Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5226 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 04/03/2010), n.5226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIAMBATTISTA VICO 1, presso lo studio degli avvocati CARLINO ROBERTO

e PROSPERI LORENZO, che lo rappresentano e difendono, giusta mandato

a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, PATTERI ANTONELLA, VALENTE NICOLA, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 129/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 05/03/2008 r.g.n. 319/07;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato POSPERI MANGILI LORENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza depositata il 5 marzo 2008 la Corte d’appello di L’Aquila, confermando la decisione del Tribunale di Sulmona, riteneva la decadenza dall’azione giudiziale in relazione alla domanda di G.G., collocato in pensione presso il Fondo di previdenza del personale di volo (cd. fondo volo), intesa ad ottenere la rideterminazione della quota di pensione in capitale, ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34, mediante applicazione del coefficiente previsto dal D.M. 19 febbraio 1981, anzichè di quello applicato dall’INPS. Rilevava la Corte territoriale che la decadenza opera anche per la domanda diretta alla rideterminazione della prestazione pensionistica e non è esclusa dalla mancata comunicazione del provvedimento amministrativo di rigetto della domanda.

2. Di questa sentenza il pensionato domanda la cassazione deducendo cinque motivi di impugnazione, illustrati con memoria. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i cinque motivi di ricorso si censura la sentenza impugnata denunciandosi vizi di procedimento e violazione delle norme sulla decadenza dall’azione in giudizio e si sostiene che la decadenza non era stata tempestivamente e specificamente eccepita e, comunque, in virtù della disciplina prevista dalla L. n. 859 del 1965, art. 55, o in subordine di quella di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, la stessa non poteva operare, in ragione del contenuto della domanda proposta, relativa a prestazione non periodica, o temporanea, e comunque riguardante non la prestazione in sè, ma la sua esatta determinazione, e in mancanza di comunicazione di un provvedimento di rigetto da parte dell’Istituto.

1.1. Tali motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei limiti delle seguenti considerazioni.

1.2. Nella specie trova applicazione il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – che ha disciplinato ex uovo tutta la materia della decadenza dall’azione giudiziale in materia di prestazioni previdenziali. La decadenza, ivi prevista, può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in ragione della sua piena compatibilità con il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr. Cass., sez. un., n. 26019 del 2008), e opera anche in mancanza della avvenuta comunicazione del provvedimento amministrativo di rigetto (cfr.

Cass., sez. un., n. 12718 del 2009).

1.3. In relazione alla domanda proposta nella controversia qui in esame la decadenza non può operare. Infatti, come le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato componendo un contrasto di giurisprudenza insorto nella giurisprudenza di legittimità, la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, art. 47, non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale (cfr. Cass., sez. un., n. 12720 del 2009). Tale principio torna applicabile nella specie, essendosi accertato nel giudizio di merito che il ricorrente aveva chiesto in via amministrativa la capitalizzazione di una quota di pensione ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34 e che l’Istituto, nel provvedere sulla domanda, aveva liquidato la prestazione in misura inferiore a quella richiesta, applicando coefficienti di capitalizzazione diversi da quelli pretesi dall’interessato; ne consegue che ai fini della proposizione della domanda giudiziale intesa al riconoscimento del diritto alla riliquidazione della prestazione non poteva operare la decadenza, che riguarda solo la domanda di prestazione previdenziale, e non già il suo adeguamento.

2. Va perciò cassata la sentenza impugnata, che ha erroneamente applicato la decadenza alla domanda di riliquidazione proposta; e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Ancona, perchè provveda alla definizione della controversia attenendosi al principio sopra enunciato.

3. Lo stesso giudice di rinvio provvederà sulle spese del giudizio di Cassazione ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Ancona anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

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