Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5227 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. I, 04/03/2011, (ud. 08/02/2011, dep. 04/03/2011), n.5227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SAN PAOLO IMI S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), e per esso nella qualità

di mandataria la SERVIZI IMMOBILIARI BANCHE – S.I.B. S.P.A., in

persona del Direttore del Servizio Legale pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso l’avvocato TOMMASO

SPINELLI GIORDANO, rappresentato e difeso dall’avvocato BUSSI MARCO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO PUNTO PESCA S.N.C. (C.F. (OMISSIS)), in persona dei

Curatore avv. C.S., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA VESCOVIO 21, presso l’avvocato MANFEROCE TOMMASO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANELLA ALBERTO,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

BONAPESCA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 820/2004 del TRIBUNALE di VERCELLI, depositata

il 09/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ENRICA FASOLA, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nella procedura di espropriazione immobiliare pendente avanti al Tribunale di Vercelli a carico di Punto Pesca S.n.C., all’udienza del 28-1-2003, fissata ai sensi dell’art. 596 c.p.c., era sorta tra il Fallimento Punto Pesca ed il San Paolo IMI, entrambi creditori intervenuti, una controversia in sede di distribuzione ai sensi degli artt. 598 e 512 c.p.c..

Il Giudice dell’esecuzione aveva, pertanto, sospeso il processo esecutivo e disposto l’iscrizione a ruolo della causa di cognizione ex art. 512 c.p.c..

Nessuna delle parti, però, provvedeva all’incombente, ed entrambe davano atto di avere raggiunto un accordo per la definizione amichevole della controversia.

A seguito di ciò, lo stesso Fallimento, unitamente alle altre parti della procedura esecutiva, con istanza in data 18-4-2003, chiedeva al G.E. di “fissare nuova udienza per l’approvazione del piano di.

riparto”, premettendo che le parti “hanno raggiunto un accordo nella ripartizione del ricavato ed è, pertanto, cessata la materia del contendere”.

Su tale istanza, il G.E. fissava l’udienza del 21-10-2003, nella quale il Fallimento contestava però il raggiungimento dell’affermato accordo.

Successivamente, il San Paolo IMI, con istanza depositata il 7-11- 2003, chiedeva la riattivazione del processo esecutivo sospeso, sul rilievo che la controversia ex art. 512 c.p.c. non era stata coltivata dalle parti e che le stesse avevano raggiunto un accordo al riguardo.

A seguito di tale istanza il G.E. nell’udienza del 16-12-2003 disponeva la distribuzione del ricavato della vendita dei beni, in conformità al progetto di distribuzione depositato in data 12-9-2003 nella procedura stessa.

Il Fallimento Punto Pesca proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso il detto provvedimento.

Il Tribunale di Vercelli accoglieva l’opposizione ritenendo che non si era verificato alcun fatto idoneo a determinare la cessazione della disposta sospensione del processo esecutivo non essendo stata dichiarata l’estinzione del processo ex art. 512 c.p.c..

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il San Paolo IMI spa sulla base di quattro motivi cui resiste con controricorso il fallimento Punto Pesca.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La banca ricorrente deduce con il primo motivo di ricorso la nullità della sentenza per extrapetizione in quanto l’oggetto della opposizione riguardava la contestazione del piano di riparto mentre, invece, la sentenza del tribunale ha ritenuto che l’opposizione riguardasse il provvedimento di distribuzione del ricavato.

Il motivo è infondato.

Il Tribunale ha chiaramente precisato che l’opposizione era stata proposta avverso il provvedimento del 16.12.03 che aveva disposto la distribuzione del ricavato della vendita dei beni e, del resto, l’opponente con l’atto di opposizione del 22.12.03 aveva esplicitamente chiesto di “dichiarare nullo e privo d’effetto il provvedimento con cui è stato disposto il riparto del ricavato della vendita dell’immobile oggetto di esecuzione”.

Deve pertanto escludersi l’esistenza di un vizio di ultra petizione.

Con il secondo motivo deduce l’omessa motivazione sulla eccezione di decadenza del fallimento dal diritto di proporre opposizione agli atti esecutivi per inosservanza del termine di cinque giorni ex art. 617 c.p.c..

L’infondatezza di tale motivo deriva da quella del primo. La banca ricorrente, parte infatti dal presupposto che l’atto opposto sia il progetto di ripartizione delle somme e deduce il mancato rispetto del termine ex art. 617 c.p.c., in relazione a tale atto, quando, invece, l’atto effettivamente impugnato era quello di approvazione del progetto di distribuzione, come evidenziato in relazione al primo motivo.

Con il terzo motivo la banca ricorrente deduce l’omessa motivazione sulla dedotta insussistenza dei requisiti per la proposizione dell’opposizione ex art. 617 c.p.c., e, in particolare, la mancata deduzione di vizi formali.

Il motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza.

La banca ricorrente, avrebbe, infatti, dovuto riportare il testo dell’atto di opposizione per consentire a questa Corte, cui è inibito l’accesso agli atti della fase di merito, di prendere contezza della fondatezza o meno della doglianza.

Con il quarto motivo il San Paolo IMI spa assume che erroneamente il tribunale ha ritenuto che la cessazione del processo esecutivo non era venuta meno non essendo stata ritualmente dichiarata con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione, perdurando la sospensione, non poteva procedere alla ripartizione delle somme ricavate dalla vendita. Sostiene la banca ricorrente che il giudizio ex art. 512 c.p.c., non era stato iscritto a ruolo e nessuna delle parti si era costituita onde lo stesso si era estinto e che fu proprio il fallimento che, a seguito dell’intervenuto accordo aveva dichiarato che era cessata la materia del contendere, aveva chiesto la fissazione di nuova udienza per la approvazione del piano di riparto onde il processo.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto occasione di dichiarare che il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione provvede in ordine alla sospensione del processo esecutivo – concedendola, negandola o revocandola – è modificabile e revocabile da parte dello stesso giudice che lo ha emesso, per cui, ad esempio, può ritenersi legittimamente esercitato dal giudice dell’esecuzione il potere di revoca dell’ordinanza di sospensione dell’esecuzione a seguito di mancata riassunzione del giudizio di opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. civ., nel testo originario. (Cass 24736/07; Cass 15220/05).

Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ,avendo rilevato, a seguito della istanza da parte del fallimento, che la causa di merito ex art. 512 c.p.c., non era stata iscritta a ruolo e le parti non si erano costituite, ha evidentemente in modo implicito revocato sulla base di tale inattività processuale la sospensione della fase esecutiva di distribuzione (v. Cass 24736/07). Quest’ultima deve ritenersi avvenuta fin dal provvedimento di fissazione dell’udienza del 21.10.03 a seguito della predetta istanza da parte del fallimento.

Tale provvedimento del giudice dell’esecuzione doveva essere oggetto di opposizione agli atti esecutivi alla stessa stregua dei provvedimenti che concedono o rigettano la sospensione Cass. 15220/05) secondo la disciplina applicabile ratione temporis (art. 617 c.p.c, anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, lett. c), convertito nella L. n. 80 del 2005, e successivamente modificato dalla L. n. 52 del 2006, art. 18, che ha previsto il reclamo, a norma dell’art. 669 terdecies c.p.c.) (Cass 5342/09), ma tale impugnazione non è stata proposta da alcuna delle parti.

Del tutto correttamente pertanto il giudice dell’esecuzione ha provveduto alla ripartizione dei proventi della vendita.

Discende da ciò che, in assenza di attivazione da parte dei soggetti interessati, il Tribunale non poteva d’ufficio valutare la questione relativa alla avvenuta o meno dichiarazione di estinzione del processo in quanto detta questione era ormai preclusa dovendo la stessa semmai essere fatta valere dalle parti tramite opposizione avverso il provvedimento di revoca implicita della sospensione del processo esecutivo e di fissazione di udienza per la prosecuzione della fase esecutiva.

Il motivo va pertanto accolto.

La sentenza va di conseguenza cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, al Tribunale di Vercelli in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo del ricorso, rigettati i primi due e dichiarato inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Vercelli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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