Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5250 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. I, 04/03/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 04/03/2010), n.5250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M., domiciliato in Roma, viale delle Milizie 96, presso

l’avv. de Caro F., che lo rappresenta e difende, come da mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.M., domiciliato in Roma, via Camilla 7, presso l’avv.

Licata A., che lo rappresenta e difende, come da mandato a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza n. 2329/2005 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 2 maggio 2005;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. NAPPI Aniello;

uditi i difensori, avv. F. De Caro per il ricorrente e avv. Menghini

delegato per il resistente;

Udite le conclusioni dei P.M., Dott. SORRENTINO Federico, che ha

chiesto l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri motivi

del ricorso principale; inammissibilita’ o in subordine rigetto del

ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da B.M. avverso il decreto ingiuntivo notificatogli da R.M. per il pagamento della somma di L. 14.000.000 dovuto in ragione di quattordici cambiali emesse da B. in favore di tal M. e da questi girate a R..

Hanno rilevato i giudici del merito che, contrariamente a quanto riscontrato in primo grado, risultavano allegate agli atti le copie sia delle cambiali sia del decreto e del verbale di sequestro penale cui i titoli erano stati sottoposti in seguito alla querela per truffa sporta da B.M. nei confronti di M.. Sicche’ la pretesa cambiaria di R.M. risultava idoneamente documentata, mentre l’opponente non aveva provato la mala fede o la colpa grave del portatore dei titoli, come sarebbe stato necessario a norma della Legge Cambiaria, art. 21.

Contro la sentenza d’appello ricorre ora per cassazione B. M. e propone tre motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso R.M., che ha proposto altresi’ ricorso incidentale affidato a un unico motivo.

I ricorsi proposti avverso la stessa sentenza vanno riuniti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione dell’art. 1992 c.c. e segg. e della Legge Cambiaria, art. 20.

Sostiene che la pretesa cambiaria non era azionabile da chi non aveva piu’ il possesso materiale dei titoli, inidonee essendo le copie fotostatiche estratte all’atto del sequestro penale degli originali.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2715 c.c. e dell’art. 243 c.p.p., lamentando che i giudici del merito abbiano posto a fondamento della propria decisione copie non autentiche dei titoli di credito azionati da R.M..

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione della Legge Cambiaria, art. 21 legge cambiaria e vizi di motivazione della decisione impugnata.

Sostiene che non e’ pertinente il richiamo della corte d’appello alla Legge Cambiaria, art. 21, perche’ egli aveva eccepito solo il difetto di legittimazione di R.M. per mancanza del possesso dei titoli. Il riferimento alle mala fede dell’attore era stato prospettato in appello solo per ottenerne la condanna alle spese, compensate dal giudice di primo grado.

Censura poi che la corte d’appello abbia considerato presenti nel fascicolo dell’attore le cambiali sequestrate, pur dando atto che gli originali erano nella disponibilita’ dell’autorita’ giudiziaria penale.

2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale R.M. chiede la condanna di B.M. al risarcimento dei danni per lite temeraria.

3. Il ricorso principale e’ infondato.

Non v’e’ dubbio che il possesso materiale del titolo di credito costituisce presupposto essenziale per l’esercizio delle azioni cartolari, poiche’ la posizione di legittimo portatore coincide con la titolarita’ del diritto di credito azionato e puo’ essere provata solo con l’esibizione del titolo in originale (Cass., sez. 1^, 25 luglio 2001, n. 10119, m. 548460).

Tuttavia e’ indiscusso che, nel caso di sequestro penale, il rilascio di copia autentica del titolo puo’ legittimare il possessore all’azione cartolare (Cass., sez. 3^, 15 febbraio 1996, n. 1165, m.

495857, Cass., sez. 1^, 3 ottobre 1990, n. 9778, m. 469374, Cass., sez. 1^, 27 luglio 1967, n. 1994, m. 329011), anche perche’, secondo quanto prevede l’art. 258 c.p.p., “puo’ essere rilasciata copia autentica dei documenti in sequestro soltanto a coloro “che li detenevano legittimamente”” (Cass., sez. 1^, 29 maggio 1997, n. 4737, m. 504747). In realta’, nel caso di sequestro disposto nell’ambito di un procedimento penale, occorre distinguere se si tratti di sequestro probatorio (art. 253 c.p.p.) o di sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.), perche’ quando il provvedimento ablatorio non e’ destinato solo ad acquisire la prova di un reato (art. 253 c.p.p.), ma anche a impedire che il reato sia portato a ulteriori conseguenze (art. 321 c.p.p.), la stessa copia autentica di un titolo di credito puo’ essere sequestrata, come gia’ si riteneva nel vigore del codice di procedura penale abrogato, che pure non distingueva tra i due tipi di sequestro (Cass. pen., sez. 2^, 28 febbraio 1984, Penniello, m.

163432),.

Nel caso in esame, peraltro, la natura preventiva del sequestro penale non e’ stata neppure allegata, mentre e’ certo che il sequestro fu eseguite presso la cancelleria del giudice civile, dove le cambiali erano state depositate dal portatore all’atto dell’avvio del procedimento monitorio.

E fu appunto in occasione dell’esecuzione del sequestro che dei titoli fu estratta copia, come attestato dallo stesso cancelliere, che quelle copie allego’ alle ulteriori copie, contestualmente estratte, del provvedimento ablatorio e del verbale della sua esecuzione.

In tale situazione non v’e’ dubbio alcuno che, contrariamente a quanto il ricorrente deduce con il secondo motivo, i giudici d’appello abbiano posto a fondamento della decisione; copie autentiche delle cambiali controverse.

Infatti l’art. 2715 c.c. considera idonee a sostituire gli originali le copie di scritture private depositate presso pubblici uffici e spedite da pubblici depositari autorizzati. E il cancelliere presso il quale fu eseguito il sequestro era certamente un pubblico depositario dei titoli; ed era autorizzato a estrarne copie autentiche (Cass., sez. 3^, 9 luglio 1974, n. 2018, m. 370283), come in effetti fece, controfirmando tutti i verbali delle operazioni compiute in su presenza. D’altro canto, secondo quanto prevede l’art. 2719 c.c. le fotocopie di scritture private hanno la stessa efficacia delle copie autentiche, quando la corrispondenza agli originali non sia espressamente disconosciuta. E nel caso in esame l’esistenza di un tale disconoscimento non e’ stata neppure allegata.

Correttamente pertanto la corte d’appello, rilevato che non era stata provata la mala fede del portatore dei titoli, i cui originali erano nella disponibilita’ del giudice penale, ritenne idoneo alla legittimazione il possesso delle copie autentiche e rigetto’ l’opposizione al decreto ingiuntivo.

4. Il ricorso incidentale e’ inammissibile come tale, perche’ il ricorrente non censura la sentenza impugnata per il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., ma propone tale domanda con riferimento al giudizio di legittimita’. E non v’e’ dubbio che “la domanda di condanna al risarcimento dei danni per responsabilita’ processuale aggravata, ai sensi dello art. 96 c.p.c., puo’ essere proposta anche in Cassazione con controricorso” (Cass., sez. L, 27 novembre 2007, n. 24645, m.

600498).

Tuttavia nel caso in esame la domanda e’ infondata. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “l’accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., comma 1, presuppone l’accertamento sia dell’elemento soggettivo (mala fede o colpa grave) sia dell’elemento oggettivo (entita’ del danno sofferto)” (Cass., sez. L, 27 novembre 2007, n. 24645, m. 600499).

Nel caso in esame non v’e’ colpa grave, considerata la novita’ delle questioni discusse; e comunque manca la prova che dalla proposizione del ricorso per Cassazione sia derivato al ricorrente incidentale un danno grave, attesa l’esecutivita’ della decisione impugnata.

Si giustifica anzi la compensazione integrale delle spese di questo grado del giudizio, sia per la gia’ considerata natura delle questioni controverse sia per la parziale reciproca soccombenza delle parti.

P.Q.M.

LA CORTE Riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

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