Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5257 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. III, 25/02/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 25/02/2021), n.5257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31961/2019 proposto da:

J.M., rappresentata e difesa dall’avv.to Ennio Claudio Tocci,

con studio in Cosenza via Palatucci n. 4, elettivamente domiciliato

presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione in Roma,

Piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministero pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1712/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 06/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. J.M., cittadina (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che, accogliendo l’impugnazione del Ministero dell’Interno, aveva riformato la pronuncia del Tribunale con la quale era stato riconosciuto in suo favore il diritto ad ottenere il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

1.1. Per ciò che qui interessa, la ricorrente aveva domandato la protezione internazionale, in tutte le sue forme, narrando di essere fuggita dal suo paese a causa delle minacce ricevute da un cugino, promesso sposo per decisione del padre ma contro la sua volontà.

1.2. Aveva aggiunto, nel suo racconto, che il rifiuto era determinato anche dal fatto che si era innamorata di un ragazzo italiano ma che ciò andava contro la legge consuetudinaria della sharia che proibiva il matrimonio fra musulmani e seguaci di altre religioni: in ragione di ciò riteneva di essere esposta al rischio di persecuzione per il quale aveva chiesto la protezione internazionale, accolta, in primo grado, soltanto in relazione alla fattispecie prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, con decisione che era stata poi ribaltata dalla Corte d’Appello a seguito di impugnazione del Ministero.

2. La parte intimata non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia e cioè sulla eccezione di tardività dell’appello tempestivamente sollevata dinanzi alla Corte territoriale.

1.1. Assume, al riguardo, che l’ordinanza impugnata le era stata notificata il 16.2.2018 e l’atto d’appello del Ministero il 20.3.2018, e cioè oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 702 quater c.p.c.; che ciò aveva costituito oggetto di specifica censura che era stata del tutto ignorata dai giudici d’appello.

2. Con il secondo motivo, lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 346 c.p.c.: assume, al riguardo, che la Corte aveva ritenuto di non riesaminare la decisione relativa al rigetto delle due forme di protezione maggiore, mancando il suo appello incidentale che, invece, non doveva ritenersi necessario proprio in applicazione della più recente interpretazione dell’art. 346 c.p.c. (cita Cass. SU 7940/2019).

3. Con il terzo motivo, infine, deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: assume che la Corte aveva valutato in modo contraddittorio la sua credibilità negandola, nonostante le tradizioni ferree vigenti nei paesi arabi e l’esposizione al gravissimo rischio per la sua vita e la sua persona in caso di rientro in patria. Aggiungeva che, oltretutto, era stata fornita adeguata dimostrazione della sua integrazione in Italia del tutto svalutata dai giudici d’appello.

4. Il primo motivo è fondato.

Risulta infatti che la ricorrente abbia tempestivamente proposto, nel giudizio di secondo grado, l’eccezione di tardività (cfr. la comparsa di costituzione prodotta: doc. 1) fascicolo di questo giudizio, pag. 2 punto 1); risulta altresì che la Corte territoriale, nella motivazione della sentenza impugnata, l’abbia del tutto ignorata, omettendo di pronunciarsi su di essa.

4.1. Al riguardo, questa Corte ha affermato il principio, condiviso da questo collegio, secondo il quale “se il giudice d’appello ometta di pronunciarsi sull’eccezione di tardività del gravame, la parte che intenda evitare sul punto la formazione del giudicato ha l’onere di impugnare per cassazione la sentenza d’appello invocando il vizio di omessa pronuncia, mentre non può limitarsi a riproporre puramente e semplicemente in sede di legittimità la questione della tardività dell’appello” (cfr. Cass. 440/2014; ed, in termini, Cass. 9108/2012)

5. Nel caso in esame – in cui è stata puntualmente proposta la censura di omessa pronuncia – ricorre, pertanto, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c..

6. Il secondo ed il terzo motivo rimangono logicamente assorbiti.

7. La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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