Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5242 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. II, 04/03/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 04/03/2011), n.5242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11575-2005 proposto da:

BENASSIMPIANTI SRL C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G

P DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato PIRRONGELLI

BRUZIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOTTI

RENZO;

– ricorrente –

contro

SALUMIFICIO BODRIA & CORAZZA DI BODRIA & C. s.n.c.

P. IVA

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VOLSINIO 8 A, presso lo studio

dell’avvocato PICCARRETA CATALDO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DE ANGELIS GIOVANNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 495/2004 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 17/03/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2010 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato CATALDO PICCARRETA difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La BENASSIMPIANTI srl impugna la sentenza 495 della Corte d’appello di Bologna, che rigettava il suo appello avverso la sentenza del Tribunale di Parma, che aveva accolto l’opposizione proposta dal SALUMIFICIO BODRIA & CORAZZA di Bodria e C. snc al decreto ingiuntivo per il pagamento di L. 33 milioni, quale residuo debito per una fornitura effettuata. A fondamento del decreto ingiuntivo la BENASSIMPIANTI srl allegava la fattura n. (OMISSIS) e le bolle d’accompagnamento.

Il SALUMIFICIO BODRIA & CORAZZA, opponendosi, deduceva l’inesistenza del credito, producendo la fattura quietanzata. La BENASSIMPIANTI srl precisava che la quietanza per l’intero, pur in presenza del residuo credito, era stata rilasciata per consentire all’ingiunta di ottenere i benefici contributivi previsti dalla L. n. 12 del 1994. All’udienza del 7 aprile 1998, dopo quelle di cui gli artt. 183 e 184 c.p.c., la SALUMIFICIO BODRIA & CORAZZA riconosceva di non aver versato l’importo richiesto, precisando però di aver ottenuto l’abbuono (con la quietanza per l’intero) in conseguenza dell’errata realizzazione di quanto commissionato.

2. – Il Tribunale di Parma accoglieva l’opposizione, dichiarando nullo il decreto ingiuntivo in presenza della quietanza liberatoria riconosciuta dalla creditrice e in mancanza di qualsiasi prova del credito.

3. – La Corte d’appello confermava tale decisione, respingendo il gravame della BENASSIMPIANTI srl. Rilevava la Corte la tardività della prospettazione del SALUMIFICIO BODRIA & CORAZZA in ordine all’abbuono ricevuto per la non conformità dell’opera che, in presenza di una espressa contestazione, doveva ritenersi ampliamento del tema decidendum e non già mera emendatio libelli. Di conseguenza riteneva irrituali le prove svolte sul punto, correggendo al riguardo la motivazione e giungendo comunque a concludere che occorreva esclusivamente valutare la dichiarazione di quietanza, non disconosciuta, dalla quale, in mancanza di qualsiasi altro elemento, non poteva presumersi altro che l’avvenuto integrale pagamento. La ricorrente articola due motivi di ricorso.

Resiste il SALUMIFICIO BODRIA & CORAZZA.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Motivi di ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione degli artt. 2722 e 2733 c.c., ed omessa e contraddittoria motivazione in ordine alla carenza di prova di mancato pagamento in capo a BENASSIMPIANTI srl”. La Corte territoriale avrebbe “equivocato completamente le domande avanzate rispetto alle parti in causa”.

Correttamente la Corte aveva rilevato l’inammissibilità della domanda nuova del salumificio tendente a provare l’avvenuto abbuono della differenza di prezzo da questi pagato e la somma riportata in quietanza, errando però per non aver valutato la dichiarazione confessoria del Salumificio, che aveva riconosciuto di non aver pagato la residua somma richiesta col decreto ingiuntivo. Tale riconoscimento, sia pure posto a fondamento della domanda nuova, aveva valore confessorio e doveva far ritenere ammesso il mancato pagamento della somma richiesta col decreto ingiuntivo e con accoglimento quindi del gravame. Era, quindi, onere della controparte provare una intervenuta transazione o la rinuncia al residuo credito.

Di qui anche la contraddittorietà della motivazione, dovendo far carico al SALUMIFICIO BODRIA & CORAZZA, che l’aveva ammesso, l’onere di provare l’estinzione del debito. Si trattava di dichiarazione confessoria, contenuta nella comparsa di risposta del secondo grado di giudizio, atto riferibile alla parte, che contestualmente aveva conferito la delega a margine. Si trattava di dichiarazione di scienza della parte utilizzabile indipendentemente dalla finalità che essa intendeva perseguire. A fronte della quietanza per l’intero sulla fattura si contrapponeva la confessione giudiziale del mancato pagamento di quanto richiesto.

1.2 – Col secondo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione degli artt. 141 e segg., 2722 e 2723 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punto decisivo della controversia”. La Corte territoriale aveva errato a non considerare la già richiamata dichiarazione confessoria anche fini dell’accertamento della simulazione parziale della quietanza, non essendovi al riguardo alcuna esigenza di prova.

2. – Il ricorso è infondato e va respinto.

Prima di esaminare dettagliatamente il contenuto dei motivi di ricorso, appare opportuno ulteriormente chiarire il filo logico della decisione, adottata dai giudici d’appello, e le motivazioni poste a fondamento della stessa.

La Corte ha affermato che “la decisione della causa deve essere ricondotta e circoscritta all’appressamento della dichiarazione di quietanza …” di cui era stata riconosciuta “la provenienza, il contenuto testuale, la sottoscrizione”. Trattandosi di atto unilaterale ricettizio, non poteva “desumersi l’esistenza di una volontà transattiva o di rinuncia ad altre pretese da parte del creditore, a meno che il contrario non emerga da particolari elementi o dal complessivo tenore del documento”. Nulla al riguardo era risultato. Osserva ancora la Corte territoriale che l’aver poi sostenuto trattarsi di un atto simulato parzialmente, fatto al solo scopo di consentire di usufruire dei benefici previsti, era rimasta mera affermazione, priva di qualsiasi sostegno probatorio. Anche le prove attivate sul punto in appello risultavano precluse, oltre che inammissibili perchè generiche (perchè non capitolate ed esposte in termini narrativi) e non seguite dalla indicazione dei testi. Inoltre tale iniziativa risultava abbandonata nel corso del primo grado giudizio non essendovene traccia nelle conclusioni. Infine tale richiesta di prova non poteva certo qualificarsi, in appello, come prova nuova. Da ciò l’assenza di prova sul punto ed il rigetto dell’appello.

Tanto premesso, occorre osservare quanto segue con riguardo ai singoli motivi di ricorso.

2.1 – Il primo motivo è infondato sotto entrambi i profili.

Incombeva all’odierno ricorrente provare il suo credito residuo nei confronti dell’odierna intimata a fronte della quietanza per l’intero esibita in giudizio e non disconosciuta. Nè può assumere rilievo confessorio quanto esposto dalla intimata a fondamento della domanda ritenuta inammissibile perchè nuova, non potendosi separare il contenuto della affermazione circa il mancato pagamento di una parte del dovuto da quella relativa alla ragioni del mancato pagamento (per il dedotto “abbuono”) e ciò a fronte di una quietanza liberatoria per l’intero, che, quindi, copriva interamente la somma dovuta, indipendentemente dalle relative modalità di estinzione del debito.

Correttamente la Corte ha ritenuto inammissibile la domanda nuova nel suo complesso e, valutando il residuo quadro probatorio, ha anche correttamente applicato la regola del relativo onere probatorio, dovendo così rilevare che, a fronte della quietanza liberatoria, null’altro emergeva dagli atti con conseguente reiezione della domanda e rigetto dell’appello.

2.2 – Anche il secondo motivo è infondato, posto che non era stata avanzata alcuna domanda di accertamento della simulazione in ordine alla quietanza, simulazione che non poteva certamente essere pronunciata d’ufficio.

3. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 1.700,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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