tale applicabilità risultino comunque dagli atti.

c) Il danno permanente futuro, consistente nella necessità di dovere sostenere una spesa periodica vita natural durante, non può essere liquidato semplicemente moltiplicando la spesa annua per il numero di anni di vita stimata della vittima, ma va liquidato o in forma di rendita; oppure moltiplicando il danno annuo per il numero di anni per cui verrà sopportato, e quindi abbattendo il risultato in base ad coefficiente di anticipazione; od infine attraverso il metodo della capitalizzazione, consistente nel moltiplicare il danno annuo per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Il giudizio di rinvio è un giudizio chiuso.

In esso non possono essere dedotte ed articolate prove che potevano e dovevano essere dedotte ed allegate nelle fasi di merito antecedenti la sentenza rescindente.

Il secondo ed il terzo motivo del ricorso sono inammissibili, in quanto concernenti valutazioni di merito, sulle quali la Corte di Appello ha ampiamente ed esaustivamente motivato.

Giova, peraltro evidenziare, con riferimento al secondo mezzo, che è richiamato un c.c.n.l. in modo del tutto generico, con riferimento alla sola data di sottoscrizione senza indicazione delle parti contraenti e denominandolo come contratto collettivo di riferimento sulla base di una mera scelta soggettiva (nè ai fini della più compiuta identificazione può giovarsi del richiamo, effettuato dalla difesa del ricorrente, a brani estrapolati della consulenza tecnica di ufficio espletata nelle fasi di merito).

Il terzo mezzo censura la sentenza d’appello sulla base di una mera diversa prospettazione e le addebita un erroneo criterio di scelta per la determinazione del compenso per il personale deputato all’assistenza del L.N., limitandosi a contrapporre ad esso uno diverso, relativo al raggiungimento della soglia di settanta ore.

Il quarto mezzo è inammissibile. Esso tende a rimettere in discussione il principio di diritto di cui alla lett. b) enunciato dalla sentenza rescindente (la già richiamata n. 07774 del 2016) laddove è statuito che l’importo delle provvidenze pubbliche deve essere interamente sottratto dall’importo risarcitorio.

Esso è, altresì, infondato, in quanto in contrasto con la costante e risalente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 03428 del 07/06/1984 Rv. 435441 – 01): “Le somme, che il danneggiato abbia ricevuto a titolo di provvisionale o di indennità versata dall’Inali (con la surrogazione di cui all’art. 1916 c.c.), vanno detratte dallo ammontare al medesimo concretamente spettante, e, pertanto, ove questo venga liquidato in misura percentuale del danno globale, per effetto di concorso di colpa di esso danneggiato, devono essere portate in riduzione dell’importo risultante da detta percentuale, non dell’importo di quel danno globale” (più di recente si veda: Cass. n. 25733 del 05/12/2014 Rv. 633738 – 01).

Il quinto ed il sesto motivo sono inammissibili in quanto prospettano, entrambi, circostanze insuscettibili di essere fatte valere nel giudizio di rinvio, nel cui ambito era stata adeguatamente valutata la percezione, da parte del L.N., dell’indennità di accompagnamento di cui alla L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 5, comma 1 (e, peraltro, il L.N. aveva, nel controricorso proposto nel primo giudizio di legittimità, ammesso pacificamente la percezione della detta indennità).

Il quinto mezzo è, inoltre, privo di decisività, in quanto l’INPS ha detratto dalla provvidenza erogata in favore del L.N. quanto già erogato dall’INAIL.

Il sesto è anche inammissibile in quanto chiede il riesame della circostanza fattuale della percezione del voucher di cui alla legislazione regionale (L.R. Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33) attuata con successive Delib. della Giunta Regionale Lombarda, tutte compiutamente enumerate dalla sentenza di cassazione con rinvio e la circostanza del (eventuale) mutare nel tempo dell’importo del voucher non è circostanza idonea a sorreggere, in punto di decisività, il motivo di ricorso.

Il settimo motivo chiede un nuovo accertamento di merito e, peraltro, in relazione alle spese per l’adattamento dell’abitazione alle mutate esigenze di vita del L.N. la Corte territoriale, alle pag. 11 ha rilevato che non erano state documentate, fino alla precisazione delle conclusioni nell’originario giudizio di appello, spese ulteriori, in quanto per la “barella-doccia” ed il sollevatore risultavano prodotti dei soli preventivi e le spese di ristrutturazione non erano documentate neppure da preventivi.

L’ottavo mezzo difetta di specificità (non è, infatti, rappresentato alcun concreto nocumento) con riferimento alla scelta, operata dalla Corte territoriale, anche in questo caso ponendosi una questione meramente teorica, relativa al mutamento, prospettato come maggiore, del costo dei beni necessari con il trascorrere del tempo.

La scelta dell’aumento del venti per cento della somma risultante dall’applicazione dei coefficienti per il calcolo della rendita di cui al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, non è adeguatamente censurata, trattandosi, in questo caso, di una valutazione di merito, alla quale la parte si limita a contrapporre una propria, non adeguatamente suffragata da elementi risultanti dalle fasi di merito.

Il ricorso è, pertanto, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Cassazione, Sezione Terza Civile, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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