Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5228 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 28/02/2017, (ud. 14/12/2016, dep.28/02/2017),  n. 5228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15357-2011 proposto da:

V.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLA SCROFA 16, presso MBE STUDIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DOMENICO CAROZZA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, ALESSANDRO RICCIO, LUIGI

CALIULO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4219/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/08/2010 R.G.N. 3718/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riconosceva ad V.A., dipendente della Sige Elettromeccanica S.p.A., poi Sige Ferroviaria S.r.l., i benefici previdenziali previsti dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e successive modifiche, in conseguenza successive dell’esposizione all’amianto subita dal lavoratore nei periodi indicati in ricorso.

2.- La Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata in data 3 agosto 2010, in accoglimento dell’appello proposto dall’Inps, rigettava la domanda del V..

2.- La Corte territoriale riteneva che la parte non avesse provato il superamento dei valori soglia previsti dal D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31, applicabili ratione temporis al caso in esame.

3. – Contro la sentenza, il lavoratore propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo, illustrato da memoria. L’Inps resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico complesso motivo di ricorso la parte deduce la violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, L. n. 326 del 2003, art. 47, comma 4, della L. n. 179 del 2002, art. 18, comma 8, nonchè degli artt. 115, 61, 191 e 441 c.p.c., e art. 38 Cost. Deduce altresì l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, sul punto decisivo e controverso dell’esposizione qualificata all’amianto del ricorrente.

2.- Il motivo, nella sua complessa articolazione, è fondato. La Corte territoriale ha infatti escluso il diritto vantato dal ricorrente in base ad una doppia considerazione: la mancanza della certificazione Inail – con la conseguente irrilevanza dell’atto di indirizzo del Ministero – e l’assenza di misurazioni specifiche circa i livelli di amianto riscontrabili nell’ambiente di lavoro.

3.- Nella stessa sentenza, la Corte ha dato tuttavia atto che la consulenza ambientale disposta in altro giudizio, ed avente ad oggetto la stessa officina Sige cui era addetto il V., aveva rilevato una concentrazione di fibre di amianto aerodisperse di 0,2 fibre al metro cubo, pari a 200 fibre per litro.

4.- Ora, non è dubbio che la certificazione Inail avrebbe di per sè comportato il riconoscimento del diritto, come da giurisprudenza di questa Corte (Cass. Ord., 6264 del 16/03/2011; 17799 del 08/09/2015), così come non è revocabile in dubbio che gli atti di indirizzo emanati dal Ministero del Lavoro non hanno autonoma valenza in ordine al riconoscimento delle condizioni per la fruizione dei benefici, in quanto essi sono atti propedeutici o rivolti all’INAIL, con carattere non autoritativo ma orientativo, essendo finalizzati ad individuare i parametri che l’ente previdenziale deve applicare per accertare in concreto la misura e la durata dell’esposizione all’amianto, senza che l’atto di certificazione assuma valore presuntivo assoluto (Cass. sez. un. 20164 del 24/09/2010).

5. – E’ stato, tuttavia, già affermato da questa Corte che, in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, anche in mancanza di certificazione dell’INAIL spetta al giudice di merito accertare l’esposizione del lavoratore al rischio qualificato ultradecennale, valutando gli elementi probatori in suo possesso, ivi compresi gli atti di indirizzo del Ministero del lavoro (Cass. 13 febbraio 2007 n. 3095), i quali hanno un’indubbia valenza presuntiva ai fini della prova dell’esposizione qualificata (Cass. 18008 del 14/08/2014).

Si aggiunge inoltre che non è necessario che il lavoratore fornisca la prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell’esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia possibile, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, se del caso anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno qualificato, attraverso un giudizio di pericolosità dell’ambiente di lavoro, ancorchè espresso con un ampio margine di approssimazione (Cass. n. 16119 del 2005).

6. – Ora, a fronte di tali principi, la pronuncia di rigetto emessa dalla Corte territoriale appare insufficientemente motivata, dal momento che a fronte degli elementi probatori forniti dal ricorrente, – quali appunto l’atto di indirizzo del Ministero e la consulenza tecnica disposta in altro giudizio in cui si è accertata, sulla base di un giudizio di elevata probabilità, la sussistenza nell’ambiente di lavoro di una quantità di fibre di amianto aerodisperse di gran lunga superiore al valore soglia, – ha proceduto ad una valutazione atomistica anzichè globale degli stessi, negando ogni valore probatorio al primo ed escludendo ogni rilievo alla seconda, sulla base dell’unica ed inappagante considerazione che non erano state eseguite misurazioni o rilevazioni di altri enti pubblici. Ma, così facendo, la Corte non tiene conto del fatto che una oggettiva misurazione del livello di fibre di amianto aerodisperse nell’ambiente di lavoro non è sempre consentita, in ragione della notevole distanza di tempo che spesso trascorre tra il momento dell’esposizione e l’azione giudiziale, nonchè del mutamento delle condizioni produttive.

E’ invece dirimente la considerazione che il consulente, attraverso la ricostruzione dell’ambiente di lavoro, la individuazione delle fonti di esposizione all’amianto, ritenuta “ubiquitaria ed estesa a tutti gli impianti-reparti-officine di riparazione”, l’accertamento dell’uso di amianto “così massiccio” e “le precauzioni…minime”, sia pervenuto a formulare un giudizio di pericolosità dell’ambiente con un rilevante grado di probabilità circa il superamento della soglia massima di tollerabilità (vedi c.t.u. ing. C., trascritta in ampi e significativi stralci nel ricorso per cassazione, in ossequio al principio di autosufficienza).

7. – In conclusione, gli elementi di giudizio offerti dal ricorrente, per la loro univocità e gravità, avrebbero dovuto indurre la Corte ad un maggiore approfondimento della situazione ambientale anche attraverso una consulenza tecnica d’ufficio giacchè la prova dell’inquinamento ambientale che grava sul lavoratore deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità di una concentrazione di fibre qualificata, questa può essere ravvisata in presenza di un elevato grado di probabilità, che può essere ritenuto sussistente sulla base delle valutazioni compiute dal consulente (19456 del 20/09/2007).

8.- Deve perciò concludersi che le critiche che vengono mosse alla sentenza con il motivo in esame sono attendibili e meritano pertanto accoglimento. La sentenza deve dunque essere cassata, con rinvio alla stessa Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione perchè riesamini la fattispecie, attenendosi ai principi su enunciati. Il giudice del rinvio provvederà anche a regolamentare le spese di questa fase del giudizio.

PQM

La Corte accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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