Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5232 del 06/03/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 06/03/2018, (ud. 15/12/2017, dep.06/03/2018),  n. 5232

Fatto

Il Collegio, preso atto:

che il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo Il ricorso è parzialmente fondato. Infondato il primo motivo giusti i principi espressi da questa Corte con le Sent. n. 1454 del 1980, n. 1832 del 1983, Fondato è il secondo motivo posto che il Tribunale di Castrovillari avrebbe dovuto provvedere alla liquidazione delle spese e del giudizio di cassazione.

La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe, dal quale risulta che:

con ordinanza del 21.7.2001, il Tribunale di Castrovillari, in composizione collegiale, a seguito dell’opposizione proposta dall’avv. V.S. avverso il decreto di liquidazione delle spettanze professionali da lui maturate nella difesa di P.G. e L.C., nell’ambito della causa civile da costoro intrapresa nei confronti della società Milano Assicurazione s.p.a. e di R.N., revocò l’ammissione dei predetti al patrocinio a spese dello Stato, disposta dal locale Consiglio dell’ordine degli Avvocati e rigettò l’istanza di liquidazione dei compensi.

Avverso tale ordinanza, V.S. ha proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte con ordinanza n. 4714/2016, ha dichiarato la nullità della citata ordinanza per difetto di costituzione del Giudice, in quanto la relativa competenza non era attribuita al Collegio, bensì al Presidente dell’Ufficio (o ad un giudice da lui delegato) rinviando, quindi, per la prosecuzione nuovamente davanti al Tribunale adito e, prescrivendo che al giudizio partecipasse, anche il ministero della Giustizia litisconsorte necessario”.

Riassunto, correttamente, il giudizio il Tribunale di Castrovillari, in data 9 novembre 2016, con ordinanza ha dichiarato l’avvenuta rinuncia da parte dell’Avv. V. agli effetti dell’ammissione al gratuito patrocinio di P.G. e L.C. nel giudizio civile iscritto al PGAC 2140/2005 deliberata in via provvisoria dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Castrovillari e rigettava l’opposizione spiegata dallo stesso V. avverso il decreto del 14 marzo 2011 dello stesso Tribunale.

L’Avv. V.S. con ricorso del 5 dicembre 2016 ha chiesto a questa Corte, la cassazione della suddetta ordinanza per due motivi: 1) per violazione ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione all’art. 93 c.p.c., e D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 74,76 e 136; 2) per violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 91 c.p.c., L. n. 794 del 1942, art. 29, comma 6, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, comma 2. Il Ministero della Giustizia.

Diritto

CONSIDERAZIONI IN DIRITTO

In via preliminare, il Collegio autorizza la redazione della sentenza in forma semplificata.

1.- Infondato è il primo motivo, con il quale il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale, nel dichiarare l’avvenuta rinuncia al gratuito patrocinio, non abbia tenuto conto che l’ammissione al gratuito patrocinio non rientra nei poteri dispositivi del difensore, posto che titolare del beneficio è la parte dallo stesso rappresentata e difesa tanto è vero che in caso di revoca o rinuncia al mandato del difensore il beneficio perdura in capo alla parte e il nuovo difensore non deve presentare in nome proprio e nel proprio interesse ulteriori e diverse istanze di ammissione. A conferma della sua tesi richiama la sentenza n. 13925 del 2014 di questa Corte.

1.1.- Il motivo è infondato.

Questa Corte ha da sempre ritenuto che l’ammissione al gratuito patrocinio esclude ogni rapporto di incarico professionale tra le parti in favore del quale è stato emesso il relativo provvedimento e il difensore nominato dal giudice a norma dell’art. 13 delle legge n. 533 del 1973 sia in caso di vittoria sia in caso di soccombenza, in quanto il rapporto si costituisce esclusivamente tra il difensore nominato e lo Stato, con la conseguenza dell’incompatibilità tra detto rapporto e quello di mandato professionale e, ove questo venga dedotto dal difensore, come nel caso di richiesta di distrazione delle spese ed onorari, il venir meno del primo (vedi Cass. n. 1454 del 1980). Atteso tale principio nessun rilievo può assumere la circostanza che l’emissione del patrocinio statale sia stato concesso successivamente alla richiesta di distrazione delle spese come se fosse un’implicita rinuncia alla distrazione delle spese e non al beneficio del gratuito patrocinio. Piuttosto, è stato osservato, in proposito, che il sistema del patrocinio a spese dello Stato, escludendo ogni rapporto fra il difensore della parte meno abbiente assistita e la parte non soccombente non assistita, è incompatibile con la distrazione delle spese, il quale crea in via eccezionale un rapporto obbligatorio tra il difensore della parte vittoriosa e la parte soccombete, in forza del quale il reddito sorge direttamente a favore del primo nei confronti della seconda, con la conseguenza che l’eventuale richiesta di distrazione delle spese giudiziali pone in essere una implicita rinuncia al patrocinio a spese dello Stato. Poichè è sufficiente la sola dichiarazione dell’avvocato distrattario, vincolante per il giudice, salva l’ipotesi di frode, di avere anticipato le spese e non riscosso gli onorari, si costituisce una situazione incompatibile con lo stato di non abbienza, con il presupposto principale del beneficio del patrocinio a carico dello Stato per avere la parte già trovato chi anticipa per lui le spese e non pretende l’onorario (avvocato distrattario) non ha rilevanza ai fini della rinuncia implicita, che alla richiesta di distrazione precede o segue l’emanazione del decreto che accerta i relativi presupposti, che devono essere verificabili in quel momento. D’altra parte, poichè la dichiarazione dell’avvocato distrattario vincolante per il giudice attesta una situazione di fatto incompatibile con la non abbienza, la successiva rinuncia alla distrazione non può eliminare gli effetti già verificatesi (se non per quanto riguarda l’onorario non riscosso almeno per le spese soino allora anticipate) sicchè, venute meno le condizioni di fatto poste a base dell’ammissione al patrocinio a carico dello Stato non è possibile ricostituirla (vedi Cass. n. 1832 del 1983).

1.2.= Inconferente è il richiamo della sentenza n. 13925 del 2014 di questa Corte, posto che ha esaminato tutt’altra ipotesi e, comunque, dal testo della sentenza, emerge con chiarezza che questa Corte in quella sentenza non ha esaminato il rapporto tra gratuito patrocino a carico dello Stato e dichiarazione di distrazione delle spese, operata dall’avvocato, tanto è vero che ha escluso una revoca implicita nell’ipotesi in cui la condanna sia stata pronunciata a carico dell’altra a rifondere direttamente alla prima e non allo Stato.

2.- Con il secondo motivo di ricorso l’avv. V. lamenta l’erroneità della sentenza impugnata in relazione al capo relativo alle spese, avendo il Tribunale negato la liquidazione delle spese, persino di quelle maturate nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione con esito favorevole per lo scrivente ricorrente senza neanche motivare le ragioni della mancata liquidazione di tali ultime spese.

2.1.- Il motivo è infondato.

Il ricorrente non tiene conto che, nel giudizio di cassazione cui si riferisce, non vi era una parte vittoriosa, tanto è vero la Corte di Cassazione ha rilevato la nullità dell’ordinanza impugnata per vizio di costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c.. A sua volta, all’esito del giudizio complessivo l’attuale ricorrente risultava soccombente, proprio perchè il giudizio è stato voluto dello stesso ricorrente che non ha accolto il principio secondo il quale la richiesta di distrazione integra gli estremi della rinuncia agli effetti dell’ammissione al gratuito patrocinio.

La costante giurisprudenza di legittimità ritiene che ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, l’essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’avere dato causa al giudizio, posto che la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa che aveva prima lasciato insoddisfatta, così da renderne necessario l’accertamento giudiziale. Pertanto, l’individuazione del soccombente si fa in base al principio di causalità, con la conseguenza che la parte obbligata a rimborsare alle altre le spese che hanno anticipato nel processo, è quella che, col proprio comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo od al suo protrarsi. (cfr. Cass. 7625/10).

In definitiva, va rigettato non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione, posto che gli intimati in questa fase non hanno svolto alcuna attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte di Cassazione, il 15 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2018

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