Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5248 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 26/02/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 26/02/2020), n.5248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11039-2016 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE – FROSINONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TENUTA DI S. AGATA 13, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

VENTURINI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO

D’AMBROSIO;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBA 12/A,

presso lo studio dell’avvocato CARLO ALESSANDRINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LOREDANA DI FOLCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8179/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/01/2016 R.G.N. 7008/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per la cessazione della materia

del contendere;

udito l’Avvocato ALESSANDRO D’AMBROSIO;

udito l’Avvocato LOREDANA DI FOLCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello della AUSL di Frosinone avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone che aveva accolto la domanda proposta da P.M. e condannato l’Azienda al pagamento della somma di Euro 9.707,70, oltre accessori.

2. Il ricorrente, dirigente medico di primo livello, aveva agito in giudizio sul presupposto che la ASL non avesse correttamente liquidato la retribuzione di posizione ed aveva chiesto che gli fosse riconosciuto il diritto a tale indennità in via principale nella misura totale (parte fissa minima e parte variabile minima ed incremento della variabile minima) ed in via subordinata nella misura minima (parte fissa minima e parte variabile minima) ai sensi degli artt. 35 e 39 del c.c.n.l. 1998/2001 per l’area della dirigenza medica e veterinaria e della Delib. ASL n. 1822 del 1998.

3. Il giudice d’appello ha respinto l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, riproposta con specifico motivo di gravame, ed ha evidenziato che il P. aveva indicato nell’atto le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento del ricorso, specificando qualifica e mansioni svolte e richiamando le disposizioni di legge e di contratto che venivano in rilievo.

4. Ricostruito il quadro normativo e contrattuale, la Corte territoriale ha rilevato che il giudice di primo grado avesse accolto solo la domanda proposta dal P. in via subordinata (e cioè quella relativa alla condanna dell’ASL al pagamento della somma corrispondente alla retribuzione di posizione minima, art. 35 lett. A) e che le cesure dell’Azienda fossero incentrate sulla insussistenza del diritto del ricorrente a percepire il trattamento accessorio di cui all’art. 35, lett. B del c.c.n.l. sul rilievo della mancata attribuzione di incarichi specifici e che, in sede di appello, l’ASL si fosse limitata ad insistere sull’assenza di incarichi specifici.

5. Ha concluso ritenendo che nessuna censura fosse stata formulata nei confronti della statuizione resa dal giudice di prime cure.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la AUSL di Frosinone sulla base di tre motivi ai quali P.M. ha resistito con tempestivo controricorso.

7. Con nota del 17 luglio 2019 la AUSL di Frosinone ha depositato verbale di conciliazione sottoscritto il 3 febbraio 2017, all’esito di accordi raggiunti in sede sindacale in date 24 novembre e 1 dicembre 2016.

8. Nel corso dell’udienza di discussione entrambe le parti, nel richiamare il verbale di conciliazione indicato nel punto che precede, hanno concluso per la dichiarazione di intervenuta cessazione della materia del contendere.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio deve prendere atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere, in conformità al principio di diritto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, qualora “nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dall’art. 382 c.p.c., comma 3, artt. 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso” (v. Cass., Sez. Un., 11 aprile 2018, n. 8980).

Con la richiamata decisione, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., si è precisato che quando le parti di una controversia danno atto di avere raggiunto la sua composizione con un accordo negoziale, “i cui termini esse possono individuare ed identificare ma anche non individuare ed identificare, limitandosi ad asserire concordemente che esso vi è stato ed ha definito la lite”, la congiunta prospettazione della definizione della lite pendente rende non più necessario l’intervento della decisione del giudice investito della controversia, essendo venuto meno il bisogno di tutela giurisdizionale in ragione dell’intervenuto accordo.

2. Ricorrono nella fattispecie le condizioni per la pronuncia di intervenuta cessazione della materia del contendere in quanto al deposito del verbale di conciliazione, redatto a seguito degli intervenuti accordi sindacali, ha fatto seguito la richiesta congiunta delle parti, che la Corte è tenuta a rispettare, perchè anche il processo di legittimità “è dominato dall’interesse delle parti e dal loro potere dispositivo”.

3. Devono essere integralmente compensate le spese del giudizio di legittimità per le ragioni indicate dalla richiamata sentenza n. 8980/2018.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della insussistenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, perchè il meccanismo sanzionatorio è applicabile solo qualora il giudizio di cassazione si concluda con l’integrale conferma dell’efficacia della statuizione impugnata, cioè con il rigetto dell’impugnazione nel merito ovvero con la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, evenienza, questa, che non si realizza a fronte di una pronuncia di cessazione della materia del contendere che comporta il venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata in forza di intervenuto accordo negoziale fra le parti (v. Cass., Sez. Un., n. 8980/2018 cit.).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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