Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5224 del 06/03/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 06/03/2018, (ud. 07/12/2017, dep.06/03/2018),  n. 5224

Fatto

1) Con ricorso L. 13 aprile 1942, n. 794, ex art. 28 l’avv. C.E. chiedeva al Tribunale di Nocera Inferiore la liquidazione dei compensi per l’attività professionale svolta in favore di R.G. ed A.A. nell’ambito di due controversie civili (RgN. 1180/2005 e 625/2009). La prima definita con sentenza dal medesimo Tribunale e la seconda proseguita da diverso difensore, a seguito della revoca del mandato conferito all’avv. C..

R.G. e A.A. si costituivano in giudizio deducendo la congruità della liquidazione disposta all’esito dei giudizi nei quali il ricorrente aveva svolto la sua attività professionale.

2) Il giudice a quo, con ordinanza del 10.07.2013, rigettava il ricorso ritenendo, ritenendo che la liquidazione disposta nei giudizi di merito era stata eseguita in base allo scaglione di valore della causa e scaturiva da una compensazione parziale.

3) Per la cassazione di tale ordinanza l’avv. C. ha proposto ricorso, notificato in data 7 gennaio 2014, articolato in due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Il consigliere relatore ha avviato la trattazione con rito camerale,

proponendo l’accoglimento del ricorso.

4) Con il primo mezzo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 2223 e 2697 c.c., del D.M. n. 127 del 2004, artt. 1,2,4 e 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e comma 4.

Deduce che il Tribunale è incorso in error iuris disponendo la liquidazione dei compensi professionali in misura inferiore agli onorari minimi ed ai diritti predeterminati e fissi.

Lamenta che nonostante l’analitica esposizione delle voci nella proposta di parcella, in corrispondenza allo scaglione di valore risultante dal decisum, il giudice non aveva indicato i criteri di liquidazione adottati e le ragioni della riduzione, nonchè i motivi della eventuale esclusione delle voci.

Secondo parte ricorrente, il giudice a quo, aderendo alle prospettazioni dei resistenti, aveva erroneamente ritenuto che gli importi dovuti dai clienti dell’avv.to C. corrispondessero all’importo lui spettante secondo la liquidazione operata nel giudizio di merito. La motivazione fallace era fallace perchè basata, da un lato, sul fatto che la liquidazione scaturiva dalla compensazione parziale e, dall’altro lato, in virtù della ritenuta conformità della liquidazione al valore della controversia.

Infine, il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale non abbia tenuto conto della mancata contestazione da parte dei resistenti delle attività professionali svolte in loro favore, con l’effetto di porre a carico dell’avv. C. l’onere di contestazione specifica, con inversione dell’onere della prova.

Il motivo merita accoglimento.

Le voci di diritti ed onorari applicate nella parcella prodotta innanzi al Tribunale e debitamente riprodotta nel corpo del ricorso (pagg. 9, 10, 11; 14, 15 e 16), inerenti a singole e specifiche attività che gli intimati non hanno mai contestato, corrispondono al valore del decisum emergente dalla sentenza che ha definito il giudizio.

Ne deriva l’erroneità dell’ordinanza nella parte in cui ritiene che la liquidazione sia stata “eseguita sulla scorta del corretto scaglione di valore”, liquidando i diritti e gli onorari in misura inferiore rispetto ai minimi previsti dalle tabelle A e B di riferimento allegate al D.M. n. 127 del 2004.

L’ordinanza impugnata non ha fornito alcuna spiegazione delle ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate nella nota prodotta, discostandosi dal principio, più volte affermato in proposito da questa Corte (cfr. Cass. n. 3961/2016; n. 10966/2012; n. 27804/2008), secondo cui il giudice, nel ridurre l’ammontare dei diritti e degli onorari richiesti dalla parte in modo specifico e dettagliato, ha l’obbligo di indicare il criterio di liquidazione adottato e le ragioni della riduzione, onde consentire all’interessato di individuare e denunziare in modo specifico le eventuali violazioni della legge o della tariffa.

Va soggiunto che l’ordinanza de qua ha espressamente tenuto conto della parziale compensazione delle spese operata in sentenza. Tuttavia tale aspetto investe il rapporto processuale fra le parti e non quello sostanziale fra le stesse ed i rispettivi difensori (Cass., 9633/2010; 3996/2010; 11065/1994), mentre il cliente è tenuto al pagamento degli onorari nei confronti dell’avvocato indipendentemente dalla statuizione del giudice sulle spese giudiziali. In sostanza, proprio tale difetto di impostazione vizia in radice l’ordinanza qui impugnata.

Il principio testè affermato è confermato a livello legislativo.

Infatti, la controversia si iscrive nel novero dei casi disciplinati dalla L. n. 794 del 1942, art. 28 come riscritto dal D.Lgs. D.Lgs. n. 150 del 2011, 34 secondo cui “per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l’avvocato, dopo la decisione della causa o l’estinzione della procura, se non intende seguire il procedimento di cui agli artt. 633 c.p.c. e ss., procede ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 14”.

Tale procedimento può essere proposto esclusivamente nei confronti del proprio cliente (eccetto il caso di transazione) e solo quando la controversia attenga alla misura del compenso, senza involgere l’an del corrispettivo dovuto per l’attività professionale relativa a prestazioni giudiziali civili.

La liquidazione degli onorari che l’avvocato pretende dal proprio cliente, come chiarito già dalla giurisprudenza richiamata, è indipendente e svincolata dalla statuizione che condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di causa.

Ne consegue che il regolamento delle spese compiuto nel giudizio contenzioso patrocinato dall’avvocato – essendo regolato da criteri legali diversi – non può vincolare la successiva liquidazione del corrispettivo in sede di procedura promossa dall’avvocato nei confronti del cliente per la determinazione del corrispettivo medesimo.

Ne discende l’accoglimento del motivo di ricorso.

5) Resta assorbito il secondo mezzo con cui il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e comma 4.

Discende da quanto sopra la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio al Tribunale di Nocera Inferiore in diversa composizione per lo svolgimento del giudizio sulla liquidazione delle spese.

Il Tribunale, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, al Tribunale di Nocera inferiore in diversa composizione, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 7 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2018

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