Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5256 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. II, 04/03/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 04/03/2011), n.5256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

– Avv. O.S. (C.F. (OMISSIS)) sedente in giudizio

ai sensi dell’art. 86 c.p.c.; elettivamente domiciliata presso lo

studio dell’avv. Maria Casagrande in Roma, viale Delle Milizie n. 38;

– ricorrente (proc. n. 16.100/05) e controricorrente (proc. n.

21.283/05) –

contro

B.V. (OMISSIS) rappresentato e difeso

dall’avv. Ravagli Camillo di Milano ed elettivamente domiciliato

presso lo studio dell’avv. Simon Savini in Roma, via Tacito n. 23;

– controricorrente (proc. n. 16.100/05) e ricorrente incidentale

(proc. n. 21.283/05) –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1333/2004,

pubblicata il 14/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2011 dal consigliere Bruno BIANCHINI;

udito l’avv. G.E. Arbia, con delega dell’avv. Oldini difensore della

ricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. FUCCI

Costantino che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. O.S. chiese ed ottenne dal Pretore di Milano che fosse ingiunto a B.V. di pagare L. 13.228.950 per prestazioni extragiudiziali relative alla preparazione della denunzia di successione di D.R.. L’ingiunto propose opposizione sostenendo di non aver conferito alcun mandato professionale, essendosi limitato ad informarsi sull’ammontare dei compensi e di non aver dato seguito all’affidamento per il costo prospettatogli, provvedendo poi personalmente alla redazione ed alla presentazione della denunzia di successione; contestò altresì i criteri di individuazione del valore della pratica e la conseguente applicazione dei coefficienti tabellari.

Il Tribunale, pronunziando sentenza 5/2002, respinse l’opposizione compensando le spese, ritenendo provato il conferimento dell’incarico e corretti i criteri di quantificazione del dovuto; la Corte d’Appello di Milano, pronunziando sul gravame del B., pur confermando l’esistenza di un mandato all’avv. O., riformò la sentenza di primo grado, ritenendo errata la base di calcolo del valore della pratica e non dovuti alcuni compensi e rimborsi di spese vive. L’avv. O. ha proposto ricorso in cassazione sulla base di due morivi, variamente articolati; ha resistito il B. proponendo a sua volta ricorso incidentale, contestando la raggiunta prova del conferimento dell’incarico.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Vanno riuniti i ricorsi essendo diretti contro una medesima sentenza, dandosi così applicazione dell’art. 335 c.p.c..

2 – Il ricorso incidentale va esaminato per primo, stante la sua attinenza all’an debeatur: con esso il B. deduce il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 e quindi “l’illogica, contraddittoria ed insufficiente motivazione della sentenza n. 1333/04 della Corte di appello di Milano” in quanto aveva ritenuto sussistente l’affidamento dell’incarico, pur avendo messo in rilievo i dubbi sulla “serena attendibilità” dei testi di parte allora appellata. Mette in particolare in rilievo il B. che sarebbe errato il valore significativo che la Corte distrettuale aveva attribuito alla consegna alla O. dei documenti attinenti alla pratica di successione, da parte di esso deducente, atteso che questi gli sarebbero stati chiesti, da impiegati dello studio della O., al momento in ferie.

2/a – Il ricorso incidentale non è fondato in quanto La Corte d’Appello ha scelto quali emergenze istruttorie valorizzare per giungere alla pronunzia qui contestata e di ciò ha dato adeguata motivazione; la diversa interpretazione degli stessi dati processuali quale offerta dal ricorrente incidentale, oltre ad essere frutto di una valutazione del tutto soggettiva, incide comunque sul merito, il cui esame è inibito in sede di legittimità se congruamente delibato; va anche detto che il B. neppure ha spiegato rispetto a quali tratti argomentativi della sentenza la motivazione della Corte di Appello si ponesse come contraddittoria nè perchè fosse nella stessa riscontrabile un profilo di “illogicità”.

3 – La ricorrente principale assume, con il primo motivo, innanzitutto che la Corte territoriale avrebbe deciso ultrapetita (o comunque su domanda nuova esposta solo nella comparsa conclusionale) in quanto il B., pur contestando di aver conferito l’incarico non avrebbe però domandato, in sede di opposizione, la rideterminazione dei compensi. La censura non ha fondamento in quanto dalla lettura dell’opposizione e dell’appello dello stesso B. – consentita in sede di legittimità in relazione alla natura dell’error in procedendo denunciato – emerge chiaramente che l’opponente, si dolse anche – in via subordinata – dell’eccessività delle pretese del professionista, e che trasfuse tali critiche nel gravame innanzi alla Corte distrettuale (segnatamente nel motivo n. 2), così che, se anche in sede di conclusioni in calce all’appello non insistette in via subordinata sulla rideterminazione del dovuto, necessariamente l’esame della Corte milanese dovette interessare anche tale aspetto che non poteva ritenersi rinunciato.

4 – Le ragioni appena esposte consentono di respingere anche la terza articolazione del motivo in esame con la quale l’avv. O. si duole che comunque la Corte d’Appello non abbia ridotto solo gli onorari bensì anche i diritti e le spese.

5 – Con il secondo motivo l’avv. O. denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione delle norme sulla determinazione del valore della pratica stragiudiziale, con essenziale riferimento all’art. 15 cod. civ., richiamato dal D.M. n. 585 del 1994, art. 5 applicabile ratiom temporis: sindaca in particolare la decisione della Corte distrettuale di aver stabilito come base per il computo del dovuto non già il reddito domenicale rivalutato degli immobili caduti in successione (trattandosi degli unici cespiti interessati dalla vicenda successoria) quanto quello indicato dall’ufficio del registro.

6 – Neppure tale motivo può trovare accoglimento.

Il motivo è inammissibile in quanto il ricorrente, in ispregio al principio di autosufficienza del ricorso, non ha argomentato in qual modo, lo spostamento di valore – si badi, nello stesso scaglione che, a norma della tabella allegata al D.M. 5 ottobre 1994, comprendeva le cause di valore compreso tra L. 500.000.000 e L. 750.000.000 – potesse aver inciso in diminuzione sul proprio compenso, poi del tutto inammissibile la “rettifica” del valore della pratica – in asserita migliore applicazione dell’art. 15 c.p.c. – contenuta nel ricorso in esame, in cui l’avv. O. ha elevato il valore dei cespiti a L. 915.160.000.

7 – Stante il rigetto dei due contrapposti ricorsi, sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte di Cassazione Respinge i ricorsi e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Cassazione, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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