Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5238 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 26/02/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16541-2014 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2718/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/03/2014, R. G. N. 4727/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza in data 18 marzo-2 aprile 2014 n. 2718 la Corte d’Appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, dichiarava il diritto di M.M. all’inquadramento nella prima fascia del ruolo dei consiglieri della PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI dal 14 maggio 2007;

condannava la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI al pagamento delle differenze di retribuzione, con decorrenza dal gennaio 2008.

2. La Corte territoriale osservava che il M. aveva chiesto il riconoscimento della prima fascia dirigenziale ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 23 ovvero per avere ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti- in base ai particolari ordinamenti di cui all’art. 19, comma 11 – per un periodo pari ad almeno tre anni.

3. Il Tribunale nel respingere la domanda aveva escluso che l’attività svolta dal M. per oltre tre anni, come “Presidente del Comitato di rientro nell’ordinario”, in relazione alla emergenza sismica delle Regioni Umbria e Marche, potesse ritenersi equivalente all’incarico di direzione di uffici dirigenziali generali.

4. Doveva considerarsi, tuttavia, che il compenso relativo all’incarico era commisurato a quello del dirigente generale.

5. La equiparazione economica, da sola non sufficiente a dimostrare l’equivalenza, costituiva tuttavia un rilevante elemento indiziario in tal senso.

6. Il M. aveva dedotto inoltre circostanze non contestate -ovvero il particolare impegno richiesto dalla difficoltà dell’emergenza, dalla sua durata e dal complesso degli interventi ed il fatto che la ricostruzione post-terromoto nelle Marche e nell’Umbria era considerata la più rilevante in ambito Europeo- che provavano la particolare rilevanza dell’incarico e, dunque, la equipollenza richiesta dalla norma.

7. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, articolato in quattro motivi, cui M.M. ha opposto difese con controricorso.

8. Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità della sentenza per motivazione apparente e violazione degli artt. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c.

2.Ha dedotto la assenza di motivazione in ordine alla affermata equivalenza economica tra l’incarico attribuito al M. e quello di dirigente generale.

3.Essa nella memoria di costituzione in sede di appello aveva esposto:

– che fino all’anno 2003 il M. aveva ricoperto incarichi presso gli uffici di diretta collaborazione, che non rientravano tra gli incarichi di livello dirigenziale generale ma erano equivalenti ad essi soltanto sotto il profilo economico.

– Dal 7 novembre 2003, gli era stato conferito l’incarico di “capo della struttura di missione”, quale “Presidente del Comitato di rientro nell’ordinario”, incarico previsto dall’art. 3 della ordinanza di protezione civile 12.9.2003 n. 3311. Il contratto stipulato in pari data determinava, all’art. 3, il trattamento economico in conformità a quanto stabilito dalla ordinanza di protezione civile 23 ottobre 2003 n. 3318.

4.Per i suddetti incarichi dirigenziali vi erano trattamenti specifici, previsti rispettivamente dai decreti di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione e da ordinanze in deroga.

5.Tanto premesso, la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO ha lamentato che su tale questione era mancata ogni considerazione.

6.Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3- violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 5 e art. 23, come vigenti ratione temporis nonchè O.P.C.M. 12 settembre 2003, n. 3311, art. 3, comma 2 e O.P.C.M. 23 ottobre 2003, n. 3318, art. 7, commi 2 e 3.

7.Si denuncia l’errore giuridico commesso dalla Corte territoriale per avere affermato l’equipollenza tra il compenso relativo all’incarico di “presidente del comitato di rientro” e quello di un dirigente generale.

8.Ha esposto che la disciplina dell’incarico si rinveniva nelle ordinanze nn. 3311 e 3318 del 2003.

9.Ai sensi dell’O.P.C.M. n. 3311, art. 3, comma 2, il capo del dipartimento della protezione civile era autorizzato ad istituire con propri decreti uno o più comitati di rientro, stabilendo il relativo compenso anche in deroga al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, comma 3 ed art. 19, comma 10, nonchè all’art. 14 CCNL dirigenti.

10.Ai sensi dell’O.P.C.M. n. 3318, art. 7, comma 2, l’incarico di presidente dei comitati di cui al suddetto O.P.C.M. n. 331, art. 3, comma 2, ove attribuito a personale dirigenziale statale privo di incarichi, equivaleva agli incarichi conferiti ai sensi dell’art. 19,commi quattro (incarichi di funzione dirigenziale di livello generale) e cinque (incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale), del D.Lgs. n. 165 del 2001, in deroga ai limiti ivi previsti.

11.Era incontestato che l’incarico conferito al M. fosse riconducile all’art. 19, comma 5. Nessuna norma qualificava il comitato di rientro quale ufficio dirigenziale di livello generale.

12. L’O.P.C.M. n. 3318 del 2003, art. 7, comma 3, disciplinava il trattamento economico degli incarichi conferiti ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 comma 5, nel senso che al dirigente spettava oltre al trattamento economico fondamentale del personale dirigenziale di seconda fascia, la retribuzione di posizione, parte variabile nella misura massima per il personale dirigenziale della PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (fascia A) nonchè la retribuzione di risultato. Poteva altresì essere corrisposta una indennità accessoria.

13.Non era stabilita, invece, alcuna equipollenza agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali.

14.Con il terzo motivo la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2227 e 2729 c.c. nonchè erronea ed omessa valutazione delle prove.

15.Si censura la decisione per avere ritenuto applicabile la prova presuntiva ai fini dell’accertamento della equivalenza giuridica dell’incarico rivestito dal M. a quello di dirigente di seconda fascia, in presenza di normative che escludevano detta equiparazione.

16.Con il quarto motivo si denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussone tra le parti.

17.Si lamenta l’omesso esame delle circostanze di fatto evidenziate alla pagina 2 ed alla pagina tre della memoria difensiva d’appello, relative al contratto concluso con il M. in data 7.11.2003, art. 3 sul trattamento economico ed al decreto del Segretario Generale del 27 gennaio 2004 sul riconoscimento della indennità accessoria, che erano decisive ad escludere la esistenza di trattamenti economici propri del personale di livello dirigenziale generale.

18.Si assume che la indennità accessoria non colmava la differenza retributiva la prima e la seconda fascia dirigenziale, pari ad Euro 5.053,34 mensili.

19. Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, è fondato.

20. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 23 (Ruolo dei dirigenti), comma 1, nel testo vigente “ratione temporis” dispone che:

“In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica. I dirigenti della seconda fascia sono reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all’art. 28. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, in base ai particolari ordinamenti di cui all’art. 19, comma 11, per un periodo pari almeno a tre anni senza essere incorsi nelle misure previste dall’art. 21 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale”.

21.Ai sensi del richiamato art. 19, comma 11 medesimo D.Lgs. : “Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari esteri nonchè per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti”.

22. Tali disposizioni vanno lette alla luce del precedente art. 2, comma 1, secondo cui:

“Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive…”.

22.1 principi generali richiamati dal predetto art. 2, sono fissati:

– per i Ministeri dalla L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 4 bis (aggiunto dalla L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 13, comma 1) e dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 4 che demandano alla sede regolamentare l’organizzazione, la dotazione organica, l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l’individuazione dei dipartimenti, e la definizione dei rispettivi compiti, con previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare solo per l’individuazione di uffici dirigenziali di livello non generale di ciascun ministero.

– per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal D.Lgs 30 luglio 1999, n. 303, art. 7, commi da 1 a 3, che dispone la sua articolazione in dipartimenti ed uffici di diretta collaborazione, individuati con proprio decreto dal Presidente del Consiglio.

23. Ciò spiega perchè l’art. 23 si riferisce: ai dirigenti che presso le amministrazioni dello Stato abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici qualificati come uffici dirigenziali generali; ai dirigenti che, in relazione ai diversi ordinamenti di cui all’art. 19, comma 11 abbiano svolto incarichi equivalenti ai primi, sulla base della specifica organizzazione da essi adottata.

24. Alla luce del richiamato quadro normativo questa Corte (Cass. sez. lav. 26 aprile 2017 n. 10320) ha già enunciato il principio, che in questa sede va ribadito, secondo cui nell’impiego pubblico privatizzato un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale generale solo in presenza di una espressa qualificazione normativa, dovendo invece escludersi che ai fini della qualificazione dell’ufficio rilevi la sostanza delle sue attribuzioni e non anche la sua qualificazione ordinamentale come Ufficio generale (Cass. 28276/2008). Va in particolare rilevato che per la Presidenza del Consiglio dei Ministri la equivalenza ad un ufficio dirigenziale generale opera solo a condizione che abbia una base nel relativo ordinamento.

25.A tali principi non si è attenuta la sentenza impugnata.

26.Essa ha infatti individuato la equivalenza dell’incarico attribuito al M. a quello di dirigente di un ufficio dirigenziale di livello generale sulla base di dati di fatto ovvero: la (ritenuta) equivalenza del trattamento economico percepito; la particolare rilevanza dell’incarico.

27.Trattasi di fatti non rilevanti a dimostrare il dato controverso ovvero la equivalenza o meno dell’incarico di “presidente del comitato di rientro nell’ordinario” all’incarico di dirigente di un ufficio dirigenziale generale; ai fini di detta equivalenza sono invece decisivi l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli atti di organizzazione del comitato di rientro di carattere normativo.

28. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione perchè si conformi al principio di diritto qui ribadito.

29. Il giudice del rinvio provvederà – altresì – alla disciplina delle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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